[Italia] Intervento del P. CARC al seminario di Marx XXI sulle questioni internazionali

Il 24 luglio 2021, la rivista Marx XXI ha tenuto un seminario sulla piattaforma ZOOM cui sono state invitate diverse organizzazioni e redazioni di riviste on-line. Il tema del seminario sono le recenti questioni internazionali che interessano il ruolo degli USA e della NATO, in particolar modo il tentativo di promuovere ad un livello superiore la propria guerra economica e politica nei confronti della Cina e della Russia e la tendenza alla guerra che tutto ciò alimenta. Il tema è di certo molto interessante: l’analisi dei sommovimenti a livello internazionale danno la reale misura delle contraddizioni che esistono oggi tra i vari paesi e gruppi di paesi (tra la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti e i cosiddetti “stati canaglia”, tra gli stessi gruppi imperialisti USA e UE e sionisti,  ecc.) e sono la conferma che sotto la direzione della borghesia imperialista non c’è futuro possibile per milioni di proletari in tutto il mondo.

Al seminario ha partecipato Ermanno Marini, della Direzione Nazionale del P. CARC. Trasmettiamo per intero il suo intervento.

Fiduciosi che confronti di questo tipo si moltiplichino e siano forieri di una maggiore intesa e unità d’azione tra i partiti e gli organismi che vogliono farla finita con la crisi del sistema capitalista e avanzare verso il Socialismo, vi auguriamo buona lettura.

***

Intervento del P. CARC per il seminario online organizzato da Marx XXI il 24.07.2021

Concordiamo con gli organizzatori del seminario che “il ciclo politico apertosi con le controrivoluzioni del 1989-1991 è chiuso e una nuova fase mondiale è aperta”. È finita “l’epoca di nera reazione” iniziata negli anni ’70 del secolo scorso e ben prevista da Stalin come conseguenza inevitabile di un eventuale declino dell’Unione Sovietica. E concordiamo anche che “i rischi di guerra diventano concreti ed interessano aree del mondo molto vaste”. I rischi di guerra sono concreti. Diciamo di più: la guerra si è già estesa a gran parte dell’Africa e dell’Asia!

A questo non c’è un rimedio a metà strada. Non si tratta di “mantenere la pace” a fronte della corsa alla guerra in atto, di mantenere una pace che non c’è. Porre fine alla corsa alla guerra è possibile, per porvi fine c’è un solo modo: instaurare il socialismo nei paesi imperialisti. A fronte dell’attuale corsa alla guerra i comunisti devono ricordare il discorso che nel 1916 Lenin fece a una grande dirigente comunista dell’epoca, Rosa Luxemburg: solo la rivoluzione socialista poteva porre fine alla guerra. E così è stato.

Per capire in modo giusto la situazione bisogna partire dalla crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale che da circa 40 anni a questa parte sempre più strettamente determina il corso delle cose nel mondo. La sostanza di questa crisi consiste nel fatto che a livello mondiale e considerando tutti i settori produttivi, il capitale accumulato è tanto che, se i capitalisti lo impiegassero tutto nelle loro aziende che producono merci (beni e servizi), estrarrebbero una massa di plusvalore (quindi di profitto) inferiore a quella che estraggono impiegandone solo una parte. In un sistema di relazioni sociali capitaliste la borghesia deve valorizzare il capitale, ma, stante gli ordinamenti esistenti, la borghesia non poteva investirlo nella produzione di merci. Questo ha dato luogo a tutti gli sviluppi che constatiamo e che rientrano nei seguenti cinque campi:

– spremitura delle masse popolari (riduzione dei redditi ed eliminazione dei diritti e delle conquiste strappate nel passato),

– finanziarizzazione dell’economia reale e sviluppo su enorme scala del capitale speculativo,

– ricolonizzazione dei paesi oppressi e sfruttamento dei paesi ex socialisti,

– devastazione della Terra: saccheggio delle risorse naturali, cambiamento climatico, inquinamento dell’ambiente, devastazione del territorio, decadenza della salute fisica e mentale, pandemie,

– lotta tra capitalisti ognuno dei quali cerca di ingrandirsi a spese di altri capitalisti.

Gli sviluppi in ognuno di questi cinque campi hanno come sbocco la guerra: la guerra è un effetto inevitabile del capitalismo in crisi. La crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale, pur nascendo dall’economia, è una crisi che diventa generale – cioè anche culturale, sociale e, per quanto riguarda la crisi attuale, ambientale – e trova la sua soluzione sul terreno politico, cioè nello sconvolgimento degli ordinamenti sociali a livello di singolo paese e del sistema di relazioni internazionali (tra paesi). La guerra che dilaga nel mondo non è nata dalla cattiva volontà o dai calcoli sbagliati di uno o dell’altro dei membri della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti né come effetto della cattiva volontà dell’uno o dell’altro dei criminali che sono a capo dei governi dei loro paesi. La guerra certo viene fatta nell’interesse dei gruppi imperialisti e arricchisce soltanto loro. Ma essa è un parto necessario della crisi generale del capitalismo e non è possibile porre fine alla guerra senza rovesciare il sistema capitalista almeno in alcuni dei maggiori paesi imperialisti, cioè senza un salto della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti, senza che almeno uno dei grandi paesi imperialisti rompa le catene della Comunità Internazionale e in questo modo apra la via e mostri la strada anche alle masse popolari degli altri paesi.

