La classe dominante ha gestito e sta gestendo la pandemia da Coronavirus in modo criminale.
E’ criminale la gestione sanitaria (mentre continuano speculazioni, privatizzazioni e peggiorano lei condizioni per i lavoratori, passa in cavalleria la strage nelle RSA – Lombarde e non solo – il Tribunale di Milano ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta contro Fontana per la strage al Pio albergo Trivulzio – LEGGI “Fontana Assassino”); è criminale la gestione politica (l’emergenza è la scusa con cui vengono attaccati i diritti di organizzazione, assemblea in ogni luogo – dalle scuole ai posti di lavoro – e si estende la repressione); è criminale la gestione dei vaccini (il Green Pass è una misura politica non sanitaria, il non riconoscimento dei vaccini russi, cinesi e cubani sono un regalo miliardario alle multinazionali del farmaco, così come il perseguire una farlocca “immunità di gregge”).
E’ criminale, nel complesso quindi, la gestione politica: la classe dominante ha letteralmente fatto carte false, con il sostegno di tutto il circo mediatico di regime, per mettere settori delle masse popolari contro altri settori delle masse popolari.
Prima ha diviso e contrapposto lavoratori dipendenti con lavoratori autonomi (i lavoratori precari non sono mai nemmeno stati considerati.. come se non esistessero), poi con il Green Pass ha diviso i lavoratori dipendenti (con la complicità dei sindacati di regime).
La verità, dura come il marmo, è che soltanto le masse popolari organizzate possono tagliare i tentacoli e la testa alla piovra che sta usando la pandemia per consentire ai capitalisti di fare ancora più profitti, per eliminare le tutele e i diritti che le masse popolari avevano conquistato con le lotte dei decenni passati, a partire dalla vittoria della Resistenza sul nazifascismo.
Come?
Anzitutto, organizzandosi. In ogni azienda, in ogni scuola, in ogni quartiere bisogna che nascano organismi operai e popolari che iniziano a ragionare collettivamente e ad agire in funzione degli interessi dei lavoratori e delle masse popolari.
Sono piene le discussioni (virtuali, sui social e reali) sul fatto che “la gente che si mobilita per protestare è qualunquista ed egoista” (o persino “fascista”), ma anche in questo caso i fatti hanno la testa dura. Milioni di scontenti si attivano sulla base del peggioramento delle condizioni di vita e di esistenza, hanno perso fiducia nella classe dominante e nelle sue istituzioni (e per questo magari la ripongono momentaneamente in feticci “strani”, in personaggi ambigui, in teorie campate per aria), i compagni e le compagne hanno uno sterminato campo di azione. I comunisti hanno un enorme terreno da coltivare. E hanno il compito e la responsabilità di farlo.
Il 30 ottobre a Roma si svolgerà una manifestazione contro il G20. Il G20: la riunione dei governi dei paesi imperialisti, coloro che con le loro politiche hanno permesso ai capitalisti di arricchirsi sulla vita di miliardi di persone usando la pandemia (e i suoi effetti) come pretesto.
E’ una manifestazione di tutti i lavoratori: è la manifestazione degli operai contro chiusure, delocalizzazioni, licenziamenti e contro la strage sui posti di lavoro, è la manifestazione degli studenti, è la manifestazione dei comitati di famigliari delle vittime del Covid-19, è la manifestazione contro la devastazione ambientale. Ed è la manifestazione di tutte le masse popolari contro gli aguzzini, gli assassini, gli speculatori e gli sfruttatori che governano la società.
Il P.CARC partecipa e si adopera per allargare la partecipazione. In particolare raccogliamo e rilanciamo l’appello del collettivo di Fabbrica GKN:
Appello a tutte le solidali e i solidali di Firenze e della Toscana, appello a tutte le vertenze operaie, alle lavoratrici e ai lavoratori di tutte le differenti appartenenze sindacali: il 30 ottobre, di nuovo a Roma, corteo nazionale di Fridays for future e dei movimenti contro il G20. Venite con noi per dire che è necessario lo sciopero generale e generalizzato. (…).
Noi non ci siamo svegliati un venerdì di luglio con l’idea di cambiare il paese. Noi quel giorno credevamo di essere in ferie. Di colpo ci hanno portato via il posto di lavoro, la nostra fabbrica, la nostra casa, le nostre abitudini.
