Sabato 27 novembre si è tenuto il corteo nazionale indetto da Non Una di Meno in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, a seguito di iniziative che si sono svolte il 25 novembre in varie città del paese.
Nelle due giornate sono scese in piazza tante di quelle donne che quotidianamente lottano per il la difesa del proprio posto di lavoro, contro precarietà, disoccupazione, per una sanità e un’istruzione pubblica, per la difesa dell’ambiente, per difendere e conquistare diritti e che così facendo costruiscono la propria emancipazione come donne.
La matrice di ogni sfruttamento è il capitalismo
L’oppressione e gli attacchi alle condizioni di vita che subiscono le donne delle masse popolari hanno principalmente una radice di classe: le donne della borghesia imperialista, infatti, possono trovare sempre soluzioni alle loro sfortune e sono tra i nostri carnefici! Donne come la Lamorgese o la Fornero sono quelle che oggi si lagnano della violenza ai danni delle donne mentre attaccano i nostri diritti!
La donna è forza lavoro da sfruttare ancora più dell’uomo perché è più ricattabile: è quella che deve farsi carico della cura del resto della famiglia. La discriminazione nei confronti delle donne è un’arma che il capitalismo utilizza per rompere l’unità tra i lavoratori e proprio per questo le rivendicazioni volte a migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle donne devono essere riprese da tutta la classe lavoratrice. Il problema che questo sistema economico non è in grado di risolvere è la gestione di tutte quelle attività che abitualmente vengono svolte dalle donne. In questo tipo di società il vero ostacolo all’emancipazione delle donne è rappresentato dal doppio carico di lavoro (lavoro/famiglia) che unisce una qualità dell’occupazione mediamente più bassa ad una forma di lavoro non riconosciuto e non retribuito: il lavoro domestico.
Oggi, infatti, molte donne sono state costrette a rinunciare al proprio posto di lavoro per accudire figli o altri familiari e a subire le conseguenze di contratti sempre più precari. Inoltre a causa di una gestione totalmente inadeguata della pandemia e dei tagli messi in atto a danno della sanità pubblica e dei suoi utilizzatori finali (donne, uomini e bambini delle masse popolari) sono stati sospesi i programmi di prevenzione e screening, interrotti gli accessi nelle strutture sanitarie per garantire le interruzioni di gravidanza (già difficili a causa dei medici obiettori di “coscienza”); mentre sono aumentate le violenze domestiche a causa dei continui e ripetuti confinamenti in casa dovuti all’aggravarsi della situazione pandemica da Covid-19 gestita in nome del profitto e a scapito della pubblica tutela della salute collettiva.
La miglior prospettiva per il movimento delle donne delle masse popolari è assumere un ruolo chiave nella trasformazione della società, legandosi strettamente alla lotta di classe, unendosi al resto dei movimenti popolari che oggi si battono per la difesa dei diritti e delle conquiste. È quello che le donne delle masse popolari hanno già fatto nella storia della lotta di classe, anche del nostro paese.
Oggi chi alimenta l’oppressione, chi aggrava gli attacchi ai nostri danni, come aggrava quelli ai danni dei nostri compagni, mariti, figli e genitori ha un nome e un cognome: Mario Draghi. Oggi legarsi e assumere un ruolo nella lotta di classe significa lottare per cacciare il governo Draghi. Non abbiamo bisogno di questo governo, abbiamo invece bisogno di cacciarlo e di convergere per questo! Abbiamo bisogno di lottare per difendere i posti di lavoro, di ricostruire la sanità e l’istruzione, di difendere l’ambiente. Abbiamo bisogno di fare noi le nostre leggi, di conquistare noi i nostri diritti e di praticarli, ogni giorno. Abbiamo bisogno di lottare contro il governo Draghi perché abbiamo bisogno di un governo d’emergenza sì, ma che venga da noi, che sia popolare!