Stalin: Questioni del leninismo

In occasione del 104° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre pubblichiamo un estratto della presentazione della raccolta di testi di Stalin che le edizioni rapporti sociali e Red star press stanno ripubblicando.
Per informazioni sulla pubblicazione e prenotazioni potete scrivere a carc@riseup.net

Le opere di Stalin permettono di conoscere e approfondire l’esperienza più avanzata di costruzione di un paese socialista.
In 20 anni l’URSS è diventata il paese più avanzato al mondo in vari campi.
La denigrazione di Stalin è stata l’asse portante del revisionismo moderno che ha portato l’URSS prima alla decadenza e poi alla dissoluzione.
La denigrazione di Stalin è ancora la prima e principale arma con cui la borghesia imperialista attacca l’esperienza dei primi paesi socialisti e il movimento comunista tutto.

Questioni del leninismo è un’antologia di scritti e discorsi di Stalin dal 1924 al 1939. Nel 1924 i comunisti sovietici posero fine alla Nuova politica economica (Nep), il passo indietro che nel 1921 Lenin aveva promosso rispetto al comunismo di guerra con il quale i comunisti avevano vinto la lunga guerra civile fomentata e supportata in Russia dalle potenze imperialiste contro il governo sovietico insediatosi a Pietrogrado nell’ottobre del 1917.

Nei tre anni di Nep le masse popolari sovietiche avevano recuperato le forze necessarie a fare il balzo in avanti nella costruzione del socialismo e Stalin fu alla testa della lotta contro la destra interna al partito che, capeggiata da Trotski, Zinoviev, Kamenev, Bukharin e altri massimi dirigenti, si opponeva alla coesistenza pacifica tra paesi con regimi sociali diversi (resa necessaria dall’incapacità dei comunisti dei paesi imperialisti di instaurare il socialismo a seguito della Prima Guerra Mondiale) e alla costruzione del socialismo in Unione Sovietica. Il 1939 è l’anno dell’inizio del terzo piano quinquennale, l’ultimo prima dell’aggressione nazifascista.

In questi scritti e discorsi emerge la magistrale direzione che Stalin diede all’opera interna e internazionale dei comunisti sovietici che convalidò definitivamente il marxismo-leninismo come seconda tappa della concezione comunista del mondo, la scienza elaborata da Marx ed Engels delle attività con le quali gli esseri umani hanno fatto e fanno la loro storia.

Come per ogni scienza, anche per la concezione comunista del mondo il successo nell’azione pratica che gli uomini fanno guidandosi con essa è la convalida di ultima istanza della sua verità, è la conferma che l’immagine del mondo che essi hanno riprodotto nella loro mente corrisponde in misura sufficiente per l’opera in corso al mondo reale nel quale operano. Senza il successo dell’opera guidata da Stalin (costruzione del socialismo nell’Unione Sovietica operante come base rossa mondiale della rivoluzione proletaria), la vittoria della Rivoluzione d’Ottobre nel 1917 sarebbe rimasta un episodio circoscritto della lotta del proletariato contro la borghesia, come lo fu la Comune di Parigi del 1871. Invece grazie al successo di quell’opera la vittoria del 1917 fu l’inizio della prima ondata della rivoluzione proletaria che ha sconvolto il mondo intero e ha segnato nella storia dell’umanità una svolta che la borghesia e la sinistra borghese ancora oggi cercano di far dimenticare.

La convalida degli apporti di Lenin e la dimostrazione a livello mondiale che il marxismo-leninismo è la seconda tappa della concezione comunista del mondo è all’origine dell’odio sfrenato e ottuso che la borghesia e il clero nutrono contro Stalin e che cercano di alimentare tra le masse popolari. Manifestazione esemplare e recente, ma pienamente sulla scia della Risoluzione approvata dal Parlamento Europeo nel 2019, di questo odio e della denigrazione di Stalin senza posa largamente e subdolamente diffusa in Italia anche da individui, gruppi e organismi che si dichiarano comunisti è l’articolo “Stalin-Hitler, le ragioni geopolitiche di una alleanza fatale”di Franco Benigno pubblicato il 3 ottobre di quest’anno nel supplemento Alias de il Manifesto. (…)

Negli scritti e discorsi raccolti in questa antologia i lettori troveranno la dimostrazione che il marxismo-leninismo è in realtà opera di Lenin e di Stalin, nello stesso senso in cui il marxismo in realtà era stato opera di Marx e di Engels. Difendere, assimilare e applicare gli insegnamenti di Stalin contro la denigrazione e falsificazione che ne fanno la borghesia, il clero, la sinistra borghese, i revisionisti moderni (in Italia la cricca di Togliatti, Berlinguer e i loro seguaci e successori) e ancora oggi vari personaggi, gruppi e organismi che tuttavia si dichiarano comunisti, è parte indispensabile della lotta di noi comunisti in campo teorico.

