L’Emilia Romagna è governata da un sistema mafioso e poliziesco con alla testa il PD, in cui la ‘ndrangheta sguazza con il benestare di tutto il ceto politico locale e nazionale. Quello che questo sistema proprio non può tollerare è il grande sommovimento e le mobilitazioni di cui si stanno rendendo sempre più protagoniste le masse popolari.
Un esempio su tutti è la lotta dei facchini della logistica. Bloccare per settimane i magazzini di Bologna e Piacenza, significa mettere in ginocchio l’intera filiera logistica del paese. La risposta della classe dominante si è tradotta, in questo caso, in denunce, manganellate e arresti a danno dei dirigenti locali e iscritti del SI Cobas.
Altro esempio sono i maxi processi in corso a Modena a danno di decine di operai, sempre del Si Cobas, che negli scorsi anni hanno fatto valere il loro diritto a scioperare.
Quello emiliano è un sistema rodato di repressione ai danni delle masse popolari che si organizzano dentro e fuori i posti di lavoro: a Carpi decine di compagni della rete antifascista cittadina hanno appena concluso il primo grado di giudizio per aver contrastato un presidio di Forza Nuova nel 2016.
Il sistema giudiziario modenese non ha perso occasione per distinguersi nuovamente nella repressione popolare, operaia e contro le compagne e i compagni.
Infatti, il giudice Francesco Cermaria ha sì ribaltato il primo teorema accusatorio della Procura ma ha deciso di provare a rifare tutto dall’inizio indiziando i compagni e le compagne, tra gli altri capi d’accusa, di adunata sediziosa armata con lo scopo di sovvertire l’ordine pubblico e arrivando a condannare un compagno per aver avuto con sé un moschettone…
A tutte e tutti loro va la nostra piena e incondizionata solidarietà: giusto resistere ma è ora di iniziare a ragionare sul passare dalla difesa all’attacco!
Respingere l’attacco del nemico significa tessere la più ampia rete possibile di solidarietà di classe, così da minare le fondamenta dell’attacco stesso. La solidarietà di classe è il filo che unisce ogni singola lotta ed esperienza: anche la lotta alla repressione deve diventare sempre più una questione di ordine pubblico e cioè una questione di natura squisitamente politica, oltre il solo piano legale!
Significa cioè avanzare nel costruire un nuovo “ordine” pubblico e sociale, quello fondato su organismi, collettivi, gruppi, comitati, ecc. operai e popolari in ogni dove. In questo, la rinascita del movimento comunista è aspetto essenziale
“Far ricadere il masso sulla testa di chi lo ha sollevato” significa trasformare la repressione in uno strumento per l’organizzazione e il coordinamento operaio e popolare..
Certamente, se è (ed è) una questione di ordine pubblico non bisogna quindi farsi legare le mani delle leggi e dalle prassi del nemico: è legittimo tutto ciò che va negli interessi delle masse popolari, anche se illegale!
È legittimo difendere e applicare i valori della Resistenza antifascista: questa terra ha spiegato le SS, non sarà di certo uno zelante giudice a fermare la riscossa!
Passare da accusati ad accusatori: a Carpi vengono contestate grida sediziose o lesive del prestigio dell’autorità… e i morti nel carcere S. Anna di Modena (sotto la responsabilità e la tutela dello Stato) e sopratutto l’archiviazione chiesta dalla Procura e avallata dal GIP Andrea Salvatore Romito cosa dicono del “prestigio dell’autorità”?
Il vero oltraggio sono le quotidiane morti sul lavoro, lo sfruttamento selvaggio, la devastazione ambientale e il bavaglio con cui provano a limitare/impedire la libertà di espressione conquistata con la resistenza antifascista!
Per farla finita davvero con la repressione dei padroni e dei loro servi dobbiamo farla finita con questa società da loro diretta e gestita a tutela dei propri esclusivi interessi.
Per i dettagli rilanciamo qui di seguito il comunicato di Carpi Antifascita del 17.07.2021.
Ricordiamo che il Piccolo Manuale di Autodifesa Legale è liberamente scaricabile qui.
***
ADUNATA SEDIZIOSA ARMATA PER CHI CONTESTÒ I NEOFASCISTI: IN UN CLIMA DA VENTENNIO CONTINUIAMO A RESISTERE!
Ieri, 16 luglio, presso il Tribunale di Modena è stata pronunciata l’attesa sentenza di primo grado del processo a carico delle/dei 26 antifascistə che nel 2017 contestarono pacificamente un presidio di Forza Nuova a Carpi.
