Al lavoro come in guerra

Nonostante il numero dei lavoratori licenziati continui ad aumentare, il numero dei morti e dei feriti sui posti di lavoro, invece, non diminuisce. Anzi, l’aumento di contratti precari di ogni tipo e del lavoro nero incidono direttamente sul peggioramento delle condizioni anche per quanto riguarda sicurezza e rispetto delle misure sanitarie elementari.
Non solo. Misure e procedure di sicurezza sono le prime voci di spesa che vengono tagliate, costantemente e sistematicamente.
Se a ciò si aggiunge che i controlli dell’Ispettorato del lavoro non ci sono (e spesso quando ci sono vengono concordati con la direzione aziendale) si ha una descrizione abbastanza precisa del motivo per cui in Italia, alla fine del 2021, andare a lavorare equivale ad andare in guerra.

La pandemia ha in parte confermato questa situazione e in parte l’ha aggravata.

Ha confermato la situazione quando, in modo evidente, padroni e governo hanno permesso che nelle aziende si continuasse a lavorare senza battere ciglio, evitando di sospendere la produzione (ricordate la mancata chiusura delle aziende in Lombardia a marzo e aprile 2020?). Ha confermato la situazione anche quando tutta una serie di dispositivi e protocolli sono stati introdotti (spesso a seguito di scioperi e proteste), ma il loro utilizzo è stato solo parziale, formale, occasionale.

La pandemia ha persino aggravato la situazione sui posti di lavoro: i padroni hanno capito che potevano usare a loro vantaggio l’emergenza per portare più a fondo l’attacco ai diritti dei lavoratori. La cassa integrazione mirata (lasciare fuori dagli stabilimenti chi rompe le palle) ha aperto la strada a licenziamenti selettivi (con la scusa della violazione del vincolo di fedeltà aziendale, ad esempio). L’obbligo del Green Pass è  un salto di qualità nella repressione aziendale. I padroni hanno arbitrio di discriminare i lavoratori. E fomentano la divisione fra vaccinati e non.

Poiché il Green Pass è uno strumento politico e non sanitario, la lotta contro il Green Pass – giusta e sacrosanta – non sostituisce affatto la necessità di lottare per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro.
I lavoratori che lo comprendono devono contrastare il clima avvelenato che padroni, governo e media di regime alimentano. Devono ribaltare la questione: vaccinati e non vaccinati, i lavoratori hanno un comune interesse ad abolire il Green Pass e a organizzarsi per condizioni igieniche, sanitarie e di sicurezza sui luoghi di lavoro.
I lavoratori che lo comprendono devono pazientemente ragionare con i colleghi e compagni. è del resto assodato che tanti lavoratori, pur momentaneamente dotati del Green Pass, devono fare fronte al fatto che in azienda ci si ammala, ci si fa male e in alcuni casi – con una media di 4 casi al giorno – si muore.

Per disinnescare la guerra fra poveri – che anche alcune organizzazioni sindacali alimentano, a partire da CGIL, CISL e UIL – bisogna usare il dibattito che in tutti i posti di lavoro si è sviluppato per organizzare lavoratori con il Green Pass e lavoratori senza Green Pass affinché affermino il diritto a lavorare in sicurezza e in un ambiente salubre.

È sciocco dire che i padroni facevano come volevano già prima e non avevano bisogno del Green Pass: prima del Green Pass discriminare un lavoratore era un reato. Adesso è legge.
È sciocco anche stupirsi del fatto che con l’enorme problema di sicurezza suoi luoghi di lavoro, qualcuno pensi che la questione contro cui mobilitarsi sia il Green Pass: per molti lavoratori la negazione del diritto al lavoro pone tutto il resto in secondo piano. A torto o a ragione, se l’ingresso sul posto del lavoro è affidato all’arbitrio del padrone o del governo, tutto il resto viene percepito come secondario.

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