Da qualche mese le condizioni di lavoro sono peggiorate, principalmente riguardo all’erogazione degli stipendi.
Sotto il punto di vista della produzione si continua ad andare avanti, alcuni vanno a lavorare anche il sabato. “Ovviamente” le ore in più non sono conteggiate come straordinario in busta paga ma come premio produzione, comunque questo è indicativo del fatto che effettivamente le cose da fare ci sono. Nonostante questo gli stipendi tardano ad arrivare. Questo mese ci hanno versato la metà dello stipendio con cinque giorni di ritardo; nel mese di agosto io e altri due colleghi lo abbiamo percepito dopo due settimane; lo stipendio del mese di luglio mi è stato anticipato in contanti e non appena mi è arrivato l’accredito dalla fabbrica ho dovuto restituire l’anticipo.
Più volte ho cercato di coinvolgere i colleghi sulla questione degli stipendi, si indignano, mi danno ragione, ne parliamo tra di noi, ci si incavola, ma poi tutto resta al suo posto. (…)
Due settimane fa ho chiesto al titolare di farmi sapere cosa intende fare visto e considerato che il mio contratto sta per scadere. Gli ho detto chiaramente che non sono intenzionato ad arrivare a dicembre senza sapere che fine farò: ho la mia vita da organizzare e non posso aspettare i suoi tempi. La sua risposta è stata: “Se ne parla tutti quanti insieme”.
Mi sono confrontato con un collega. Anche lui vive una situazione di disagio: le rate del TFR che dovrebbe percepire ancora non gli arrivano. Gli ho parlato, tra l’altro, anche del mio contratto di lavoro e lui mi ha fatto riflettere sul contesto in cui lavoriamo, a prescindere dal tipo di contratto. Avere un contratto a tempo indeterminato non vuol dire assolutamente lavorare fino alla vecchiaia in quella fabbrica, soprattutto se a gestirla è una persona che ormai non ha più nulla di equilibrato nella vita, sia dal punto di vista lavorativo che privato.
Tenendo in considerazione che si sta parlando di una piccola fabbrica che non ha nemmeno dieci dipendenti, che gli altri lavorano insieme e si conoscono bene da oltre venti anni, alla prima bufera il primo a saltare sarei senza dubbio io. (…)
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Questa lettera denuncia una realtà difficile, che raramente viene alla luce ma che è molto diffusa in tutta Italia. In tanti riconosceranno in queste parole il senso di smarrimento e di impotenza di fronte a situazioni che mettono a rischio la possibilità di lavorare e vivere dignitosamente. Sono almeno cinque milioni i lavoratori che operano in imprese che hanno meno di venti addetti. Per questi lavoratori, tra l’altro, il mese di novembre 2021 coincide con la fine del blocco dei licenziamenti.
Il contesto descritto è quello di una azienda piccolissima, dove fare attività politica o sindacale è oggettivamente più complicato che altrove e dove più facilmente i rapporti lavorativi si mischiano con relazioni di diretta dipendenza personale (genericamente ci sono meno tutele in caso di perdita del posto di lavoro). Il padrone spesso lavora al tuo fianco o è oggettivamente vittima a sua volta dei meccanismi del grande capitale finanziario: a seconda delle circostanze, quindi, è quasi come un collega, ma è anche il tuo oppressore diretto, è contemporaneamente pesce piccolo vittima di pesci più grandi, ma anche aguzzino che scarica i suoi guai o le sue incapacità sui sottoposti.
La via generale che indichiamo a chi ci scrive è quella di organizzarsi in ogni posto di lavoro nei modi concretamente possibili, traducendo nel particolare gli esempi avanzati che riportiamo anche in queste pagine.
In contesti come quello qui descritto la prospettiva va costruita e in tal senso è utile che il compagno traduca nella sua realtà l’esempio positivo della GKN di cui parliamo diffusamente. Stando a Firenze può cercare con questi lavoratori un confronto diretto e un sostegno concreto.
Va favorito il legame fra lavoratori, abbattendo metaforicamente i muri e i cancelli delle aziende. Questa è una parte del lavoro in cui è impegnato il P.CARC.
Invitiamo quanti sono alla ricerca di una via di riscossa a contattare le Sezioni del P.CARC a loro più vicine per ragionare insieme e attivarsi per allargare la rete di operai che si organizzano.