Il Giudice Francesco Cermaria ha innanzitutto condannato a 6 mesi di arresto e 2 mila euro di ammenda un compagno per aver impugnato per qualche secondo un moschettone (normalmente utilizzato come portachiavi) come deterrente di fronte all’improvvisa aggressione dei forzanovisti.
A lui va la nostra piena solidarietà. Solidarietà che si concretizzerà fin da subito con la copertura delle spese legali per ricorrere in Appello.
Ribadiamo forte e chiaro: nessuno resta solo di fronte alla repressione!
Poi, 5 minuti di teatro dell’assurdo: Cermary è riuscito a demolire la linea d’accusa proposta dalla Pm ignorandone il principale capo d’imputazione, ovvero l’aver preso parola durante una manifestazione non autorizzata (comma 3 dell’art. 18 TULPS), coprendo di ridicolo l’intera Procura di Modena e trascinandola in un nuovo teorema giudiziario a dir poco grottesco con ipotesi di reato ancora più gravi e pene ancora più pesanti.
In un delirio repressivo quella che è stata una contestazione pacifica – in cui il dissenso verso chi propaganda odio razziale e xenofobo è stato espresso attraverso canti della Resistenza e slogan – diventa un’adunata sediziosa armata con lo scopo di sovvertire l’ordine pubblico (art. 655 del Codice Penale, arresto fino a 1 anno e comunque non inferiore a 6 mesi).
A tutte le 26 persone coinvolte vengono inoltre imputate grida sediziose o lesive del prestigio dell’autorità (art. 20 TULPS), oltre che il rifiuto di obbedire all’ordine di discioglimento della manifestazione (art. 24 TULPS, arresto da 1 mese a 1 anno e ammenda fino a oltre 400 euro).
Per due compagni le ipotesi di reato prevedono anche porto di armi o oggetti atti ad offendere (art. 4 della L. 110/75, arresto da 3 a 6 mesi e ammenda fino a 20 mila euro). Elemento – quest’ultimo del possesso di armi – del tutto inedito, mai emerso né dalle indagini del Gip né da quelle della Pm e nemmeno da precedenti udienze.
Attendendo le motivazioni della sentenza per capire quali fossero queste famigerate armi, ci preme porre l’accento su altri elementi che aiutano a comprendere l’assurdità della questione.
Stupendoci con effetti speciali, tra i/le 26 antifascistə per i quali sono ipotizzati i suddetti capi d’accusa continua a figurare un ragazzo che, come emerso in fase di udienza, la sera del 4 agosto 2017 non si trovava in Via Marx a Carpi e che è stato erroneamente identificato mediante confronto tra i filmati della Digos e il suo documento d’identità risalente a svariati anni prima.
In ultimo, tra tuttə coloro che da testimoni hanno confermato di aver partecipato alla contestazione, l’unica ad essere inserita nell’elenco dei/delle 26 è colei che ha anche ammesso di aver intonato canti della Resistenza, in particolare “Bella Ciao”.
Il canto continua quindi ad essere una discriminante nel definire i/le partecipanti alla presunta adunata sediziosa ARMATA.
Il quadro che emerge, che da un lato non può che lasciare allibiti, non è che la conferma di ciò che andiamo dicendo da tempo: in un Paese che si è dotato di una Costituzione che poggia le basi su valori e ideali della Lotta di Liberazione dal nazifascismo è vergognoso che Questure e Prefetture continuino a legittimare gruppi o partiti dichiaratamente neofascisti concedendo loro agibilità politica e spazi pubblici, mentre Procure e Tribunali si accaniscano contro gli antifascistə ricorrendo agli articoli del TULPS e del Codice Penale ereditati rispettivamente dal Regio Decreto del 1931 e del Codice Rocco di epoca fascista.
Un accanimento giudiziario sempre più palese che non può lasciare indifferente chiunque si riconosca in quei valori e ideali dell’antifascismo.
Come Carpi Antifascista rinnoviamo l’impegno ad alimentare ed allargare quella rete solidale sempre più ampia e variegata costruitasi negli anni intorno alle persone coinvolte in questo assurdo e rocambolesco processo, rivendicando le pratiche dell’antifascismo militante.
In un clima da Ventennio fascista continuiamo a Resistere.
Continuiamo a contrastare con ancora più forza e ostinazione ogni fascismo e ogni discriminazione, continuiamo a lottare unitə contro la repressione di Stato.
Se ne faccia una ragione la Magistratura tutta: qui non si arretra di un millimetro!
L’ANTIFASCISMO NON SI ARRESTA!