[Italia] La classe operaia contro il gigante dai piedi di argilla

Dalla lotta contro l’imposizione del Green Pass a quella contro lo smantellamento del tessuto produttivo passando per quella contro il carovita: la classe operaia è alla testa della mobilitazione delle masse popolari per abbattere Draghi e il suo governo.

Prendetevi il tempo per leggere. In una fase di grande confusione, dove anche le questioni e i principi “elementari” sembrano messi in discussione, occorre fare un punto, individuare i punti favorevoli e i punti deboli e definire le linee di sviluppo. Questo è il nostro contributo.

1. La situazione politica

Sono settimane di febbrili mobilitazioni contro le misure del governo Draghi.
È passato circa un mese dal corteo nazionale promosso dagli operai GKN a Firenze (18 settembre) e la mobilitazione operaia e popolare si è estesa a macchia d’olio su più fronti.
Le mobilitazioni contro l’obbligo del Green Pass, iniziate alla fine dello scorso luglio, hanno fatto “un salto di qualità” a partire dal 15 ottobre, data in cui l’obbligo ha interessato i luoghi di lavoro. Il salto di qualità non è dovuto SOLO alla mobilitazione promossa dai portuali di Trieste. In tutto il paese, in migliaia di aziende capitaliste e pubbliche, c’è fermento. In tutto il paese si tengono assemblee, presidi, manifestazioni.
Solo una piccola parte di questo fermento ha trovato il sostegno di organizzazioni sindacali, con alcune significative eccezioni: alla Electrolux di Susegana (TV) e alla Ferrari di Modena – dove le RSU FIOM hanno preso in mano la direzione – in alcuni magazzini della logistica e nelle aziende municipalizzate delle grandi città – dove la direzione è stata assunta dai sindacati di base: CUB, SI COBAS.
Contro queste mobilitazioni, ancora frammentate, Draghi e Lamorgese hanno scatenato la criminalizzazione e il terrorismo mediatico, tanto che i portuali di Trieste, isolati e osteggiati dalle organizzazioni sindacali – anche i sindacati di base – hanno annullato le manifestazioni previste per il 22 e 23 ottobre per “evitare infiltrazioni, provocazioni e problemi di ordine pubblico”.

Il 15 ottobre si è “celebrato” il funerale di Alitalia e la nascita di ITA: a fronte di grandi manifestazioni di soddisfazione da parte di governo e borghesia, migliaia di lavoratori hanno mantenuto la mobilitazione che prosegue anche in questi giorni. Si, perché sono 7 mila i posti di lavoro cancellati con un colpo di spugna, lo stesso colpo di spugna che ha cancellato il CCNL per i nuovi assunti di ITA (2000 assunzioni).

Ancora, il 15 ottobre, al MISE, il governo Draghi ha assecondato le manovre di Whirlpool che ha confermato la chiusura dello stabilimento di Napoli. La mobilitazione degli operai continua anche in vista della sentenza del Tribunale del Lavoro sulla causa per condotta antisindacale intentata dai sindacati di regime contro l’azienda.

L’assalto fascista, sostenuto dalla polizia, alla sede nazionale della CGIL avvenuto il 9 ottobre nel contesto della mobilitazione contro il Green Pass, è stato usato dal governo Draghi e dalle Larghe Intese:

  1. per alimentare la guerra fra poveri e la mobilitazione reazionaria, che consiste nella contrapposizione tra Sì Vax e No Vax;
  2. nel tentativo di isolare e deviare il movimento No Green Pass;
  3. per legare più strettamente a sé i vertici della CGIL.
    Effetti immediati dell’assalto – con il contorno, fra l’odioso e il surreale, del teatrino della Ministra Lamorgese – sono la stretta sulle libertà di manifestazione che il governo si appresta a compiere e lo sgombero del presidio al porto di Trieste, richiesto – fra gli altri – da CGIL, CISL, UIL.

