[Italia] Risposta alla TIR: lotta contro il Green Pass e fronte comune per cacciare il governo Draghi

Sul sito Pungolo rosso, l’8 dicembre è stata pubblicata un’articolata presa di posizione della TIR (Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria), organizzazione di cui fanno parte vari dirigenti del SI Cobas, contro il “Green Pass rafforzato” .

Il testo, che riportiamo più sotto per intero, mette bene in evidenza il carattere antioperaio e antipopolare delle misure che il governo Draghi ha imposto e sta imponendo “per fare fronte alla pandemia”.

Aggiungiamo a premessa una nostra riflessione su uno specifico passaggio. Eccolo:

“In un isolamento che purtroppo non siamo riusciti finora a rompere, torniamo a ribadire che, al di là delle contingenze immediate, vanno rilanciati con forza l’esame e la denuncia delle cause di fondo del disastro in corso (e di quelli che sembrano approssimarsi), che sono indissolubilmente connesse al modo di produzione capitalistico, alla sua natura devastatrice e predatoria, fondata sulla massimizzazione dei profitti a discapito di qualsiasi tutela della collettività umana, ivi compresa la salute e la vita dei lavoratori e, con essi, dell’intera specie umana. Noi lo abbiamo fatto fin dall’inizio, e ci siamo battuti per la sola contromisura efficace possibile, l’auto-difesa della propria salute da parte dei lavoratori. Socializzando, per quel che sta in noi, che il virus dei virus da abbattere è il capitalismo”.

Questo è l’unico punto su cui riteniamo di dover andare più a fondo nel ragionamento, più precisamente nell’analisi della realtà.

La TIR non è sola nella denuncia della natura antioperaia e antipopolare del super Green Pass, né nella denuncia “delle cause di fondo del disastro in corso (e di quelli che sembrano approssimarsi), che sono indissolubilmente connesse al modo di produzione capitalistico, alla sua natura devastatrice e predatoria, fondata sulla massimizzazione dei profitti a discapito di qualsiasi tutela della collettività umana, ivi compresa la salute e la vita dei lavoratori e, con essi, dell’intera specie umana”.

Allo stesso modo, sono in molti a battersi per “l’autodifesa della propria salute da parte dei lavoratori”.

Fin dall’inizio della pandemia, migliaia di focolai di resistenza e di lotta si sono sviluppati in tutto il paese, nelle aziende, nelle scuole, fra i settori non proletari delle masse popolari (come le Partite IVA, i ristoratori, ecc.).

Il problema NON è l’isolamento (in questo caso più presunto che vero). Il problema è il settarismo che impedisce di vedere gli alleati che ci sono, le forze da unire in un fronte comune non solo contro il Green Pass e la gestione criminale della pandemia, ma anche e soprattutto contro il governo Draghi e i suoi padrini.

In campo politico, il P.CARC non solo è impegnato nella lotta conto il Green Pass, ma fin dall’inizio della pandemia ha indicato e praticato la linea di “moltiplicare le organizzazioni operaie e popolari, rafforzarle e coordinarle per far fronte all’emergenza sanitaria, economica e sociale” di contro alla linea di “lasciar fare al governo” e di “aspettare che la pandemia passi”. Alcuni esempi:

Lo stesso il (n)PCI e i suoi Comitati di Partito clandestini.

Contro il Green Pass si è posto anche il PC capeggiato da Marco Rizzo.

A livello sindacale, la CUB è stata fra le prime organizzazioni promotrici della lotta continuativa contro il Green Pass. Ma anche il SOL COBAS e il CLPT di Trieste. E poi i portuali di Trieste e molte RSU in aziende di ogni settore e di ogni appartenenza sindacale (citiamo qui solo l’ultima presa di posizione della RSU Electrolux di Susegana – TV)

Sull’argomento, a livello politico-culturale, i Wu Ming hanno svolto un prezioso lavoro.

