Seguiamo l’esempio di Lenin e Mao Tse-tung, non quello della Seconda Internazionale e di Togliatti!
Agli inizi del ‘900 il modo di produzione capitalista entrò in crisi, una crisi generale e irreversibile. In ogni paese imperialista le masse popolari diedero vita a grandi mobilitazioni, i governi borghesi erano avviluppati nelle contraddizioni politiche ed economiche e si avviavano verso la Prima Guerra Mondiale (1914 – 1918) e i partiti socialdemocratici, riuniti nella Seconda Internazionale, erano tanto forti e organizzati quanto ideologicamente fragili, incapaci di elaborare una strategia e una linea per la rivoluzione socialista.
In ogni paese imperialista (tranne che in Italia) i partiti socialdemocratici votarono in parlamento i crediti di guerra e la borghesia imperialista riuscì così a intruppare milioni di proletari nella mobilitazione reazionaria, nel macello che fu la Prima Guerra Mondiale.
Privi di una concezione adeguata (concezione comunista del mondo), di una strategia per fare la rivoluzione socialista, intrisi di elettoralismo (le cose si cambiano passando dal parlamento e dalle istituzioni borghesi) ed economicismo (la rivoluzione si fa attraverso le lotte rivendicative, conquista dopo conquista), legati in mille modi alla classe dominante, i partiti socialdemocratici finirono col rispondere al richiamo della difesa della patria contro il pericolo dell’invasore straniero lanciato dalla borghesia imperialista, si accodarono alla propaganda di guerra e passarono armi e bagagli al campo nemico.
In questo modo lasciarono allo sbando centinaia di migliaia di proletari che pure si rifiutavano di combattere contro altri operai per gli interessi dei padroni.
In ogni paese imperialista il richiamo all’unità nazionale fu più forte del richiamo all’internazionalismo proletario e alla solidarietà di classe di cui i partiti della Seconda Internazionale, traditori del proletariato, facevano formalmente professione.
Con una sola eccezione, la Russia. Il partito comunista guidato da Lenin aveva una solida identità ideologica basata sulla concezione comunista del mondo, aveva una strategia per fare la rivoluzione. Aveva quindi gli strumenti per rifiutare il richiamo all’unità nazionale in nome degli interessi dello zar e per trasformare la mobilitazione reazionaria, la guerra, in spinta per la rivoluzione socialista.
L’esito della sua opera è storia: la Russia, che nel 1922 divenne URSS, uscì dalla guerra col trattato di Brest-Litovsk firmato con gli imperi centrali nel 1918 e assunse il ruolo di base rossa della rivoluzione socialista mondiale. La Seconda Internazionale si dissolse con l’onta del tradimento del proletariato mondiale.
Fra i tanti insegnamenti che si possono trarre da quegli avvenimenti, ci soffermiamo qui su uno in particolare: ogni classe dominante nel corso della storia spaccia i suoi interessi di classe per quelli di tutta la società. Ma la realtà sconfessa ben presto l’inganno. Non esiste nessuna identità di interessi fra borghesia imperialista e masse popolari. Gli interessi dei due campi sono sempre opposti e inconciliabili. Per nessun motivo, di fronte a nessun pericolo e nessuna minaccia, in nome di nessun “bene comune”, i capitalisti e le masse popolari possono cooperare. La classe che affama, sfrutta e opprime non diventa mai, di colpo, paladina degli interessi delle masse popolari in nome di un obiettivo comune!
I comunisti devono incarnare senza riserve gli interessi delle masse popolari. Se vengono meno a questo ruolo, vengono meno al loro compito storico, quello di guidare vittoriosamente la rivoluzione socialista. Devono quindi sviluppare la propria autonomia ideologica dalla borghesia per poter elaborare, in ogni occasione, una linea che metta al centro l’avanzamento della rivoluzione socialista.
Dopo la vittoria della rivoluzione in Russia e la costruzione di partiti marxisti-leninisti in tutto il mondo, l’affermazione dei revisionisti moderni nel movimento comunista internazionale (1956) riprodusse su vasta scala la concezione interclassista e collaborazionista che fu della Seconda Internazionale. Una deriva a cui si oppose il Partito Comunista Cinese guidato da Mao Tse-tung: il celebre scritto Sulle divergenze fra il compagno Togliatti e noi (1962) ne è una testimonianza.
Non è un caso che Mao Tse-tung abbia duramente criticato Togliatti: nei paesi imperialisti le tare ideologiche caratteristiche dei partiti della Seconda Internazionale non furono mai effettivamente superate, motivo per cui in nessun paese imperialista fu portata a termine la rivoluzione socialista, e proprio il PCI fu capofila della linea della collaborazione fra le classi fin dal 1945.
Nel 1945 il PCI soffocò la spinta rivoluzionaria del proletariato italiano in nome della costruzione di un’Italia democratica (sotto il tacco degli imperialisti USA e del Vaticano!). Agitando lo spettro di un futuro di fame e miseria chiamò le masse popolari a collaborare con i capitalisti, che le ripagarono con gli eccidi di operai e contadini, con la deportazione delle popolazioni del Sud verso Nord, con i salari da fame, ecc.
