Raccontaci brevemente com’è nato il progetto di sostegno alimentare di Rifredi.
Il servizio è nato nella prima ondata da Potere al Popolo Firenze e nella seconda ondata abbiamo deciso di coinvolgere tutte le realtà del Circolo, quindi di farla diventare interna alla Casa del Popolo “il Campino”. Il progetto è nato da un passaparola tra volontari iniziando così ad ottobre 2020 per poi sospenderlo a giugno 2021.
Che tipo di risposta avete ricevuto dal quartiere? Siete riusciti ad allargare la rete di partecipazione a quanto già esisteva sul territorio? Se sì in che modo?
Sì, abbiamo allargato la rete grazie ai volantinaggi fatti nelle piazze principali tipo Piazza Dalmazia e abbiamo coinvolto le persone tramite i carrelli sospesi e le donazione di cibo. Oltre ai carrelli sospesi in tre Esselunga di Firenze (via Milanesi, Novoli e Galliano) abbiamo recuperato l’invenduto di alcuni negozi, principalmente dai forni del quartiere. Contattammo anche la Mercafir ed i mercati con frutta e verdura per prendere il cibo fresco, però rischiavano di arrivare al giorno della consegna non commestibili, quindi su questi abbiamo rallentato. Ci interessa coinvolgere oltre ai grandi supermercati anche le piccole realtà del territorio per recuperare l’invenduto.
Una delle questioni più dibattute all’interno degli organismi del Sostegno Alimentare (Brigate etc..) è di come non cadere nell’assistenzialismo e non agire come stampella del sistema. È una discussione che state affrontando e cosa state facendo per superarla?
Assolutamente sì, abbiamo sempre cercato di non cascare nell’assistenzialismo coinvolgendo le famiglie che venivano a prendere il pacco. Abbiamo cercato di coinvolgerle aprendoci con loro al dialogo e dando disponibilità di ascolto su tutti i temi che ci riportavano, possibilmente anche aiutandoli nelle loro difficoltà collegandoli a persone che potevano aiutarli. Ma soprattutto abbiamo cercato di coinvolgere queste famiglie con un pranzo alla sospensione del progetto di sostegno alimentare, per farli sentire parte di una comunità, socializzando tutti insieme; un domani ci sarà anche il progetto di coinvolgere queste persone nel progetto del Sostegno Alimentare di modo che diventi mutualismo vero e proprio, per cui mutuo aiuto, consegnare un pacco ad una famiglia che poi un giorno sarà lei stessa a consegnarne uno ad un’altra famiglia.
Il sostegno alimentare di Rifredi è nato all’interno della Casa del popolo di Rifredi “Il Campino”. Quali sono stati gli aspetti positivi che il gruppo ha sviluppato sul posto, dopo che dal 24 ottobre i Circoli e le Case del Popolo sono state chiuse?
Risponde la presidentessa _ È stata importante la folta partecipazione giovanile che nelle Case del Popolo purtroppo manca da molto tempo, perché le nostre condizioni di vita non ci permettono di fare del volontariato né ci permettono di tenere vivi questi posti.
Il sostegno alimentare non ha dato solo un aiuto al popolo di Rifredi, rispetto al precedente sostegno alimentare ha creato un rapporto con le attività di quartiere: ad esempio facendo i recuperi tra i commercianti e la grande distribuzione, facendo emergere oltre al risparmio economico la questione ambientale nonché politica dello spreco del cibo. Il gruppo ha fatto un’attività di collante tra le persone e le politiche sbagliate che vengono portate avanti anche dai piccoli commercianti che buttano il cibo invece di preoccuparsi di darlo a chi ne ha meno. Penso all’applicazione “Too Good To Go” che per i commercianti è remunerativa, ma immagino quante persone possano avere bisogno di non pagare il cibo perché vivono in condizioni di estrema precarietà.
Un’altra cosa importante è essere riusciti a tenere aperta la Casa del Popolo nel momento in cui era chiusa, rimanendo una presenza viva e un vero presidio nel quartiere, momento in cui era tutto chiuso. La notevole presenza giovanile del gruppo non si è limitata soltanto all’attività del sostegno alimentare, in parte si è occupata anche della Casa del Popolo, del collegamento con le altre attività del quartiere (come con i carrelli sospesi) facendo un notevole passo in avanti rispetto al precedente sostegno alimentare.
Quindi i gruppi di sostegno alimentare hanno avuto un ruolo di spinta ai fini delle riaperture delle Case del Popolo? Pensi che questi organismi favoriscano la rinascita e riapertura ed il loro ruolo nei quartieri?