La morale? Chiunque dica “siamo i soli e gli unici” forse immagina di fare un buon servizio alla propria organizzazione e alla causa, ma diventa suo malgrado megafono del disfattismo. Un qualunque operaio infatti è portato a concludere: “ma come, la situazione è tanto grave e gli unici a mobilitarsi sono loro! Allora siamo messi male, le possibilità di vincere sono scarse o nulle”.

La realtà è invece ben diversa e ben più ricca!

A volte, superare il settarismo per alcuni è come “dover bere un amaro calice”. Ma anche in questo caso la realtà è concreta: è amaro, ma va bevuto. Perché, realisticamente, solo allargando la rete degli organismi operai e popolari, solo praticando l’unità d’azione (che non è un matrimonio: è unità tattica sulle battaglie comuni) e solo costruendo un centro autorevole di mobilitazione delle masse popolari è possibile rafforzare la resistenza che esse conducono per difendere quanto resta dei diritti e delle conquiste strappate alla borghesia quando il movimento comunista era forte e per far fronte ai nuovi mali (ricolonizzazione dei paesi oppressi e persecuzione degli immigrati, pandemie, globalizzazione, delocalizzazioni, devastazione della terra, grandi opere inutili e dannose, corsa al riarmo e missioni di guerra, ecc.) che la borghesia imperialista infligge per prolungare l’esistenza del suo sistema sociale nonostante la crisi generale del capitalismo, è possibile farne una forza capace di vincere la borghesia e i suoi lacchè.

*****


Un no rafforzato ad un “green pass” rafforzato – Tendenza internazionalista rivoluzionaria

Nei mesi scorsi ci siamo schierati prima contro il decreto Draghi che ha stabilito l’obbligo di vaccinazione per il personale sanitario, poi contro l’istituzione del cd. “green pass”.

Oggi, davanti all’istituzione del “super green pass” e dell’obbligo vaccinale per gli insegnanti e il personale scolastico, ribadiamo con ancora maggior convinzione la nostra posizione. E torniamo a denunciare che questo strumento amministrativo e di propaganda, inefficace nel contrasto del Covid-19 (anzi, per più versi, perfino pericoloso), serve esclusivamente alla divisione e alla repressione dei lavoratori, scaricando sui singoli non vaccinati (in primo luogo sui proletari scettici sul vaccino, spaventati, disinformati o più semplicemente impossibilitati a vaccinarsi), e sul loro insieme, la responsabilità dei disastri prodotti da stato e padroni, prima e durante la fase pandemica, prima e dopo la campagna di vaccinazione.

Proprio mentre scriviamo ci arrivano da diversi ospedali del Veneto i primi segni di crisi dei reparti di terapie intensive a cui manca anzitutto il personale e, in secondo luogo, i posti-letto attrezzati per far fronte anche a questa moderata ripresa dei contagi; questo, nonostante l’inesauribile campagna pubblicitaria di Zaia&Co. sull’efficienza della struttura sanitaria veneta – che invece è rimasta esattamente quella che era due anni fa, e senza quel pugno di medici e di infermieri assunti a termine al culmine della diffusione del virus, e poi rimandati a casa.

La disinformazione di stato sui numeri dei contagiati (mentre si continua a non fare assolutamente nulla sul tracciamento) serve a rimuovere la discussione pubblica sulle cause di un disastro sanitario che è anzitutto italiano, europeo, occidentale, attraverso uno spot ossessivo sul vaccino come unica soluzione miracolosa alla pandemia e sul “greenpass” quale misura necessaria al suo contenimento.

