Care compagne e compagni,
care lettrici e lettori della “Staffetta Rossa”,
il 25 maggio 2021 l’Agenzia Stampa del Partito dei CARC, “la Staffetta Rossa”, ha pubblicato l’articolo: “Sergio Mattarella, la Mafia e la nuova liberazione del paese”. Tale articolo ha suscitato dentro e fuori dal Partito un certo dibattito che ci ha portati alla decisione di modificare parte dell’articolo e fornire le dovute spiegazioni.
Prima di tutto è utile specificare gli obiettivi e le ragioni per cui l’articolo è stato steso. L’Agenzia Stampa per il Partito dei CARC è organo d’opinione, orientamento e agitazione, che si occupa innanzitutto di casi di attualità, di fare denuncia informata e di portare la linea dei comunisti nel dibattito pubblico.
L’articolo su Sergio Mattarella si inserisce in una serie di pezzi di denuncia informata basati su monografie e articoli riguardanti alcune personalità e personaggi della Repubblica Pontificia, con l’obiettivo di strappare il velo di omertà e copertura della reale natura di tali figure. A differenza degli altri articoli di questo filone, quello su Mattarella ha presentato nella sua stesura, revisione e pubblicazione, alcuni limiti che vogliamo trattare pubblicamente.
Avremmo potuto decidere semplicemente di modificare l’articolo e diffonderlo, ma illustrare il perché delle modifiche è una questione di serietà verso chi ci legge e utilizza i nostri scritti come guida per l’azione, ma anche un modo per dare ulteriore risalto ai contenuti del pezzo e mettere in maggiore evidenza limiti ed errori su cui è importante alimentare il dibattito nel movimento rivoluzionario.
- La prima versione dell’articolo chiama “mafioso” il Presidente della Repubblica Pontificia apertamente e senza tenere conto del fatto che in Italia, come nel resto dei paesi imperialisti, vige il regime di controrivoluzione preventiva, fondato su cinque pilastri, di cui la repressione dei comunisti e delle avanguardie delle masse popolari è uno dei suoi cardini.
L’articolo, per com’era scritto, faceva passare l’idea che tutto sommato in regime di democrazia borghese sia effettivamente possibile dire liberamente tutto quello che ci passa per la testa. È un modo di esprimersi slegato dalla realtà, fa pensare che tutto sommato il regime di controrivoluzione preventiva non esiste. È un approccio che portato alle estreme conseguenze finisce per smentire un elemento fondamentale della visione del mondo e linea dei comunisti: la clandestinità del partito comunista. A che serve la clandestinità se godiamo di tali libertà? La clandestinità del Partito Comunista, in Italia del (n)PCI, è invece necessaria proprio in virtù della necessità dei comunisti di costruirsi un’autonomia ideologica, organizzativa, economica e anche giuridica rispetto al nemico e ai suoi organi repressivi.
Il Partito dei CARC, che della Carovana del (n)PCI fa parte, non è quel partito. Esso è invece l’organizzazione dei comunisti che lavorano pubblicamente alla costruzione del Governo di Emergenza Popolare e che sfruttano al massimo i residui delle libertà borghesi, anche valicandoli quando necessario, per alimentare l’organizzazione delle masse popolari, il loro coordinamento fino a imporre tale governo, contribuendo, con la propria opera, alla rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato. - nell’articolo poi si diceva che è in atto una guerra di sterminio contro le masse popolari.Qui l’errore attiene alla dicitura “guerra di sterminio” anziché “guerra di sterminio non dichiarata”. Non è questione di forma ma di contenuto.
