Di fronte alla crisi del sistema capitalista, assistiamo sempre più spesso allo smantellamento di servizi pubblici, come la sanità e la scuola. Per quanto riguarda quest’ultimo ambito, la situazione è andata ad aggravarsi ulteriormente con l’emergenza sanitaria e l’introduzione della Didattica a Distanza.
Di fatto, a quasi due anni di distanza dal primo lockdown, oltre a richiedere al singolo il vaccino, l’utilizzo di DPI e l’osservazione delle misure di sicurezza, niente è stato fatto di concreto da governo e istituzioni (ci ritroviamo con le stesse classi pollaio, gli stessi edifici fatiscenti, gli stessi insegnanti precari).
Davanti a questa situazione disastrosa che rischia di mettere a repentaglio il diritto costituzionale all’istruzione, si sono organizzati studenti e insegnanti. In particolare, a Siena, si è andato a costituire un collettivo che abbraccia diverse scuole e che ha organizzato una manifestazione il 2 novembre. Ne abbiamo intervistato un membro perché riteniamo centrale l’organizzazione delle masse popolari (anche di quelle più giovani) per la costruzione di una società diversa, fatta di uguaglianza e giustizia: il socialismo. L’esperienza del collettivo di Siena può essere utile a tanti giovani che, oggi, vedono che il mondo va a rotoli (a partire da loro piccolo, dalla loro scuola) e che vogliono rimboccarsi le maniche e cercare di cambiarlo.
Presentaci il tuo collettivo studentesco, quando è nato, tra studenti di quali scuole è composto, quale pensi sia la funzione
È nato proprio all’inizio dell’anno scolastico: appena il secondo giorno sono andato in giro per le classi per la mia candidatura come rappresentante di istituto ed ho iniziato a parlare del collettivo studentesco, che non esisteva più da diversi anni; nessuno sapeva cosa fosse; così ho spiegato in sintesi di cosa si trattasse e siamo riusciti a fare la prima riunione i primi di ottobre.
Ne fanno parte principalmente studenti del Piccolomini (in tutte le sue sezioni); inoltre anche alcuni studenti del Bandini e del Marconi, anche alcuni studenti dello scientifico e uno dell’agrario.
La sua funzione è quella di organizzare manifestazioni, come abbiamo già fatto il 2 novembre, di mobilitarsi contro un sistema scolastico che non funziona, ma anche quella di parlare di politica in generale, di quello che non va a livello nazionale. Trattiamo anche problemi più concreti che riguardano il nostro piccolo, ad esempio come migliorare la nostra scuola. Sono soddisfatto perché, nonostante le problematiche legate al Covid-19, siamo riusciti a raggiungere un buon numero di persone.
Vedo anche come un valore aggiunto al collettivo il fatto che ci siano degli esterni che -ovviamente rispettando la nostra autonomia- ci danno un supporto, anche perché si tratta di persone più grandi di noi che hanno già avuto esperienza di militanza all’interno di collettivi studenteschi. Si tratta di membri di Cambiare Rotta, P.CARC e Potere al Popolo!
Quali sono i problemi che nello specifico vivi tu, come studente del liceo artistico?
Il problema principale è che manca materiale: mancano sgabelli, banchi e tante volte abbiamo dovuto lavorare in terra o su un banco luminoso (che non è una postazione adatta per uno studente che fa materie come pittura o scultura), mancano fogli e colori, pennelli, olio di lino per dipingere…
Abbiamo anche a che fare anche con comportamenti non consoni da parte di alcuni professori (bodyshaming).
Ci sono problemi di organizzazione perché, essendo una sede distaccata, la segreteria si trova altrove, non arrivano le informazioni alla preside.