In realtà, a nove mesi dall’inizio della campagna vaccinale e a cinque dall’introduzione del “greenpass”, i fatti confermano in  pieno l’analisi e le tesi da noi sostenute nei documenti di quest’anno:

a) mentre il governo Draghi e i suoi reggicoda hanno per mesi e mesi spacciato i vaccini come garanzia certa di “immunizzazione”, già da fine estate è apparso chiaro come anche i vaccinati siano esposti al contagio, con annessa necessità di somministrare una terza, e forse anche una quarta dose. Questa “pubblicità ingannevole”, finalizzata unicamente a rassicurare l’opinione pubblica nella fretta di riaprire tutto e di spianare la strada alla tanto agognata “ripartenza” dei profitti, alla prova dei fatti non fa altro che alimentare (legittimamente) in consistenti settori della popolazione sfiducia, sospetti e scetticismo nei confronti delle misure governative, e con esse, nei confronti della stessa campagna vaccinale.

b) l’inizio delle somministrazioni della terza dose ha smascherato a pieno l’inutilità del “greenpass” dal punto di vista sanitario e la sua natura di strumento politico-amministrativo funzionale ai piani del governo e della borghesia: come evidenziato anche da numerosi giornalisti non asserviti (vedi su tutti l’inchiesta svolta da Report), se è vero che le prime due dosi perdono significativamente di efficacia dopo solo 5 mesi, introdurre un “greenpass” valido per 12 mesi, per giunta escludendo l’intera popolazione vaccinata da qualsiasi misura di testing (tamponi), di monitoraggio (controllo della temperatura e del distanziamento fisico, ecc.) e di tracciamento, equivale ad alimentare ulteriormente la diffusione del virus, come dimostrato dai dati di queste settimane sui contagi tra i vaccinati: per questo riteniamo che, dal punto di vista sanitario, il “greenpass” sia non solo inutile, ma anche pericoloso e controproducente.

c) i vaccini attualmente a disposizione, per quanto parziali e incompleti in termini di efficacia, hanno consentito l’abbattimento delle percentuali di ospedalizzazione, delle terapie intensive e soprattutto dei decessi, con ciò smentendo clamorosamente le congetture e le farneticazioni della galassia antivaccinista, negazionista e complottista (a quanti flirtano con la farneticazione di una pandemia inventata di sana pianta, facciamo presente che nel solo ambito del SI Cobas sono deceduti di covid-19 otto delegati sotto i 50 anni, e ci sono stati più di mille contagiati). Ma la comparsa delle varianti (prima la Delta e ora la Omicron) provenienti da paesi con una bassissima percentuale di vaccinati, rende ogni giorno più evidente il completo e inevitabile fallimento delle “vie nazionali” al contrasto di una pandemia che è fin dalla sua nascita globale.

Da questo punto di vista, l’ossessione mostrata da Draghi e dai suoi compari Figliuolo, Speranza, Bassetti e compagnia nella “caccia al non vaccinato” in un paese che in questi giorni ha raggiunto quasi il 90% di somministrazioni della prima dose e circa l’85% delle seconde dosi nel mentre la gran parte dei paesi oppressi, controllati e dominati dall’imperialismo (Africa, Asia e Medio Oriente) non sono neanche al 5%, svela tutta l’ipocrisia e la strumentalità della loro “campagna vaccinale” e il suo essere funzionale non certo al contrasto della pandemia, bensì al suo utilizzo capitalistico in termini di disciplinamento sociale e ai ricavi dei boss di Big Pharma.

Il fallimento del programma Covax ne è la riprova più evidente: a fronte dei 3,4 miliardi di fiale promesse, ad oggi ne sono state consegnate solo 500 milioni.

Pfizer, Moderna, Astrazeneca e J&J, danno la priorità a chi paga di più e prima, cioè ai paesi imperialisti, realizzando enormi sovrapprofitti. Se poi il virus, una volta fatto uscire dalla porta, rientra dalla finestra sotto forma di variante, pazienza: l’importante è che il business sia stato redditizio!

E così, Draghi e i suoi compari europei, gli stessi che “in casa nostra” si preparano a varare l’obbligo vaccinale e assumono come prioritaria la vaccinazione anche ai bambini (scelta che è quantomeno discutibile perché tuttora priva di dati sufficienti che ne dimostrino l’utilità e l’efficacia a fronte, ad oggi, di un modesto numero di contagi), sono in prima fila assieme a Germania, Stati Uniti e Giappone nell’opporsi strenuamente alla liberalizzazione dei brevetti proposta dall’OMS e da decine di paesi che non possono permettersi l’acquisto dei vaccini ai prezzi di mercato semi-monopolistico imposti da Big Pharma.

