[Palermo] Intervista agli studenti NO Green Pass

Abbiamo incontrato un gruppo di studenti palermitani che hanno deciso di seguire l’esempio di molti altri studenti che a livello nazionale si stanno organizzando contro il Green Pass all’interno delle università italiane.

L’intervista è utile perchè mette una luce diversa sul variegato movimento No Green Pass: coinvolge studenti e lavoratori che in larga parte ha più interesse della classe dominante a tutelare la salute pubblica ma che non è disposta, in nome dell’emergenza sanitaria, a far si che le responsabilità del governo vengano scaricate sulle masse popolari attraverso l’attuazione di una misura repressiva e di controllo come il Green Pass. Allo stesso tempo, dimostra che la battaglia contro il Green Pass è una lotta che si pone contro il governo Draghi e contro le politiche di lacrime e sangue che è chiamato ad attuare per conto della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti.

Buona lettura.

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Presentatevi: chi siete, come è iniziata l’esperienza degli studenti No Green Pass?

Tutto è partito attraverso i social, dal gruppo Telegram nazionale che raccoglieva un po’ tutti gli studenti che in tutta Italia volessero organizzarsi contro il Green Pass. Da qui, abbiamo deciso di organizzare un gruppo Telegram più piccolo, riferito alla nostra città, che fosse più operativo e di più facile utilizzo per avviare delle attività territoriali: siamo partiti in 10 e ora siamo circa un centinaio. La nostra prima azione è stata quella di fare un’assemblea territoriale, che si è mantenuta nel tempo: ogni settimana ci incontriamo per discutere di quali iniziative mettere in campo. Una delle nostre prime iniziative vere e proprie è stata la stesura di una lettera aperta indirizzata al rettore, agli organismi universitari, ai lavoratori e agli studenti dell’Università di Palermo in cui chiedevamo come aspetto principale un incontro con il rettore per discutere con lui e con la popolazione universitaria quali fossero i problemi, per noi studenti, legati all’obbligo del Green Pass in università e aprire un dialogo. Il rettore ci ha risposto dopo qualche tempo, un paio d’ore prima di un incontro già convocato con i rappresentanti studenteschi, in cui ci chiedeva di fare riferimento a loro per le nostre rivendicazioni. Ovviamente, sentiti i rappresentanti degli studenti, questi hanno affermato che non avevano intenzione di parlare con noi perché sono a favore del Green Pass, come se un rappresentante degli studenti eletto da tutti gli studenti si sentisse in diritto di riportare solo le proprie istanze al rettore e non invece tutte le istanze che gli studenti sottopongono loro. Abbiamo quindi deciso di scrivere di nuovo al rettore, denunciare il fatto, ma senza aver avuto risposta. Ci siamo mossi quindi per organizzare il lunedì successivo, il 4 ottobre, una manifestazione sotto il rettorato.

Il rettore non ci ha ricevuto ma tramite una intercessione con la digos siamo riusciti a parlare con un pro-rettore: la discussione è stata molto accesa, dove abbiamo portato le nostre tesi sull’anti-scientificità del Green Pass come strumento per contenere la diffusione del Covid-19, ma anche le motivazioni giuridiche che vedono il Green Pass uno strumento esclusivamente coercitivo e di controllo contro la popolazione. In questo ci hanno aiutato alcuni colleghi universitari che si occupano sia di medicina e biologia, sia di giurisprudenza. Diciamo che siamo stati “abbozzati” con il classico “questa è la legge e va rispettata”. A questo il pro-rettore ha aggiunto: “fateci una lista, nomi e cognomi, di chi di voi non è vaccinato e ha bisogno dei tamponi e possiamo valutare, se ci sono i fondi, di farveli avere gratuiti per poter accedere all’università”. Ma noi non abbiamo accettato questa proposta, rigettandola immediatamente: 1) perché dare i nominativi tra l’altro senza alcuna garanzia di nulla vuol dire schedarci da soli per conto chi oggi si pone come la nostra controparte, con tutto ciò che ne consegue in termini sia di privacy sia possibili misure repressive (e di rappresaglia) che si possono subire, 2) perchè noi ci poniamo totalmente contro il Green Pass, non ci interessano palliativi, 3) perché è una misura discriminatoria (a chi da il nominativo il tampone gratuito, e agli altri?) e allo stesso tempo perché non sarebbe stato coerente con la nostra critica: il Green Pass non garantisce ambienti sicuri, quindi se noi ci facciamo i tamponi mentre i vaccinati ne sono esclusi, paradossalmente il contagio sarebbe diffuso da chi si è vaccinato in quei luoghi che si vuole rendere sicuri proprio dal Green Pass e quindi dal vaccino.