E’ ben evidente la tendenza del governo Draghi a voler portare a fondo gli attacchi alle masse popolari, lo scontro sociale e la repressione. Draghi sta proseguendo nell’attuazione del programma comune della borghesia imperialista:
– smantellamento dell’apparato produttivo e distruzione di posti di lavoro;
– aumento delle bollette;
– aumento del carburante (il prezzo è addirittura raddoppiato per il metano);
– riforma delle pensioni (abolizione di Quota 100, proposta di pensionamento anticipato a fronte della decurtazione della pensione);
– abolizione dell’assegno di invalidità per chi percepisce un reddito di qualunque entità (sono fortemente penalizzati i proletari);
– revisione del Reddito di Cittadinanza.

Lo scollamento fra le ampie masse e la classe dominante e le sue istituzioni aumenta.
L’astensionismo registrato per le elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre (e ancora maggiore per i ballottaggi, fra cui Roma e Torino) cresce di pari passo con l’estensione delle proteste.
E’ vero, sono proteste confuse, mobilitazioni contraddittorie, ma hanno come collante (è l’aspetto qualificante di tutte, quindi unitario) l’opposizione alle Larghe Intese e al governo Draghi.

Il governo Draghi è un gigante con i piedi d’argilla.
Se la classe operaia si mette alla testa delle mobilitazioni, il governo Draghi ha i giorni contati.
Se la classe operaia si mette alla testa delle mobilitazioni, la lotta per imporre un governo di emergenza delle masse popolari organizzate avanza.
La classe operaia per mettersi alla testa delle masse popolari deve organizzarsi in ogni posto di lavoro. Come?

2. L’esempio del Collettivo di Fabbrica GKN

Per mettersi alla testa della mobilitazione delle masse popolari, la classe operaia deve anzitutto organizzarsi in modo autonomo, indipendente dalle appartenenze sindacali e partitiche. Solo in questo modo può rompere con la cappa oppressiva di decenni di concertazione dei sindacati confederali e altrettanti di estremismo parolaio e immobilismo dei gruppi dirigenti attuali di tanti sindacati di base. Solo in questo modo può agire in modo da costringere autorità, istituzioni, sindacati di regime, eletti in parlamento ad agire nei suoi interessi [leggi: E se a decidere e a scegliere fossero gli operai?]
Organizzarsi sul modello dei Consigli di Fabbrica degli anni ‘70. Dell’esperienza degli operai della GKN abbiamo parlato in vari articoli di Resistenza [qui, qui e qui, da questo ultimo articolo riprendiamo il testo che segue].

“Il fulcro della lotta degli operai GKN è il Collettivo di Fabbrica, un’organizzazione costruita su iniziativa degli operai, replicabile in ogni azienda e posto di lavoro. È quanto di più simile ai Consigli di Fabbrica (CdF) degli anni ‘70-’80 la classe operaia esprime oggi.
In GKN c’è un filo rosso che lega l’esperienza del CdF della FIAT di Firenze al Collettivo di Fabbrica, un filo che la vecchia generazione di operai ha conservato ed è riuscita a trasmettere alla nuova leva.
La storia della costruzione del Collettivo di Fabbrica GKN può e deve diventare patrimonio collettivo di tutta la classe operaia che ha bisogno come il pane di esempi pratici da cui attingere per tornare a costruire organismi simili nelle fabbriche di tutto il paese.
Il Collettivo di Fabbrica si occupa della fabbrica, ma anche del territorio in cui gli operai vivono, scegliendo autonomamente quali battaglie condurre, con quali solidarizzare, anticipando gli attacchi padronali.
Ciò si è visto:
– quando fu abolito l’art. 18, che qua è stato difeso con successo e mantenuto in vigore fino alla chiusura dello stabilimento;
– quando gli operai hanno scioperato e picchettato la fabbrica contro i licenziamenti camuffati da Staff leasing e da lavoro esternalizzato;
– quando hanno partecipato e solidarizzato con le altre vertenze sul territorio come quella del Panificio Toscano e della Texprint guidate dal Si Cobas;
– quando hanno sostenuto la mobilitazione contro la costruzione dell’Inceneritore di Case Passerini a Firenze.