Peraltro, non possiamo non ricordare come la ricerca frenetica di un antidoto valido “qui ed ora” abbia prodotto come esito l’avvio della campagna vaccinale nel pieno del picco pandemico, anziché avviarla al termine di un rigoroso lockdown capace di abbattere in modo significativo la diffusione del virus.

Per quanto possa apparire un’enunciazione generale ed astratta, le verità che come TIR abbiamo enunciato fin dallo scoppio di questa pandemia sono ogni giorno più evidenti: questo è un virus capitalistico; non vi e’ alcuna possibilità di uscire dalla caotica catena di “emergenze” economiche, ecologiche, politiche, militari, migratorie e sanitarie di cui questa pandemia e’ parte, che non passi per il rovesciamento di questo sistema sociale; al contrario, le sue leggi e i suoi meccanismi tendono “naturalmente” ed inevitabilmente a cronicizzare e acutizzare lo status quo attuale.

Per Draghi l’imperativo è proteggere la “normalità” conquistata: la normalità degli affari. Bisogna “salvare il Natale” come momento di impennata dei consumi, che ancora si mantengono a livelli inferiori alla crescita del pil (questo accade anche per la variante-inflazione, che sta taglieggiando i salari). Bisogna rimuovere ogni intralcio alla ripartenza dei profitti e del ciclo di accumulazione capitalistica, ripristinare la “libertà” del mercato e “liberarsi” dalle restrizioni e dai costi economici (d’impresa) connessi con le misure di prevenzione dal contagio (tamponi, mascherine, distanziamento fisico, sanificazione dei locali, ecc.), consentire ai padroni di disfarsi dei “propri” operai e dipendenti più deboli di salute e/o renitenti alla vaccinazione.

Ed è chiaro che anche l’introduzione del cd. “super green pass” è finalizzata in ultima istanza a far marciare la stagione turistica, da cui dipende un settimo del PIL italiano e dei profitti della borghesia.

Gli affari prima di tutto e al di sopra di tutto, di sicuro al di sopra della protezione della salute dei proletari e della parte della popolazione senza santi in paradiso. Altrimenti non si sarebbe messa la voce-sanità all’ultimo posto del PNRR, e non si sarebbero scelte al suo interno priorità, come la telemedicina, che vanno nel senso diametralmente opposto alla costruzione di una vera medicina territoriale che metta la prevenzione delle malattie, fuori e dentro i luoghi di lavoro, al posto di comando. Altrimenti non si sarebbe apprestata in fretta e furia in Lombardia una “riforma” sanitaria che radicalizza quella spietata aziendalizzazione e mercificazione della struttura e dei servizi sanitari con al centro del sistema gli ospedali, che ha già dato una prova catastrofica di sé nella primavera-estate del 2020 (vedi la circostanziata denuncia del Coordinamento lombardo per il diritto alla salute).

Ai vecchi problemi irrisolti, ed ora aggravati dalle scelte di politica sanitaria e sociale del governo di “unità padronale” (pensiamo a quanto sia mortifero innalzare l’età pensionistica – dato che il 27% dei morti per infortunio sui luoghi di lavoro hanno più di 60 anni), si aggiunge ora la condizione di sospensione, a rischio emarginazione e licenziamento, dei lavoratori della sanità e degli altri settori che non sono vaccinati. Essi vanno, secondo noi, difesi collettivamente in quanto lavoratori: indipendentemente dalla nostra ferma convinzione sull’utilità dei vaccini quale scudo contro la diffusione dei contagi (e, soprattutto contro le ospedalizzazioni e le morti), non possiamo in alcun modo consentire che questo governo utilizzi le paure e le resistenze diffuse tra i lavoratori anche a seguito del suo operato, come specchietto per le allodole utile a nascondere le proprie responsabilità.

