Leda Volpi, eletta nel 2018 alla Camera, attualmente aderente alla componente parlamentare l’Alternativa c’è
Abbiamo sentito molte volte imputare a particolari individui – a Di Maio, a Crimi, ecc. – la responsabilità della china presa dal M5S, ma crediamo che limitare il discorso alla responsabilità dei singoli individui, che pure certamente in parte la hanno, sia fuorviante perché non permette di ragionare a fondo sui limiti e sulle difficoltà di chi invece ha sempre cercato di mantenere la linea del M5S in coerenza con la sua natura e con il ruolo per cui è nato.
Certo, il discorso è giusto. Infatti il ragionamento è più ampio. Penso che fare un bilancio voglia dire anche capire i motivi per cui certe dinamiche si sono prodotte.
Ad esempio penso che sia stato un errore il progressivo distacco dal modello originario, orizzontale – quel famoso “uno vale uno” – a beneficio di una direzione verticistica. “Uno vale uno” significa che ognuno porta il suo contributo, viene ascoltato e valorizzato, insomma il contrario di quanto è successo da quando è nata la figura del capo politico, che poi è stata incarnata da Di Maio per tutto un periodo.
Poi la situazione è persino degenerata con la nomina di Crimi, che avrebbe dovuto accompagnare il M5S all’elezione di un nuovo capo politico entro 30 giorni e invece si è trascinato per un anno e mezzo. peraltro penso che Crimi non fosse pronto per tale ruolo e che ne fosse pure consapevole, sicuramente in altre circostanze non si sarebbe neppure candidato per diventare capo politico.
Ma è questa dinamica che poi ha portato alla situazione attuale: perseguendo sulla via del verticismo, è stato nominato Conte, al di fuori di ogni regola dello statuto del M5S, come se bastasse nominare un “uomo della provvidenza”.
Conte è certamente un uomo capace, ha mostrato grandi qualità di sintesi e mediazione, ed è anche stato la dimostrazione vivente di un cavallo di battaglia storico del movimento: la società civile che può arrivare al governo del paese. Ma Conte non è mai stato del M5S e coltiva un’idea opposta alla natura del M5S, vuole trasformarlo in un partito, vuole incanalare il M5S in una alleanza strutturale con il PD, e questo è un errore grossolano.
Perdendo per strada il principio del potere diffuso, il M5S si è infine snaturato.
E a pensarci bene, la sequela di errori era persino prevedibile, poiché sono tutti il risultato tipico del voler mettere un uomo solo la comando.
E’ certo che il M5S dovesse intraprendere una strada per strutturarsi in modo adeguato e che servissero quindi ruoli, ma quei ruoli avrebbero dovuto essere maggiormente distribuiti e rapidamente sottoposti a ricambio e, perché no, anche al recall (cioè la sostituzione dalla carica se i risultati non sono ritenuti soddisfacenti dalla base – ndr)
Quando hanno ideato il M5S, Casaleggio e Grillo hanno posto delle regole per il funzionamento, regole che sono il frutto di un lungo studio, un ragionamento. Ecco, quelle regole dovevano essere un pilastro inalterabile. Prendiamo l’esempio del limite dei due mandati: penso che sia naturale, persino “normale” che un cittadino che diventa ministro possa essere sfiorato dall’idea di mantenere quel ruolo, proseguire la carriera politica, rimanere “in quel mondo”, quindi non è solo una questione individuale, il problema si è posto quando i pilastri del M5S sono stati messi in discussione. Il limite del secondo mandato è dirimente: uno che ambisce a fare carriera politica cercherà di non pestare troppo certi piedi e quindi, cadendo in questo personale conflitto di interessi, non potrà perseguire gli obiettivi di una forza rivoluzionaria anti-casta come doveva essere il moVimento 5 stelle.
Il M5S ha iniziato a snaturarsi quando è andato al governo, già con la decisione del contratto di governo con la Lega?
La mediazione non è un errore. Dati i risultati delle elezioni del marzo 2018 dovevamo per forza allearci con qualcuno per formare un governo. Non credo che il contratto di governo con la Lega sia stato un errore, perché ha permesso di mettere nero su bianco gli obiettivi comuni fra forze politiche molto diverse. Credo invece che sia stato un errore non fare un contratto di governo con PD e LeU per il Conte 2.