Queste sono solo alcune delle battaglie, interne ed esterne, che il Collettivo di Fabbrica ha promosso in questi anni.
La struttura organizzativa che gli operai si sono dati e il forte legame con le organizzazioni sul territorio hanno permesso loro di far fronte immediatamente alla chiusura.
È fondamentale organizzarsi ovunque, anche dove non c’è esperienza di organizzazione: i Riders sono un esempio importante in questo senso. Anche nei settori di lavoro più moderni, precarizzati e parcellizzati è possibile e necessaria l’organizzazione dei lavoratori. Non importa se all’inizio si è in pochi, l’importante è non aspettare di essere sotto attacco per organizzarsi.
Il Collettivo di Fabbrica è il centro promotore della nascita e dello sviluppo di altri organismi.
Alla decisione di Melrose di chiudere lo stabilimento, gli operai hanno risposto prontamente. Hanno organizzato prima di tutto la resistenza in fabbrica con l’assemblea permanente all’interno dello stabilimento, impedendo così di essere chiusi fuori dai cancelli. Subito dopo è iniziato il lavoro di organizzazione e coordinamento della solidarietà che spontaneamente è arrivata da ogni parte. Questo ha portato alla costituzione di due nuovi organismi: il gruppo dei solidali “Insorgiamo con gli operai GKN” e il “Coordinamento donne GKN”. Oggi è in corso la costruzione di altri due distinti raggruppamenti: uno di ricercatori universitari e uno di giuristi progressisti solidali.
Questi organismi nascono come risposta diretta agli appelli degli operai a “insorgere”, grazie alla capacità del Collettivo, e in particolare di chi ne è alla testa, di coordinare e valorizzare la solidarietà e le varie forme di mobilitazione che i passi in avanti della lotta stanno generando.
La lotta della GKN dimostra che quando gli operai si muovono, trascinano con sé tutto il resto e che fuori dai cancelli della propria fabbrica ci sono sempre altri operai e altri lavoratori disposti a schierarsi e a dare il proprio contributo.
Il Collettivo di Fabbrica si è posto alla testa dello sviluppo di una rete di organizzazioni operaie e popolari che stanno assumendo un loro ruolo specifico nella lotta, non si è isolato e ha creato le condizioni per estendere e approfondire la mobilitazione senza entrare in un pericoloso affanno.

Chi è alla testa delle organizzazioni operaie deve essere determinato a vincere.
L’organizzazione è fondamentale, ma da sola non basta. Dall’esperienza della GKN impariamo anche che chi promuove la lotta deve essere determinato a passare dalla difesa all’attacco e in definitiva a vincere.
Per muoversi nelle nuove e sempre più profonde contraddizioni che si aprono nello sviluppo di una mobilitazione serve chi è determinato ad affrontarle e superarle. È grazie alla sua determinazione che il gruppo di testa del Collettivo di Fabbrica si è conquistato quell’autorevolezza che gli permette oggi di dirigere questa battaglia.
A livello nazionale lo sblocco dei licenziamenti, il disimpegno di Stellantis dai finanziamenti pubblici e ogni altra mossa padronale alimenta la mobilitazione della classe operaia e del resto delle masse popolari. Una dopo l’altra le aziende vengono chiuse, delocalizzate o ridimensionate. La strada della mediazione e delle concertazioni in un contesto di sviluppo della crisi generale del sistema capitalista, come quello attuale, non porta a niente di buono.
Gli operai della GKN hanno in mano la possibilità di indicare la strada al resto di lavoratori e l’avranno fintantoché saranno determinati ad andare fino a fondo e si daranno i mezzi per farlo”.