Dire che è in atto una guerra di sterminio, senza specificare che non è ancora aperta e dichiarata, significa strizzare l’occhio a tesi tipiche della sinistra borghese sul moderno fascismo e sulla vittoria ormai compiuta della mobilitazione reazionaria su quella rivoluzionaria. In particolare la sinistra borghese quando si trova davanti a fenomeni che non sa spiegarsi o non sono pienamente in linea con le sue idee di lotta, ribellione e di società, tende ad etichettarle come fasciste e reazionarie. Così facendo, aggravandosi la crisi generale del capitalismo e allargandosi nelle forme più diverse e contraddittorie la resistenza spontanea delle masse, si finisce col vedere il fascismo alle porte, perché si vedono fascisti ovunque! Si tratta di diversione dalla realtà. Guerra di sterminio aperta e fascismo hanno a che fare con la rottura definitiva da parte della borghesia della sua stessa legalità e del suo stesso regime democratico. Ciò avviene a causa delle sue contraddizioni interne e dall’incapacità di tenere a bada, conquistare consensi e orientare il modo di vivere e di pensare delle masse popolari. - in chiusura l’articolo riportava la seguente frase: “La Repubblica Pontificia […] ha le ore contate. È sempre più vicino il giorno in cui […] la spazzeremo via!”. L’affermazione è scorretta, è un’affermazione che lascia intendere che domani mattina ci sarà l’assalto al palazzo d’inverno e la resa dei conti con il nemico di classe. Non infondiamo fiducia negli operai e nelle masse popolari dicendogli che domani mattina prenderanno il potere, essa va infusa rispetto a quello che le masse popolari e i comunisti devono fare oggi. Non bisogna prospettare imminenti rese dei conti nello scontro tra le classi tanto quanto non bisogna dare credito a chi sposta la rivoluzione avanti di cinquant’anni ogni cinquant’anni: in entrambi i casi anziché infondere fiducia si alimenta disfattismo!
Di seguito trovate la versione corretta dell’articolo, che sarà ripubblicata, sostituendo la versione precedente, a questo link.
Il responsabile dell’Agenzia Stampa “Staffetta Rossa”
Marco Coppola
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[Italia] Sergio Mattarella, la Mafia e la nuova liberazione del paese
All’indomani dell’elezioni di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica il (nuovo) Partito Comunista Italiano, scriveva:
«La connivenza con le Organizzazioni Criminali è per la borghesia italiana una necessità dettata dalla sua lotta contro le masse popolari, come lo è la connivenza con la Corte Pontificia e la gerarchia ecclesiastica. I gruppi e i personaggi che hanno avuto potere nella Repubblica Pontificia si distinguono solo tra quelli che hanno direttamente favorito l’ascesa delle Organizzazioni Criminali e quelli che vi hanno acconsentito. Quanto alla famiglia di Sergio Mattarella, è stato vietato anche solo parlare del suo ruolo nella Mafia e in particolare nella strage di Portella della Ginestra (1947): per averne parlato, Gaspare Pisciotta finì avvelenato in carcere e Danilo Dolci fu condannato per diffamazione. Chi invoca a prova dell’impegno antimafia della famiglia di Sergio Mattarella l’eliminazione (gennaio 1980) del fratello Piersanti Mattarella o l’opposizione (luglio1990) di Sergio Mattarella all’ascesa della banda Berlusconi, confonde le lotte tra cosche mafiose rivali con la lotta contro la Mafia. A questa stregua anche Salvo Lima (anche lui vittima nel marzo 1992 delle guerre di mafia) andrebbe annoverato tra i protagonisti della lotta contro la mafia e la criminalità organizzata!»
[Comunicato n.5/2015 del Comitato Centrale (n)PCI – 2 febbraio 2015]
“O si sta contro la mafia o si è complici, non ci sono alternative”. Queste sono, invece, le parole del Presidente della Repubblica Pontificia, Sergio Mattarella, dall’aula bunker dell’Ucciardone a Palermo, durante la commemorazione della strage di Capaci in cui persero la vita il magistrato Giovanni Falcone e la sua scorta. Parole, riprese dai principali organi di informazione nazionali, che alimentano il velo di ipocrisia e falsità tipico della Repubblica Pontificia, dei suoi segreti, inganni e traffici.
Proprio con l’elezione di Sergio Mattarella, infatti, tante associazioni e organismi di familiari delle vittime della Mafia avevano sperato e creduto in un suo intervento incisivo e forte nella lotta alle Organizzazioni Criminali. Speranze e fiducia che sono state tradite. Oltre a parole di circostanza e dichiarazioni di facciata, questi familiari e vittime non hanno potuto vedere molto altro. Non c’è mai stato un reale schieramento pubblico al fianco delle associazioni che richiedono verità e giustizia per i morti di Mafia, così come non è stato reso pubblico nessuno dei documenti segreti circa questi assassinii e stragi.
Un esempio? Vincenzo, padre di Nino Agostino, assassinato da Cosa Nostra nel 1989, avvicinandosi l’archiviazione del caso circa la morte di suo figlio, ha più volte chiesto a Mattarella di essere ricevuto, ottenendo di tutta risposta dinieghi per i troppi impegni del Presidente. Perché Mattarella ha rifiutato di incontrare il padre di un poliziotto ammazzato da Cosa Nostra, che tra le altre cose aveva contribuito alle indagini proprio sulla morte di suo fratello Piersanti? La risposta evidentemente sta proprio il quel comunicato del (n)PCI con cui abbiamo aperto questo articolo e consiste nel ruolo reale ricoperto dalla famiglia Mattarella nei vertici della Repubblica Pontificia, quali “referenti politici delle cosche mafiose”.