A partire dal 4 ottobre quindi ci siamo iniziati a muovere, a prendere contatto con il personale tecnico-amministrativo dell’Università, con associazioni, con lavoratori tra l’altro della Fincantieri di Palermo e di altre realtà che vogliono attivarsi contro il Green Pass. Sono iniziate poi le mobilitazioni, la prima a Partinico (PA) e poi una al Teatro Massimo in centro città.

Abbiamo provato anche a coinvolgere i docenti ma abbiamo avuto risposta solo da due di loro con cui è iniziato un confronto.


Il governo Draghi e il ministro Speranza affermano che il Green Pass è uno strumento essenziale per combattere la pandemia. Il sentore invece è che non sia così e che anzi serva a ridurre i diritti e soprattutto la tutela della salute pubblica. Quali sono i problemi legati all’applicazione del Green Pass all’interno dell’università di Palermo?

La richiesta del Green Pass è oltremodo eccessiva all’Università di Palermo: i soggetti che vengono messi a controllare il Green Pass vengono schierati agli ingressi della cittadella universitaria, in questo modo chi non possiede il Green Pass non può accedere né all’asporto di pasti alla mensa o al bar della cittadella, né tantomeno usufruire del parco, di cui molti sfruttano il fresco e le zone di verde per correre e fare attività fisica o per studiare quando è bel tempo: questo non è ledere il diritto allo studio o ad usufruire degli spazi pubblici? Inoltre, il Green Pass non crea ambienti sicuri: se non viene fermato il contagio, il Green Pass offre solo la scusa al governo per eludere il tracciamento reale dei contagiati. Ancora, Green Pass vuol dire discriminazione: viene negato il diritto allo studio a centinaia di studenti che non possono accedere alle lezioni in presenza, ai corsi e alle attività didattiche in generale. Ma il problema Green Pass e la critica che facciamo è legata all’intero funzionamento dell’Università pubblica: se non c’è nemmeno spazio per una cultura critica, un dibattito su come va il mondo e il paese, ma addirittura si pretende che anche l’accesso all’Università sia conformato a regole e misure discriminatorie, è l’evidenza del fatto che l’Università in quanto tale non è più utile a formare giovani coscienti e critici ma soltanto soldatini che vengono parcheggiati per qualche anno in attesa di essere sfruttati nel mondo del lavoro. L’aspetto umanistico è venuto completamente meno.

Quali sono secondo voi le misure da mettere in campo all’università a tutela della salute pubblica degli studenti e di chi ci lavora?

Parlano del Green Pass per nascondere le inefficienze odierne e passate, basti pensare che non è mai stata fatta negli anni una seria campagna di investimenti pubblici: trasporti, sanità, istruzione. Vogliamo mantenere la distanza nei luoghi di studio? Aumentiamo il numero di aule, assumiamo professori, creiamo spazi in cui gli studenti possono seguire le lezioni in sicurezza. Questo discorso vale anche per le scuole superiori. Il paradosso è che comunque nonostante il Green Pass molte lezioni ancora non sono tornate in presenza, a dimostrazione del fatto che probabilmente nemmeno chi dirige l’Università è convinto della giustezza del Green Pass. Parliamo dei trasporti: sono diminuite le corse invece di aumentare. Nei treni regionali e locali si ha un affollamento enorme, più del 100% dei posti a sedere: i pendolari sono carne da macello quindi, non importa della salute pubblica sui trasporti? Quando il governo parla di tutela della salute tramite il Green Pass, è chiaro che è un modo per creare una guerra tra poveri e scaricare sull’individuo, sul singolo, le responsabilità delle massime autorità del paese.

I cortei del sabato in tutta Italia hanno cominciato ad avere un peso politico importante, nonostante la contraddittorietà e l’eterogeneità del movimento No Green Pass. Il peso politico del movimento è cresciuto quando alle proteste si sono uniti lavoratori e vaccinati. In particolare quando i lavoratori, come a Trieste, hanno assunto anche un ruolo predominante nella lotta. E’ lo stesso qui a Palermo?