In Unione Sovietica i comunisti dovevano assolvere e hanno assolto con successo al compito di dirigere le masse popolari a costruire forze produttive moderne. Nello svolgimento di questo compito non potevano impedire che si formasse una nuova borghesia, la borghesia propria dei paesi socialisti costituita dai dirigenti del partito, dello Stato e delle altre istituzioni che di fronte ai problemi della costruzione del socialismo sono fautori di relazioni tra dirigenti e masse ispirate dalla pratica della borghesia. Contro di essa Stalin promosse una lotta accanita, ma con limiti nella comprensione della natura del problema. La comprensione scientifica di essa è uno dei principali apporti di Mao Tse-tung alla concezione comunista del mondo.

A differenza dell’URSS degli anni Venti e Trenta, in Italia come negli altri paesi imperialisti noi abbiamo già forze produttive moderne. Abbiamo già fabbriche, uffici, macchinari, utensili, impianti e installazioni, abbiamo già le infrastrutture e le reti (strade, ponti, canali, linee ferroviarie, linee elettriche, linee telefoniche e internet, ecc.) necessarie ai fini lavorativi, abbiamo un patrimonio di conoscenze (la professionalità, la tecnica e la scienza) impiegate nel processo produttivo.

Tutte queste cose le abbiamo già pronte, non dobbiamo costruirle e già oggi anzi promuoviamo la mobilitazione per impedire che la borghesia imperialista smantelli a favore del capitale finanziario e speculativo le aziende che producono beni e servizi e per farle funzionare al servizio dei lavoratori e del complesso delle masse popolari. Le attività che noi dovremo sviluppare sono principalmente le attività connesse alla partecipazione crescente della popolazione alla gestione della vita associata (attività politiche, culturali, sportive, ricreative, ecc.: le attività che distinguono la specie umana dalle altre specie animali), quelle attività da cui le classi dominanti hanno costantemente escluso le classi oppresse.

Questo aspetto dell’esperienza illustrata negli scritti e discorsi di Stalin ci è utile anche per gestire in modo giusto i nostri rapporti con i paesi socialisti sopravvissuti all’esaurimento della prima ondata e con le altre componenti del movimento comunista cosciente e organizzato, tenendo conto di ciò che ci unisce e di ciò che ci differenzia. Questo aspetto, soprattutto, conferma ciò che Lenin ha scritto nel 1920 a conclusione del capitolo VII di L’estremismo, malattia infantile del comunismo: in Russia era stato più facile iniziare ma sarebbe stato più difficile continuare, mentre nei paesi imperialisti era più difficile iniziare ma sarebbe stato più facile continuare.

Perché in Italia e negli altri paesi imperialisti è più difficile iniziare? L’esperienza ha mostrato che per iniziare occorre che i comunisti rompano con la tradizione elettoralista (attribuire alla partecipazione alle lotte elettorali il ruolo di via alla conquista del potere), economicista (attribuire il ruolo di via alla conquista del potere alle rivendicazioni economico-pratiche) e militarista (attribuire all’attività militare il ruolo principale e decisivo in ogni fase della rivoluzione socialista) e, con il dogmatismo. Occorre che traccino e attuino una linea adeguata alle circostanze particolari e concrete. Da qui la necessità inderogabile di praticare la lotta tra due linee nel partito comunista e la riforma intellettuale e morale dei suoi membri. (…)

La rivoluzione socialista è per eccellenza un’opera collettiva, ma proprio per questo il ruolo degli individui è grande e inderogabile. Esso invece nel vecchio PCI e nei partiti comunisti degli altri paesi imperialisti è stato trascurato sotto l’influsso della borghesia che proclama l’uguaglianza per nascondere la divisione e l’oppressione di classe. Non a caso da quando è iniziata la rivoluzione proletaria, ognuno degli eventi e delle rivoluzioni nazionali che la compongono portano il nome di individui che ne sono stati i grandi promotori e dirigenti: Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao Tse-tung, Kim Il Sung, Ho Chi Minh, Enver Hoxha, Che Guevara, Fidel Castro e tanti altri. Negli scritti e discorsi dell’antologia Stalin tratta ripetutamente del ruolo degli individui e della necessità della loro formazione e trasformazione in riferimento a circostanze e a casi concreti. Indico in particolare il discorso del 4 maggio 1935: in esso Stalin illustra il ruolo centrale dei quadri, uomini e donne, nella costruzione del socialismo (concezione che Stalin sviluppa in dettaglio nei discorsi raccolti nel supplemento a La Voce del (nuovo)PCI n. 68 L’uomo è il capitale più prezioso – www.nuovopci.it).

Manuela Maj
Edizioni Rapporti Sociali

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