Della famiglia Mattarella e delle sue relazioni con la Mafia siciliana non se ne deve parlare. Eppure è risaputo il ruolo che ebbe Bernardo Mattarella, padre di Sergio, nella strage di Portella della Ginestra (1947). Così come è risaputa la brutta fine che fece il pentito Gaspare Pisciotta (morto avvelenato in carcere) per il solo fatto di aver detto la verità su quei misfatti; stesso discorso per la condanna per diffamazione ricevuta da Danilo Dolci per lo stesso motivo.
Nel 1992, l’ex ministro Martelli, riprese dei documenti della commissione antimafia datati 1976 a firma di Pio La Torre (dirigente del vecchio PCI e sindacalista), nei quali affermava: “Mattarella ha traghettato la Mafia dal fascismo verso la DC. Quell’incontro Mafia, politica e massoneria ha dato origine al potere dei Mattarella in Sicilia che continuerà con il figlio Piersanti”. Cosa ulteriormente confermata nel 2016, quando, il pentito Francesco Di Carlo ha dichiarato che Bernardo Mattarella gli era stato presentato come uomo d’onore della famiglia di Castellammare del Golfo da Calogero La Volpe, tra il 1953 e il 1954. Dichiarando inoltre che aveva avuto modo di frequentare la casa di Mattarella e che sarebbe entrato in Cosa Nostra proprio grazie alla famiglia della moglie di Bernardo Mattarella, Maria Buccellato. La famiglia Buccellato vanta esponenti di spicco in Cosa Nostra tanto quanto nelle istituzioni.
Non regge, quindi, l’idea di giustificare l’antimafia di Sergio Mattarella con l’omicidio del fratello Piersanti. Proprio di Piersanti Mattarella sono comprovati, sempre grazie ai documenti della commissione antimafia firmati da Pio La Torre, i rapporti con i cugini Salvo e Stefano Bontate.
Quando il (n)PCI indica Sergio Mattarella uno dei referenti politici delle cosche mafiose, ha ragione! Diciamo questo perché ne condividiamo l’analisi, confermata dai fatti concreti suoi, della sua famiglia e dei suoi compari politici. Prendere atto del reale ruolo di Mattarella e delle attività con cui ancora oggi punta a proteggere e coprire i suoi mandanti, protettori e compari è particolarmente istruttivo per comprendere la reale natura del regime politico del nostro paese e quale sia la via per fare piazza pulita dei suoi promotori e dei loro pupazzi e fenomeni da baraccone.
La lotta alla Mafia è un pezzo della lotta per liberare il nostro paese dalle forze occupanti che tengono in scacco e opprimo gli operai, i lavoratori, i precari e i disoccupati. Una lotta in cui fare piazza pulita dei gruppi imperialisti USA, UE e sionisti, del Vaticano, delle Organizzazioni Criminali e di tutte le associazioni dei padroni come Confindustria. Questa è la liberazione del paese che serve e che le masse popolari italiane guidate dai comunisti sono chiamate a fare. Questa la via per mettere fine alla guerra di sterminio non dichiarata che la borghesia imperialista gli muove contro, che oggi ha come suoi alfieri Sergio Mattarella e il commissario inviato dall’UE Mario Draghi. Una liberazione che oggi passa dalla costituzione di organismi operai e popolari che in ogni azienda e quartiere non devono tregua al nemico, ma moltiplicarsi, coordinarsi e agire da nuove autorità fino a imporre un proprio governo, un Governo di Emergenza Popolare. Questa la via per costruire e rafforzare le condizioni per fare dell’Italia un nuovo paese socialista.
I comunisti del nostro paese da sempre hanno combattuto la Mafia e il suo ruolo di oppressione, repressione e sfruttamento delle masse popolari in combutta con gli altri poteri che dirigono lo Stato. Un ruolo che oggi va ripreso, rinnovato e portato fino in fondo, fino all’instaurazione del socialismo in Italia. Facciamo nostra l’affermazione del compagno Peppino Impastato “la Mafia è una montagna di merda” portandola alle sue estreme conseguenze. La Repubblica Pontificia è una montagna di merda. Per porre fine a questo stato di cose gli operai, i lavoratori, i precari e i disoccupati del nostro paese, insieme ai comunisti, faranno valere tutta la loro forza e spazzarla via!