E’ successo di colpo, ma ci sono lunghi processi accumulati che hanno preparato quel colpo: lo strapotere e l’arroganza delle multinazionali, una lunga scia di chiusure e delocalizzazioni, trent’anni di attacchi al mondo del lavoro, il disimpegno di Stellantis dall’Italia, lo sblocco dei licenziamenti, il tentativo di sostituire lavoro “fisso” con lavoro precario e sottopagato, il tentativo di usare la presunta transizione ecologica per giustificare un massacro sociale particolarmente nell’automotive, le difficoltà che potremmo avere a continuare a pagarci mutui e affitti, la mancata risposta generale e unitaria del mondo del lavoro ogni qual volta chiudono una azienda o arrivano dei licenziamenti.
Detta in una frase: abbiamo realizzato che c’è e c’era un mondo che aveva determinato la chiusura della nostra fabbrica e che per difenderla bisognava provare a cambiare il mondo attorno.
Noi siamo obbligati ad un autunno di lotta. Siamo obbligati a provare a cambiare i processi attorno a noi. Voi, forse, avete una scelta. Unirvi a questo nostro tentativo, farvi un favore e cambiare la vostra stessa condizione. O ritenere che Gkn sia solo una delle tante, ulteriori, cronache di una sconfitta annunciata.
Noi siamo obbligati a dire che un altro mondo è possibile. E che anzi ora più che mai è necessario.
Per questo saremo in piazza il 30 ottobre a Roma con tutti i movimenti (…) daremo vita di nuovo alla testuggine, allo spezzone #insorgiamo
Venite con noi. Con urla, grida, pelle d’oca, mani che battono, piedi che si impuntano, con le vostre paure, fatiche, debolezze, con un ulteriore sabato sacrificato, lontano dalla famiglia, insieme alla famiglia allargata.
Di seguito pubblichiamo stralci di interviste ad alcuni ristoratori e baristi di Massa (MS). Sono state raccolte a fine luglio, le avevamo “in archivio”. Non trattano temi di stretta attualità, ma si prestano oggi
– per smontare parte della propaganda di regime che alimenta la guerra fra poveri con teorie tipo “i commercianti sono stati risarciti”. Molti lavoratori autonomi sono andati a gambe all’aria senza che il governo muovesse un dito!
– Per smontare parte della propaganda di regime che indica nei commercianti un “covo di reazionari”. Non ci vuole un particolare studio per capire che fra milioni di lavoratori autonomi, molti sono “di sinistra”, che non c’entrano niente con lo stereotipo dell’arrampicatore sociale. Eppure questo luogo comune è ben presente, soprattutto in certa “sinistra da salotto” che ha un’idea della realtà deformata dal soggettivismo.
– Per veicolare, con parole e concetti semplici e chiari, l’unica prospettiva positiva per le masse popolari in questa fase: unirsi senza riserve alla mobilitazione della classe operaia.
Facciamo del 30 di ottobre una grande mobilitazione popolare. Una giornata di protesta, ma soprattutto un’occasione di organizzazione e coordinamento per abbattere il governo Draghi e avanzare nella costituzione del governo di emergenza delle masse popolari organizzate.
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Intervista a Fabio, cuoco.
Parlaci della tua esperienza come ristoratore
Io sono entrato in società con un ristorante già esistente a Massa e che aveva chiuso l’attività a marzo 2020, con il primo lockdown. Lui voleva spostare il ristorante in altra zona e io ho deciso di entrare nella sua società perché in quel momento, lavorando da dipendente in un altro ristorante, non avevo più garantito né stipendio né cassa integrazione. Purtroppo i contratti in cucina sono praticamente inesistenti.
Perciò ho deciso di fare il passo di entrare in questa società, investendo qualche risparmio che avevo messo da parte.
Io e il mio socio, quindi, abbiamo riaperto il ristorante a settembre 2020.
Avremmo potuto aprire anche prima, dopo la fine del primo lockdown, ma dovevamo fare prima dei lavori.