Nel nostro gruppo ci sono persone vaccinate e non vaccinate. Il nostro obiettivo è quello di lottare contro il Green Pass, non ci interessa di lottare contro il vaccino o di esprimerci rispetto a ciò: ognuno deve avere la sua libera scelta, per questo chiamiamo tutti unitariamente a lottare contro il Green Pass. Contestiamo l’utilizzo politico che il governo Draghi fa dell’emergenza sanitaria e quindi il Green Pass, come dicevo prima, come strumento di controllo e ricatto e per scaricare sul singolo responsabilità relative alla salute pubblica. In tutta Italia c’è questa consapevolezza nel Movimento NO Green Pass: il Green Pass non è un problema per i non vaccinati, ma è un problema per tutti. Da quando hanno cominciato ad aderire e partecipare alle mobilitazioni anche lavoratori, la cosa è poi decollata e sfuggita di mano alle autorità: quando i lavoratori si mobilitano, possono usare ad esempio lo strumento dello sciopero e colpire il governo e i gruppi di potere in maniera più efficace rispetto a “singoli cittadini” che si mobilitano. Questo ha fatto fare il salto di qualità a tutto il Movimento NO Green Pass a livello nazionale.

Quali sono le prospettive della lotta? Ci troviamo di fronte ad una linea dura del governo Draghi, soprattutto dopo i fatti di Trieste del 15 ottobre e dopo il fallimento del tentativo da parte del governo di dividere il movimento tra buoni e cattivi, demonizzarlo, oppure più biecamente cercando di “comprare” con i tamponi gratuiti alcuni lavoratori mettendoli contro altri a cui questo diritto non verrebbe garantito. Secondo voi, quali sono i prossimi passi?

Quando il governo ha imposto il green pass anche a chi era in smart-working doveva essere chiaro a tutti che non è una misura di salute pubblica. Per questo motivo i portuali triestini hanno risposto in maniera compatta rigettando la subdola proposta del governo di far fare solo a loro i tamponi gratuiti: è chiaro che di sanitario questa misura non ha nulla. Di certo non accettare le proposte del governo ha portato una risposta in termini repressivi e oggi ci troviamo di fronte ad un governo che sembra non voler cedere alle nostre rivendicazioni. Sicuramente bisogna allargare la critica che facciamo: come dicevo, estendere la tematica Green Pass e puntare il dito contro l’intero sistema di gestione dell’emergenza sanitaria, le politiche di smantellamento della sanità pubblica e in generale dei diritti di cittadini e lavoratori. Ad oggi mancano dei soggetti intermedi e una direzione politica al Movimento NO Green Pass: manca ancora una vera e propria organizzazione per certi versi, anche se le mobilitazioni continuano e devono continuare. Dobbiamo anche unire le diverse piazze italiane: trovare punti e iniziative di connessione, continuare ad usare quegli strumenti che ancora sono almeno formalmente garantiti ossia sciopero, iniziative, mobilitazioni. Infine, manca (e bisogna darselo) uno strumento che organizzi in generale le masse anche dal punto di vista delle idee, che dia un orientamento e faccia anche una contro-cultura, a partire dalle università per quanto ci riguarda come con le lezioni all’aperto: la guerra tra poveri fa leva su un’ignoranza diffusa e una intossicazione mediatica alimentata ad arte dalla classe dominante e da chi detiene il potere. In diverse università italiane molti studenti si stanno riprendendo alcuni spazi attraverso le lezioni all’aperto e altri tipi di mobilitazioni.

Infine, bisogna creare un coordinamento di forze che si oppongono al Green Pass, dalle associazioni che criticano la gestione della pandemia da parte delle autorità italiane fino ai partiti che sono contro il Green Pass, dai gruppi di lavoratori ai comitati cittadini, per rispondere al tentativo di strumentalizzare l’emergenza a fini politici e per cacciare il governo: il governo Draghi sta creando un pericoloso precedente ossia che per esercitare un proprio diritto il cittadino debba rispettare dei parametri, snaturando il senso stesso del diritto. Il governo Draghi sta facendo cose, tramite l’emergenza sanitaria, che in altre situazioni non emergenziali non sarebbe riuscito a imporre. D’altronde Mario Draghi non lo vuole nessuno, l’astensionismo alle amministrative parla chiaro: la popolazione italiana è contro i partiti che appoggiano e formano il governo Draghi.

Un’ultima considerazione in conclusione?

Vogliamo salutare i portuali di Trieste. Ci congratuliamo con loro per la tenacia e la forza che hanno avuto nel rigettare le richieste discriminatorie del governo ponendo la questione Green Pass su un piano di classe, nonostante tutto. Esprimiamo a loro la nostra solidarietà per l’indegna repressione autorizzata dalla Ministra Lamorgese, un trattamento che la Ministra e la questura si sono guardati bene dal riservare a Castellino e Fiore di Forza Nuova durante l’assalto della sede della CGIL a Roma.

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