A distanza di due anni dall’inizio di una crisi sanitaria internazionale che non ha precedenti nell’ultimo secolo, è del tutto evidente che, nonostante l’uso capitalistico della pandemia/sindemia, questa crisi accresce, anziché ridurre il caos in cui è entrato da un decennio abbondante il capitalismo globale, e che è in atto una corsa dei singoli paesi a tentare un’uscita dalla crisi-covid 19 il prima possibile, salvo non riuscirci, e vedere incombere proprio in Europa (per i motivi sopra esposti) una sua nuova acutizzazione.

Ecco perché, in un isolamento che purtroppo non siamo riusciti finora a rompere, torniamo a ribadire che, al di là delle contingenze immediate, vanno rilanciati con forza l’esame e la denuncia delle cause di fondo del disastro in corso (e di quelli che sembrano approssimarsi), che sono indissolubilmente connesse al modo di produzione capitalistico, alla sua natura devastatrice e predatoria, fondata sulla massimizzazione dei profitti a discapito di qualsiasi tutela della collettività umana, ivi compresa la salute e la vita dei lavoratori e, con essi, dell’intera specie umana. Noi lo abbiamo fatto fin dall’inizio, e ci siamo battuti per la sola contromisura efficace possibile, l’auto-difesa della propria salute da parte dei lavoratori. Socializzando, per quel che sta in noi, che il virus dei virus da abbattere è il capitalismo.

Qualche compagno di area anarchica ci ha rimproverato di avere scartato arbitrariamente l’ipotesi di un virus nato in laboratorio. E’ vero, ci siamo attenuti alla opinione larghissimamente prevalente tra gli scienziati (anzitutto i più critici verso i grandi poteri occidentali) circa la sua origine zoonotica. Ma conveniamo con chi ha avanzato questa critica che, se anche fosse vera una differente origine, la sostanza non cambierebbe. Perché, tirando il filo, si arriva comunque al sistema.

Dunque: un no rafforzato al cd. “green pass” rafforzato, che non è stato e non sarà la super-arma contro il covid-19, mentre è già stato e ancor più agirà da arma di divisione e di repressione dei lavoratori: un’arma di divisione che va rispedita al mittente rifiutando ogni accomodamento alle narrazioni tossiche del governo, finalizzate unicamente a creare scompiglio nelle fila dei proletari, ad alimentare “guerre sante” tra vaccinati e non vaccinati e, in ultimo, a sviare e distrarre i lavoratori dalle politiche di macelleria sociale messe in campo con l’alibi della crisi pandemica.

Per venire a capo di questa e di altre prevedibili pandemie è indispensabile:

1) aggredirne le cause;

2) battersi all’ultimo sangue contro le politiche degli ultimi decenni di mercificazione e precarizzazione della salute, contro un sistema sanitario aziendalizzato, ospedalocentrico, frammentato regionalmente, per un sistema sanitario effettivamente universale, pubblico e gratuito, fondato sulla prevenzione delle malattie (a cominciare dai luoghi di lavoro, sempre più pericolosi e mortali) e sulla costruzione di una medicina del territorio centrata sui bisogni della classe lavoratrice;

3) imporre la chiusura immediata di tutte le attività produttive e di tutti i luoghi di lavoro in cui si verificano focolai di contagio, con la garanzia del salario per tutti i lavoratori interessati. Noi riteniamo, invece, che anche in vista di una possibile cronicizzazione della pandemia, andrebbero prese una serie di misure straordinarie – ad es. il raddoppio dei mezzi di trasporto pubblici, la costruzione immediata di strutture diffuse di medicina territoriale, la messa a disposizione di una quantità di nuovi spazi per le scuole – per rendere più sicuri i trasporti, i luoghi di lavoro, le scuole alla ripresa, e le strutture sanitarie e di cura.”

4) avviare un sistematico tracciamento e messa in quarantena di tutti i contatti dei contagiati, vaccinati e non; solo in questo modo sarà possibile evitare un nuovo lockdown generalizzato per impedire che il sistema sanitario sia di nuovo travolto, se i livelli di contagio raggiungessero quelli tedeschi.

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