Un avvenimento lontano nel tempo parla dei compiti di oggi
Nel 1863 New York fu sconvolta dalla sommossa. Il contesto era quello della Guerra Civile (1861–1865): Unione contro Confederazione, abolizionisti contro schiavisti, Nord contro Sud. 600 mila morti.
Il 13 luglio 1863 la classe operaia insorse contro il reclutamento obbligatorio nell’esercito unionista, entrato in vigore due giorni prima. Chiamata alle armi obbligatoria, ma non per tutti. Il pagamento di una ingente somma di denaro garantiva l’esonero.
I ricchi e i loro figli non partivano per il fronte e non combattevano per l’Unione. Non venivano ammazzati. A partire per il fronte era il proletariato: immigrati bianchi europei. Tedeschi, polacchi, italiani, ma soprattutto irlandesi. Tantissimi irlandesi.
Sono quelli che “hanno fatto l’America” vivendo nei tuguri e lavorando per due soldi. La guerra aggravava condizioni di vita già misere: sfruttati, impoveriti e ora pure obbligati a partire per il fronte, per una guerra che non era la loro.
La classe operaia di New York era tanto oppressa dai capitalisti del Nord quanto preoccupata dall’abolizione della schiavitù nel Sud. Preoccupata che, a centinaia di migliaia, gli schiavi liberati si sarebbero riversati al Nord per cercare lavoro, per sfuggire ai campi di cotone e ai linciaggi della popolazione bianca del Sud.
La classe operaia bianca del Nord era sola. Sola contro i capitalisti che la spolpavano e la spedivano al fronte, sola contro “i nativi”, discendenti di immigrati bianchi anche loro, ma sbarcati 200 anni prima e che ora pretendevano di essere riconosciuti superiori da chi era appena arrivato.
Sola, infine, di fronte allo spettro di centinaia di migliaia di neri, schiavi liberati, che avrebbero invaso la città e conteso loro i posti di lavoro per un quarto del salario.
Quando il 13 luglio scoppia la sommossa, per primi sono assaltati gli uffici del reclutamento dell’esercito unionista. Poi gli uffici pubblici. Poi le case dei ricchi e le sedi istituzionali. E poi vengono linciati i neri. Incendiati i locali pubblici che ne ammettono l’ingresso. Presi d’assalto i cantieri dove lavorano. Assaltato il ricovero infantile dove 233 bambini scampano al linciaggio per miracolo.
La sommossa non rientra. Dopo tre giorni, il Presidente Lincoln manda l’esercito, fa sparare sulla folla e fa bombardare i quartieri operai. Il 16 luglio la rivolta è sedata.
Distruzione ovunque. L’ordine è stato ristabilito.
Operai morti ovunque. Tedeschi, polacchi, italiani, ma soprattutto irlandesi. E neri.
La borghesia razzista e schiavista perderà la guerra due anni dopo.
La borghesia capitalista e abolizionista la vincerà, grazie ai battaglioni di operai che ha spedito al fronte.
La classe operaia di New York ha perso due volte.
Ha perso abboccando alla guerra fra poveri perché la schiavitù è stata abolita: la concorrenza fra operai bianchi e operai neri è diventata la norma e la borghesia ha continuato a farvi leva per tenere sottomessa tutta la classe operaia.
I capitalisti hanno continuato a sfruttare e ricattare come e peggio di prima.
Ha perso anche contro se stessa, perché la paura di chi stava peggio l’ha resa burattino nelle mani della borghesia e carnefice dei neri nei quali non ha saputo riconoscere i suoi naturali alleati.
La classe operaia di New York ha perso perché era sola e ideologicamente disarmata.
Da quando il movimento operaio ha incontrato il movimento comunista, la classe operaia non è più sola.
Il patrimonio di idee, valori, morale, esperienza e organizzazione a cui ha avuto accesso grazie alla lotta rivoluzionaria, grazie al movimento comunista cosciente e organizzato, è la principale arma che stringe nelle sue mani.
Quel patrimonio non va solo conosciuto, va soprattutto capito e usato.
Chi si limita a conoscerlo, spesso si diletta a declamarlo. Opinioni fuori tempo, fuori posto, fuori contesto. Inutili e patetiche. Come erano inutili e patetiche le prediche della borghesia illuminata di New York che inorridiva al pensiero dei neri ridotti in schiavitù nei campi di cotone e al “razzismo” delle famiglie degli operai bianchi che morivano come mosche nelle fabbriche e nei cantieri.
Chi capisce e usa il patrimonio del movimento comunista non si limita mai a giudicare le arretratezze della classe operaia.
I comunisti lottano per contendere alla borghesia il cuore e la mente della classe operaia, la direzione della sua mobilitazione. In ogni contesto, in ogni contraddizione, in ogni battaglia i comunisti devono essere educatori, formatori e organizzatori della classe operaia.
Se la classe operaia è “bifolca”, “razzista”, “reazionaria” la responsabilità è dei comunisti.
Se la classe operaia è organizzata, solidale, combattiva è grazie all’opera dei comunisti.
Se i comunisti non rinunciano al loro ruolo, la classe operaia non è sola.
I risultati sono nella storia di lotta e di emancipazione che il movimento operaio e il movimento comunista hanno scritto e nelle vittorie della storia che devono ancora scrivere.
Riferimenti per il contesto storico:
– Canale Youtube di Alessandro Barbero: La Guerra civile americana.
– Gangs of New York, 2002, diretto da M. Scorzese.