Su Resistenza n.6 abbiamo trattato dell’attacco repressivo ai danni di due nostri membri a seguito dell’esposizione, il 24 aprile a Reggio Emilia, di uno striscione che chiamava il premier Draghi con il suo nome: Boia.
L’identificazione dei due compagni e il sequestro dello striscione immediatamente successivi all’esposizione ha fatto il paio con l’ipotesi di reato subito contestato di offesa, oltraggio all’onore e al prestigio del corpo politico dello Stato. La celerità con cui tutto ciò è avvenuto conferma quanto il sistema vigente tema che la verità venga proclamata apertamente e si diffonda! Il vero oltraggio però lo hanno commesso le autorità che hanno provato a imbavagliare la libertà d’espressione tra l’altro proprio alla vigilia del 25 aprile! D’altronde, chiamare le cose con il proprio nome è un atto dovuto e per questo abbiamo rivendicato pubblicamente l’azione di propaganda. Il curriculum, che non è opinabile, di Draghi ci dà ragione.
A pochi mesi dai fatti, la richiesta di archiviazione da parte della Procura per il reato ipotizzato dimostra l’inconsistenza, anche sul piano tecnico legale, del teorema accusatorio imbastito dalla Questura di Reggio Emilia: la condotta, si legge nelle motivazioni, “non presenta gli elementi oggettivi richiesti” per l’oltraggio al corpo politico dello Stato anche perché l’offesa “risulta diretta ad una persona fisica specifica (…) piuttosto che ad un corpo politico inteso quale entità politica unitaria e quindi distinta da singoli individui che la compongono”.
Draghi riveste sì il ruolo di boia (e non per “cattiveria umana” del singolo o teorie simili) ma principalmente in quanto sintesi ed espressione di interessi di classe precisi, e cioè quelli della borghesia imperialista nostrana e non solo. È quindi una questione che attiene alla lotta di classe in corso: le riforme antipopolari presenti e passate (basti pensare all’Austerity in Grecia) e l’obiettivo di “tagliare la testa” alla mobilitazione operaia e popolare che cresce nel paese sono il contenuto di “Draghi Boia”.
Draghi non è espressione della volontà popolare: rispondere alle misure lacrime e sangue che il suo governo promuove affermando la verità sul suo conto è un primo piccolo passo, il secondo è arrivare a cacciarlo praticando ovunque la parola d’ordine degli operai GKN, Insorgiamo!
Organizzarsi e coordinarsi in ogni posto di lavoro, scuola e piazza è la strada da seguire per rigettare la repressione poliziesca, padronale e giudiziaria, per applicare le libertà conquistate con la Resistenza antifascista, per difendere i territori e l’apparato produttivo del paese dalla speculazione fino a cacciare il Boia Draghi e il suo governo!