Inizialmente, sulla scia delle “riaperture”, il lavoro c’era e andava anche molto bene. Devo dire che c’è stata una bella risposta da parte dei clienti, tanto che abbiamo dovuto anche assumere un collaboratore in cucina, oltre al ragazzo che già lavorava con noi. Lavoravamo sia a pranzo che a cena, attenendoci ovviamente alle regole (distanziamento, 4 persone max per tavolo, ecc) e agevolati dal fatto che possedevamo anche uno spazio all’aperto. Andato tutto bene, fino ai primi di novembre 2020 quando ci sono state le seconde chiusure.
Abbiamo provato a rimanere aperti facendo l’asporto, che in quel momento era l’unica cosa consentita, ma non funzionava. Abbiamo chiuso, ritrovandoci senza lavoro e con affitto e bollette da pagare. Essendo stata però la nostra prima chiusura, e forti dei buoni risultati ottenuti nei due mesi precedenti, siamo riusciti a rimanere in piedi anche se, purtroppo, senza più dipendenti, dal momento che non eravamo più in grado di garantire lo stipendio. Tra l’altro uno dei due ragazzi, non essendo rientrato per tempistiche relative alla sua assunzione nella cassa integrazione istituita per il Covid, è rimasto a casa senza percepire nulla!
Giunti a gennaio 2021 abbiamo riaperto solo a pranzo, ma fino a metà febbraio, perché poi ci sono state nuovamente le chiusure. In quei due mesi, abbiamo lavorato soprattutto con i pranzi di lavoro, ma pur sempre molto meno rispetto a settembre 2020, probabilmente perché molte persone erano in cassa integrazione, tante in smart working, molte sono state licenziate e comunque c’erano, in generale, meno soldi.
Richiuso completamente a febbraio, perché per noi l’asporto non funzionava, abbiamo riaperto a metà aprile 2021 e comunque solo a pranzo, perché eravamo ancora in zona gialla, e da lì siamo andati avanti fino a luglio 2021 quando abbiamo chiuso definitivamente, perché non si riusciva a pagare più nulla. Problemi economici, quindi, ma anche personali, che subentrano quando non riesci più a tirare avanti.
C’è stata molta intossicazione da parte del governo rispetto alle misure reali prese a sostegno della tua categoria. Ti chiediamo quindi tua esperienza: le tasse e i pagamenti sono stati sospesi? L’affitto dei locali è stato bloccato?
La nostra società ha ricevuto solo ed esclusivamente 2000 euro a novembre 2020, che ci sono serviti per pagare un mese di affitto e un paio di bollette. Non abbiamo ricevuto nessun altro aiuto da parte dello Stato, né tanto meno c’è stata la sospensione delle tasse o il blocco degli affitti. Se un aiuto abbiamo avuto, è stato quello del proprietario dello stabile che ci ha dimezzato l’affitto.
Per quanto riguarda la mia cassa integrazione, invece, che secondo il Governo avrebbe dovuto essere del 70% sullo stipendio, avendo lavorato prima di entrare in società, non percepivo neanche il 30-40%.
Il mio socio ha ricevuto 2 bonus da 600 euro, che, ovviamente, ha usato per le spese del ristorante. Io neppure quelli, avendo aperto la partita IVA solo a settembre 2020!
Quindi, sì. Per quanto riguarda la mia esperienza, le belle parole tanto sbandierate dal Governo, sono state solo fumo negli occhi e ti dirò di più: le aziende che traggono profitto, quelle grandi, sono rimaste tali anche dopo le chiusure. Quelle piccole, invece, o hanno chiuso i battenti o sono, tutt’oggi, col cappio al collo.
La mia esperienza lavorativa parte dall’essere lavoratore dipendente, perché nella mia vita, ad oggi, sono stato molto di più dipendente che imprenditore. Tra l’altro, proprio domani inizio un lavoro, di nuovo da dipendente e comunque ci tengo a dire che anche nei pochi mesi da imprenditore io non ho preso una lira!
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Intervista a Massimo, barista.
Com’è stata con il primo lockdown e com’è attualmente la situazione con il bar?
Con il primo lockdown la situazione è stata dura, perché siamo dovuti rimanere chiusi e le spese si sono sovrapposte e per recuperare non è facile.
Per fortuna il nostro bar, che è aperto da 28 anni, ha tanti clienti affezionati che ci hanno aiutato e che ci stanno aiutando per venirne fuori.
Cosa hanno fatto le Istituzioni, il Comune, il Governo?
Abbiamo avuto i famosi 600 euro durante il primo lockdown.