Risponde la presidentessa _ Assolutamente sì. Chi faceva il servizio alimentare ha avuto un ruolo di spinta, magari questa spinta non è arrivata diretta al governo, ma ha fatto pressione a livello regionale; non territoriale perché abbiamo una sezione territoriale ARCI Firenze che ci ha sostenuti tantissimo in questo periodo. Sicuramente a livello regionale ci ha fatto percepire come qualcosa di vivo e di utile per il territorio e non solo come distributori di bevande o da affitta stanze, che col tempo dovrà sparire nelle Case del Popolo.
Sono state importanti tutte le attività che sono state svolte all’interno delle Case del Popolo, ad esempio un Circolo in collaborazione con delle femministe ha cucinato e distribuito il cibo ai senzatetto; insomma hanno funzionato quasi tutti i Circoli, tutti quelli che avevano una buona base di partenza di giovani presenti nella attività ordinarie.
Sul territorio fiorentino ci sono altri due sostegni alimentari, San Frediano ed Isolotto, con cui avete iniziato un confronto, inizialmente per un coordinamento in occasione del 25 aprile. Come è andata quell’esperienza e ritieni che sia utile un coordinamento cittadino dei gruppi di sostegno alimentare?
Principalmente ci siamo riuniti per organizzare la giornata del 25 aprile, che ci ha permesso di confrontarci sia sulle pratiche, cioè sul funzionamento del Sostegno Alimentare nei vari quartieri, sia per conoscere la popolazione di riferimento e le difficoltà incontrate nel coinvolgimento delle famiglie. La cosa che ci accomunava era non voler cadere nell’assistenzialismo per non essere un supplemento a qualcosa che mancava.
L’altra cosa che abbiamo notato è la differenza di gestione del sostegno alimentare nei vari quartieri. In alcuni casi il coinvolgimento delle famiglie era più facile perché italiani, mentre in altri è stato più difficile a causa della difficoltà linguistica: a parte la comunicazione verbale per informarli, il resto è stato difficile.
Lo scambio di esperienza è stato molto utile perché ci ha permesso di avere un supporto e un confronto continuo. È stato necessario per ridistribuire alcuni alimenti che erano di troppo come la pasta, per recuperare qualcosa che ci mancava, per orientare nel servizio alimentare più vicino a loro le famiglie che ci chiamavano.
Quali sono secondo voi le linee di sviluppo da intraprendere a settembre se riparte il Servizio Alimentare?
Sicuramente è coinvolgere più persone, perché l’idea è quella di riuscire a raccogliere l’ISEE delle famiglie per poter rientrare nel banco alimentare della Coop e in tutti gli altri servizi che ci sono sul territorio collegandoci anche con Asia USB che cura pratiche sull’emergenza abitativa in modo molto più strutturato.
Sicuramente c’è bisogno di maggior coinvolgimento delle persone del territorio oltre che delle famiglie a cui offriamo questo servizio per poter anche immaginare una strutturazione più grossa. Nonostante questo, per quanto riguarda la vendita delle borsine oppure eventi di vario tipo, anche di dibattito e di formazione, lo potremmo fare.
Il gruppo del sostegno alimentare si è sempre autofinanziato. Come vi siete organizzati e in che fasi?
Abbiamo iniziato con i soldi dei volontari perché per partire ci voleva una base e non da subito è partito l’auto recupero con i carrelli sospesi perché non è facilissimo interfacciarsi con le realtà per farsi dare dei beni inutilizzati e invenduti. Successivamente ci siamo sostenuti con le donazioni dei privati, sostanzialmente persone che si sono avvicinate alla causa, volontari che avevano più disponibilità e quindi hanno donato alla causa in modo da partire con delle spese mirate per acquistare beni che non erano presenti nei buoni pasto comunali. I prodotti per l’igiene personale e gli assorbenti non sono considerati come “spesa utile” anche se è una spesa che pesa sull’amministrazione familiare di molte famiglie soprattutto dove ci sono tante presenze femminili. In più abbiamo fatto delle borsine che sono state autoprodotte da due volontarie, che hanno messo a disposizione la stoffa, il tempo e la voglia; per noi sono un simbolo del sostegno e un riconoscimento della donazione a dimostrazione di dove vanno questi soldi, per ringraziare le persone che ci hanno donato i soldi. Abbiamo anche creato un crowdfunding su FB che è stato funzionale al sostentamento delle attività.