Negli anni ‘70 del secolo scorso, agitando il pericolo del colpo di Stato e delle stragi fasciste, il PCI chiamò il proletariato italiano a “difendere la democrazia”. “Uniti contro il terrorismo” era la parola d’ordine di padroni, sindacati di regime, PCI e Vaticano. La posta in gioco però non era affatto la difesa della democrazia dalla reazione fascista, ma l’isolamento e la sconfitta del movimento rivoluzionario guidato dalle Organizzazioni Comuniste Combattenti.
Ogni volta che la classe dominante chiama all’unità nazionale per il bene comune cerca, in realtà, di mobilitare le masse popolari per qualcosa che va contro i loro interessi.
Così è stato per l’ingresso nella UE (1992), così per l’Euro (1999), così per la partecipazione alle “guerre contro il terrorismo” in Afghanistan (2001) e Iraq (2003). Così è, oggi, per la “lotta alla pandemia”.
La classe dominante presenta la pandemia come la minaccia da sconfiggere con la mobilitazione al di sopra delle classi, degli interessi di classe e della lotta di classe. Chiama le masse popolari a mobilitarsi “nella guerra contro il virus” e a “fare i sacrifici necessari”. Ma è solo propaganda reazionaria, propaganda di guerra. E i sacrifici di questa guerra sono solo le masse popolari a pagarli.
I capitalisti usano la pandemia per fare affari. In ogni ambito, contesto e condizione l’obiettivo di ogni capitalista è fare profitti, battere la concorrenza, tenere sottomesse le masse popolari promuovendo in mille modi la guerra fra poveri.
La questione è: i comunisti possono chiamare i lavoratori e le masse popolari a collaborare con le manovre che la classe dominante impone nella “guerra contro la pandemia”? Possono indicare alle masse popolari di schierarsi per una o l’altra delle fazioni che si creano per iniziativa della classe dominante? Possono promuovere o partecipare alla “caccia al nemico della patria” scatenata dalla classe dominante?
Detto in altri termini: devono imparare i comunisti dalla storia e dalle esperienze passate?
Sembrano domande retoriche, ma l’influenza del revisionismo moderno nel nostro paese porta molti compagni a smarrire la strada.
Li vediamo ingrossare le fila dei sostenitori del Green Pass “per spingere la popolazione a vaccinarsi”, quando esso non è una misura sanitaria, ma solo uno strumento di repressione e discriminazione nelle aziende, nelle scuole, nelle università… un mezzo attraverso cui i capitalisti smantellano ulteriormente le conquiste di civiltà e benessere ottenute dalle masse popolari con la lotte nei decenni passati, fomentando utili contrapposizioni.
Li vediamo sostenere a gran voce il licenziamento di lavoratori della sanità, quelli che un anno fa erano “eroi” e oggi sono additati come nemici del popolo perché esercitano il diritto a non sottoporsi a un trattamento sanitario che il governo e lo Stato non hanno la forza – né il coraggio – di imporre per legge.
Li vediamo deridere e criminalizzare le migliaia di persone che scendono in piazza solo perché le manifestazioni non sono convocate da sindacati e partiti di sinistra, troppo impegnati a reggere il sacco al governo Draghi (per quanto riguarda i sindacati di regime) o troppo intrisi di “politicamente corretto” (gli altri).
Questo navigare a vista in mezzo alla tempesta, senza scopo, senza meta, porta al carro della classe dominante.
Noi comunisti abbiamo il dovere di conoscere, assimilare e usare la concezione comunista del mondo. È un dovere in ragione della responsabilità che ci assumiamo di cambiare il mondo, di fare la rivoluzione, di guidare la classe operaia e le masse popolari a instaurare il socialismo.
Da comunisti ci mobilitiamo contro la pandemia e facciamo la guerra ai responsabili delle centinaia di migliaia di morti di cui essa è stata concausa: i morti li fanno il capitalismo e la classe dominante, non il virus. I paesi socialisti (Cina, Cuba, Vietnam…) lo dimostrano: non guerra fra poveri e campagne terroristiche, ma tracciamento dei contagi, isolamento dei positivi, sanità territoriale, cure precoci e vaccini, nel contesto di una sanità che mette al centro il diritto alla salute.
Da comunisti respingiamo ogni divisione e contrapposizione fra settori delle masse popolari. Pro-vax e No-vax? Non siamo allo stadio! Non è l’infermiere o l’operaio “No-vax” a licenziare, a speculare sulla sanità, a sfrattare e buttare le famiglie in mezzo alla strada, a tagliare sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, a devastare l’ambiente per il TAV…
Da comunisti dobbiamo prendere atto del disastro culturale e intellettuale prodotto dal dominio del capitalismo sulla società, dell’ignoranza, delle superstizioni, dei pregiudizi, dei piccoli interessi particolari, dell’egoismo e dell’individualismo che regnano fra ampie fette delle masse popolari: è inevitabile che sia così. Ma il compito nostro non è giudicare, condannare e punire chi “non capisce”, “non è avanzato”, “è manovrato dalla classe dominante”: noi dobbiamo trasformare la guerra fra poveri in guerra dei poveri contro i ricchi, educare, formare, organizzare la classe operaia e le masse popolari, a partire dai loro elementi più avanzati.
Abbiamo gli strumenti per imparare dalla storia e li mettiamo a disposizione di tutti coloro che vogliono servirsene. Seguiamo l’esempio di Lenin e Mao Tse-tung, non quello dei i socialdemocratici della Seconda Internazionale e di Togliatti!
Il nostro compito è promuovere la rivoluzione e instaurare il socialismo, non portare acqua al mulino di chi ci opprime.