I primi sono arrivati ad aprile e non appena sono stati versati in banca, 300 euro ce li hanno presi per saldare la rata di un finanziamento. Sono poi arrivati 600 euro di maggio 2020 e poi basta! L’aiuto dello Stato è finito qua.
Quindi i problemi sono stati (e sono ancora) tanti. Anche per l’affitto del locale, che non è nostro, siamo dovuti ricorrere al rateizzo dei primi tre mesi di lockdown che stiamo finendo di pagare ora, dato che non abbiamo avuto sconti.
Quindi tanta intossicazione e basta. L’aiuto da parte del Governo è stato fumo negli occhi.
Si, certo. Perché anche se a noi sono state stoppate le bollette per 3 mesi, non appena abbiamo riaperto si sono tutte ripresentate. I 600 euro, quindi, sono serviti per il bar e se ho mangiato è stato grazie ai compagni che hanno fatto collette.
Anche con le tanto sbandierate riaperture lo Stato non ha fatto niente. Niente aiuti. Solo tante limitazioni.
C’è stato uno scambio di esperienze con altri? Conosci qualcuno che ha violato le misure imposte? Che cosa avrebbe potuto fare il Governo?
Si, c’è stato un iniziale scambio tramite la creazione di un gruppo whatsapp con altri commercianti, dal quale però mi sono tolto presto, per la presenza di personaggi notoriamente fascisti.
Per quanto riguarda invece alcune violazioni che ci sono state, so che sono state fatte tantissime multe e sono state tolte alcune licenze.
Il Governo avrebbe potuto fare di più, quello certamente, anche se so che ad alcuni sono arrivati maggiori sostegni rispetto ad altri e non ho idea di quale sia stato il motivo di certe disparità.
Le grandi imprese durante tutto il lockdown sono rimaste aperte ed hanno continuato ad incassare, mentre quelle piccole sono state duramente colpite dalle chiusure. Secondo te, potevate rimanere aperti anche voi?
Quello che dici è vero! Probabilmente durante il primo lockdown è stato giusto perché non si conosceva il virus e non si sapeva molto. Ma poi, una volta messe le regole sì, si poteva riaprire, anche perché abbiamo speso molti soldi per adeguare i locali ai protocolli sanitari: distanziamento, protezioni, ecc.
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Intervista a Beatrice, titolare di una pizzeria a conduzione famigliare.
Cosa ha significato questo anno per voi?
Noi abbiamo riaperto il 1° maggio 2020 dopo aver chiuso tutte le attività l’8 marzo, il giorno prima della chiusura obbligatoria: mia mamma era molto preoccupata per la situazione.
Noi, per fortuna, uscivamo da un’estate in cui gli incassi erano stati buoni, quindi per i due mesi di lockdown siamo riusciti ad andare avanti abbastanza bene.
E da quando abbiamo riaperto, il 1° maggio 2020, siamo rimasti sempre aperti, perché abbiamo fatto l’asporto. Ovviamente, considerando anche il calo dei turisti, l’affluenza è stata molto inferiore rispetto al passato.
Abbiamo seguito tutte le regole attentamente e ancora adesso cerchiamo di non fare entrare persone all’interno del locale.
Com’è andata con i contributi dati dallo Stato?
Il sostegno è arrivato solo una volta, a mia mamma, ma per un’attività che non c’entrava niente con la pizzeria. La proprietaria del locale ci ha ridotto l’affitto per i due mesi in cui siamo rimasti chiusi. Per il resto, invece, non è stato sospeso nessun pagamento.
Se ci fosse una nuova chiusura, secondo te quale dovrebbero essere le misure necessarie per sostenere le attività?
Partendo dal presupposto che, secondo me, il governo non è in grado di dare nessun tipo di auto concreto… comunque per lavorare bene dovrebbe abbassare le bollette per le utenze, diminuire gli affitti e dare un sostegno economico a tutti e non contributi per un monopattino o una bicicletta elettrica. Inoltre è importante sostenere le reti di organismi sociali: dovrebbero esserci più associazioni che aiutano le persone.
Quindi ciò che stai dicendo è che ritieni possibile più un aiuto dal basso che dall’alto?
Si. Il Governo Conte si è trovato del tutto impreparato di fronte alla pandemia, ma anche il governo Draghi è inadeguato. Forse persino peggio.