3. Se la classe operaia spinge, Draghi salta!

GKN, Whirlpool, Gianetti ruote, SANAC, Alitalia… il fronte principale della lotta è contro le chiusure, le delocalizzazioni, la strage di posti di lavoro e la strage sui posti di lavoro (altro che “Green Pass per la sicurezza”: continuano gli omicidi sul lavoro con la media di 4 morti al giorno…).
Ad essa si è aggiunta la battaglia contro il Green Pass. La mobilitazione dei portuali di Trieste, che generosamente si sono fatti carico della mobilitazione per tutti i lavoratori, è stata aggirata dal governo Draghi grazie a manovre sporche e minacce, ma la questione che è stata sollevata è tutt’altro che risolta. Anzi, i portuali di Trieste hanno dimostrato nella pratica una legge universale: quando la classe operaia scende sul terreno della lotta, allarga ed eleva ogni tipo di mobilitazione.
Il testimone alzato dai portuali di Trieste può essere preso da altri lavoratori. Ai comunisti il compito di favorire questo passaggio e di legare la mobilitazione contro il Green Pass a ogni altra mobilitazione che oggettivamente pone le masse popolari in aperto antagonismo con il governo Draghi.

La manifestazione contro il G20 del 30 ottobre a Roma è una grande occasione per alimentare il processo. In concatenazione con la manifestazione del 18 settembre a Firenze promossa dagli operai GKN, con le manifestazioni in occasione dello sciopero generale indetto dai sindacati di base, con le mobilitazioni contro il Green Pass, con le manifestazioni contro la devastazione ambientale, il 30 di ottobre è il contesto per unire tutti e rafforzare la lotta per cacciare il governo Draghi.

Draghi e la sua cricca hanno deciso di portare fino in fondo l’attacco ai lavoratori e alle masse popolari.
Vale per ogni misura che vogliono imporre lo stesso ragionamento valido per la lotta contro le delocalizzazioni delle aziende e la distruzione del tessuto produttivo:

“Se Draghi cede (con un decreto che blocca i licenziamenti e una legge contro le delocalizzazioni) manda per direttissima un messaggio di disfatta a chi ha manovrato per installarlo al governo: era arrivato per bastonare i lavoratori e si ritrova bastonato. Il suo mandato, causa manifesta incapacità di raggiungere gli obiettivi, sarebbe concluso. Sarebbe un gran problema per chi frequenta i piani alti dei palazzi di Bruxelles, Strasburgo, Washington, Città del Vaticano e per i comitati d’affari della borghesia italiana: avevano messo in campo il loro fuoriclasse, il “migliore che ha messo insieme il governo dei migliori”….ora come rimpiazzarlo? E con chi?
E poi, se Draghi cede, sull’esempio degli operai insorgerebbero insegnanti e studenti, dipendenti pubblici, comitati e reti ambientaliste, ecc…
Se Draghi tira dritto (nessun decreto e nessuna legge: avanti con i licenziamenti di massa e la distruzione dell’apparato produttivo), sarà costretto a mettersi l’elmetto. Non può governare con le promesse farlocche di ripresa e crescita del PIL un paese in subbuglio. Il “problema GKN” diventerà un enorme problema di ordine pubblico: i tavoli di crisi aziendali al MISE sono 87, gli operai disposti a firmare deleghe in bianco ai sindacati sono sempre di meno, mentre quelli che sono tentati di “fare come la GKN” sono sempre di più. “Insorgiamo!” è diventato il grido degli operai della Whirlpool, dei lavoratori Alitalia. È la parola che corre da un capo all’altro del paese, nelle assemblee per lo sciopero generale dell’11 ottobre, nelle prime assemblee degli studenti, nei picchetti della logistica e sbuca qua e là, nelle piazze di protesta contro il Green Pass, nelle manifestazioni contro la devastazione ambientale…
Da qualunque parte la si guardi, la situazione spinge in una direzione: Draghi deve saltare”.

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