Il problema più grave del Piccolomini, però, lo vivono i ragazzi dell’Economico Sociale che si trova a Montarioso, una zona periferica e difficilmente accessibile. Penso che la scuola dovrebbe fornire uno o più autobus a orari diversi: ci sono ragazzi che arrivano da lontano e accumulano ritardi (ricordo che il massimo dei ritardi che possiamo fare in un anno è 9). Inoltre, alcuni studenti sono stati costretti a fare un doppio abbonamento (quello extraurbano ed urbano) per riuscire a raggiungere la scuola a Montarioso.
In quella sede anche i bagni, l’anno scorso, erano distrutti (ora sono riusciti a riaggiustarli), pezzi di pareti che cadono…
Che cosa avete fatto finora come collettivo?
Abbiamo iniziato dandoci una cadenza settimanale per le riunioni del collettivo, poi abbiamo organizzato la manifestazione del 2 novembre; quindi, abbiamo allestito la catena degli assorbenti ( e lo sportello per l’ascolto, abbiamo richiesto la distribuzione a scuola dei panini che vengono prenotati e portati due giorni dopo, ci siamo mossi anche per i materiali (per es. fogli) e per le attrezzature multimediali che non ci sono (per questo siamo ancora in attesa).
E poi, chiaramente, ci siamo tutti uniti per risolvere il problema di Montarioso.
Il 2 novembre avete organizzato una manifestazione studentesca che è stata molto partecipata, che bilancio avete fatto di quella giornata?
Il bilancio è molto positivo! La manifestazione è stata partecipata e ci ha permesso di informare molti studenti riguardo a quanto sta succedendo in tutte le altre sedi, sono arrabbiati e desiderosi di risolvere la situazione.
Nella città di Siena è molto sentito il problema la privatizzazione dei servizi pubblici, della chiusura o appalto ai privati degli spazi di aggregazione, della scarsa tutela dei beni comuni. Per fare alcuni esempi sappiamo che qualche settimana fa il Comitato Siena 2- cittadini attivi ha denunciato il tentativo, da parte della amministrazione pubblica, di chiudere il centro civico “La Meridiana” storicamente gestito dalle associazioni; tempo fa c’è stata la chiusura della mensa Bandini, che verrà appaltata a privati, operazione questa che è stata denunciata dal collettivo universitario Cravos. Visto tutto questo, pensi sia utile coordinarsi con comitati ed associazioni che lottano, come voi, contro le politiche di privatizzazione?”
Sì, penso che sia importantissimo soprattutto unire le lotte dei liceali con quelle degli universitari. E’ qualcosa che ci può aiutare anche in futuro: saremo noi ad occupare il loro posto domani e magari continueremo il nostro attivismo all’interno di un collettivo universitario.
In città è attivo il Comitato dei Lavoratori della Scuola, da luglio a Firenze il Collettivo di Fabbrica della GKN ha occupato lo stabilimento, dopo aver ricevuto una e-mail dove veniva annunciata la delocalizzazione della fabbrica; tu pensi ci sia un filo che unisce le mobilitazioni degli studenti a quelle dei lavoratori?
Ne sono convinto: se è importante “uscire dalla scuola” per legarci alle lotte dell’ambito universitario, è importante anche farlo col mondo del lavoro: già molti di noi sono studenti lavoratori (io stesso ho lavorato negli scorsi mesi) e comunque, in ogni caso, noi studenti siamo i lavoratori del domani, per questo penso che le due realtà siano strettamente collegate.
Che consigli daresti agli studenti che vorrebbero fondare un collettivo studentesco nella loro scuola, ma non sanno come muoversi, magari hanno paura che nessuno gli venga dietro?
Direi loro di fare come ho fatto io: mettersi a girare per le classi e iniziare a spiegare cos’è un collettivo, di cosa si occupa e vedere quanta gente aderisce; mediante amici e amici degli amici creare un gruppo whatsapp coi numeri di telefono per organizzare la prima assemblea, spargere la voce in altre scuole anche dopo la prima assemblea, fare volantini, assemblee pubbliche per far crescere la mobilitazione collettiva.