Protagonisti principali della corsa alla guerra oggi sono i gruppi imperialisti USA. Essi sempre più perdono il loro ruolo e la loro posizione preminente in campo economico e nel sistema delle relazioni politiche internazionali: la fuga dall’Afghanistan è l’ultima manifestazione di questo. L’espansione economica e politica nel mondo della RPC è apparentemente l’alternativa e la causa del declino dei gruppi imperialisti USA: oggi la RPC produce il 50% dell’acciaio mondiale e gli USA, che ne producevano più del 25% nel 1965, oggi ne producono meno del 5%. L’America Latina, l’Africa e l’Asia sono il campo in cui lo scontro è più netto. In questo contesto i gruppi imperialisti USA sono sempre più tentati di far valere la loro preminenza militare: le basi NATO si dispiegano in una parte crescente del mondo, in Europa, in Asia e in Africa. L’Italia è sede dei comandi operativi di questo dispiegamento e dell’intervento delle truppe NATO che operano in Africa e in Asia.

L’ostacolo, l’opposizione più importante a questo corso delle cose è costituito dal malessere, dal malcontento e dall’insofferenza delle masse popolari dei paesi imperialisti, in primo luogo dalle masse popolari degli USA. I comunisti si stanno occupando poco di sviluppare questo ostacolo. Anche il Partito Comunista Cinese sembra occuparsene poco, sembra dare poco peso a questo che è invece l’ostacolo principale alla corsa alla guerra, anche se oggi è ancora un ostacolo potenziale appunto perché i comunisti se ne occupano poco. Oggi questo malcontento è manipolato dalla destra reazionaria (Trump negli USA, Marine Le Pen in Francia, AFD in Germania, ecc. e, in Italia, l’accoppiata Meloni-Salvini) molto più di quanto sia valorizzato dal movimento comunista. Ma esso è l’ostacolo principale, di prospettiva alla corsa alla guerra. Le masse popolari USA hanno sempre recalcitrato a farsi coinvolgere in guerre, Wilson e Roosevelt hanno dovuto manipolarle per entrare nelle due guerre mondiali. È quello che oggi cerca di fare il complesso militare-industriale-finanziario USA, ma ha difficoltà a portarlo in porto.

Quindi il campo d’azione dei comunisti è vasto, fecondo, di prospettiva. Noi esortiamo tutti i compagni a impegnarsi in questo campo e, nei limiti delle loro possibilità, a spingere anche il Partito Comunista Cinese a impegnarsi in questo campo e a contribuire alla rinascita del movimento comunista negli USA.

Per quanto riguarda il nostro paese, certo che occorrono mobilitazioni contro la guerra, contro la presenza di basi, comandi e agenzie NATO, contro l’uso del territorio italiano da parte degli USA per inviare truppe ed effettuare bombardamenti aerei e da parte di Israele per fare esercitazioni militari, contro la connivenza, complicità e collaborazione del governo Draghi, dei governi che lo hanno preceduto (perché anche i governi M5S rispetto alla NATO hanno fatto poco o niente), contro la partecipazione delle Forze Armate italiane. Ma in definitiva quello che può mettere fine alla corsa alla guerra è un salto della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti, almeno in uno dei grandi paesi imperialisti.

Per questo bisogna che noi comunisti

•          denunciamo sistematicamente e senza riserve il sostegno militare, finanziario, commerciale e politico che i governi delle Larghe Intese hanno dato e danno alla NATO e alle sue guerre;

•          promuoviamo ogni forma di opposizione (sciopero, disobbedienza, boicottaggio, sabotaggio) contro di esso, estendendo quello che hanno fatto i portuali a Genova e in altre città;

•          indirizziamo l’opposizione popolare alla guerra (quella condotta già anche con mezzi militari) alla lotta contro la guerra di sterminio non dichiarata condotta dalla borghesia contro le masse popolari del nostro paese, contrariamente a quanto fanno Bergoglio e altri. Essi cercano di distogliere l’attenzione delle masse popolari dalla guerra di sterminio non dichiarata (che le colpisce direttamente e su vasta scala) a cui esse possono e devono far fronte e deviarla verso la guerra militare a cui non possono far fronte se non fanno fronte alla prima.

Teniamo ben presente l’insegnamento di Lenin: chiedere che i governi dei gruppi imperialisti pongano fine alla guerra, supplicarli, inveire contro di loro, minacciare, esortare, scongiurare, supplicare, esigere, proclamare, strepitare, dimostrare nelle strade e nelle piazze perché essi cambino strada senza promuovere l’instaurazione del socialismo significa ingannare il popolo, infondendogli false speranze, ritardando il giorno in cui vedrà chiaro, fargli in realtà accettare per intanto la corsa alla guerra. La corsa alla guerra non è sorta e non dilaga per volontà di questo o quel governo, di questo o quel gruppo imperialista, ma è come il fetore che promana da un cadavere in decomposizione.

Combattere contro la guerra oggi significa principalmente promuovere l’organizzazione delle masse popolari, in primo luogo dei lavoratori delle aziende capitaliste (cioè degli operai) perché in ogni paese imperialista approfittino delle condizioni favorevoli che concretamente esistono in quel paese e instaurino un loro governo d’emergenza.

Tutte le altre forme di lotta per la pace, di protesta contro la guerra hanno effetti positivi solo se il movimento comunista le combina con l’unica efficace forma di lotta contro la guerra e per un mondo in pace, se le facciamo servire come strumenti ausiliari della rivoluzione socialista, come spunti e rivoli che alimentano la rivoluzione socialista.

Per mettere fine alla corsa alla guerra, bisogna instaurare il socialismo nei paesi imperialisti! I comunisti italiani devono instaurare il socialismo in Italia e contribuire alla rinascita del movimento

Ermanno Marini, Direzione Nazionale del P. CARC

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