Infatti, con il governo Conte 1 siamo andati come un treno. C’era una carica, un entusiasmo, una voglia di fare. ricordo sedute lunghissime, anche notturne, ricordo lo sfinimento per il Decreto dignità e per il Reddito di cittadinanza. Ma ricordo la contentezza e la soddisfazione di fare qualcosa di storico, che stava cambiando il paese.
Ecco quella spinta si è annacquata con il governo Conte 2. Il Reddito di Cittadinanza è emblematico: oggi tutti lo attaccano come una forma di assistenzialismo, ma la parte più importante del progetto, cioè riforma dei centri per l’impiego, non è mai decollata perché è venuta meno quella spinta propulsiva e i tavoli convocati al ministero del lavoro su quel tema sono stati pochissimi nel Conte 2. Forse non sapremo mai il perché, ma l’impianto più innovativo del Reddito di cittadinanza, che avrebbe permesso di stravolgere un sistema logoro e inefficace, si è arenato.
Non c’era chiarezza e il M5S è stato risucchiato, immobilizzato. Tanto che alla fine ha portato a casa solo due risultati: la riduzione del numero dei parlamentari e il bonus 110%.
Questo mi porta a una riflessione: mediare fra posizioni diverse per realizzare obiettivi di governo può essere giusto, ma bisogna definire bene quali sono i paletti che non si possono superare. Siamo partiti dal NO al TAP e al TAV e siamo arrivati persino al SI – il M5S si è spaccato poche settimane fa, solo una parte ha votato NO – al progetto ormai mitologico del ponte sullo stretto di Messina….
Un’ultima riflessione sulla distorta comprensione e distorto utilizzo della democrazia diretta. La piattaforma Rousseau è stata usata poco, rispetto alle potenzialità, e male. A un certo punto è diventata una piattaforma di sondaggi e ratifiche di posizione già prese, fino al caso emblematico della consultazione sulla fiducia a Draghi in cui le risposte erano pre costituite e facevano credere implicazioni di voto completamente diverse dalla realtà.
Tu dici: “possiamo mediare se è necessario per raggiungere gli obiettivi”, ma dal 2018 ogni mediazione è stato un cedimento del M5S. Nel governo Conte 1 il M5S ha realizzato una parte del programma di governo, il Conte 2 è stato soprattutto il tentativo di impedire che gli obiettivi raggiunti non fossero smantellati. Il Reddito di cittadinanza è stato boicottato e oggi è sotto attacco frontale, ad esempio. Nel 2018 il M5S ha raccolto 11 milioni di voti su un programma “di rottura”, ma non ha mai chiamato alla mobilitazione attivisti ed elettori per difendere il risultato e per sostenere il programma… Con l’unica eccezione della manifestazione contro i vitalizi, sono tre anni che il M5S non si vede nelle piazze, perché?
Credo che il nocciolo della questione stia nel fatto che nel M5S si è creato un ristretto gruppo di persone con accesso esclusivo alle sfere decisionali. Anche per i parlamentari era difficile avere accesso a certe informazioni, necessarie a capire come si stavano sviluppando le cose. Se le cose sono in mano a pochi e non si sa bene cosa succede, bisogna fare atto di fiducia.
Portare le persone in piazza, in quella situazione, non è facile. Prima di tutto proprio perché non è chiara la linea politica.
Su alcuni argomenti – tanti – nel corso del tempo la linea del M5S ha preso una piega contraria a quella iniziale: su ILVA, persino sulla revoca della concessione ad Autostrade, è difficile andare dalla stessa parte.
Quando si va in piazza, lo si fa sull’onda dell’entusiasmo, per dire NO a qualcosa e SI a qualcos’altro.
Ma su tante cose mi sono anche trovata in difficoltà, perché da una parte i cittadini ti incalzano, vogliono sapere… dall’altra la mancanza di risposte – anche da parte di ministri nostri – spingevano verso l’immobilismo. certo facevi l’interrogazione parlamentare, ma poi rimaneva senza risposta.
La manifestazione dello scorso 18 giugno a Genova è stata un bel ritorno in piazza che abbiamo fatto come Alternativa c’è. I giornali non ne hanno dato notizia, l’hanno boicottata, ma la partecipazione è stata entusiasmante: persone di tutti i tipi, cittadini, comitati, a protestare contro la trattativa con i Benetton. E’ stato un ritorno in piazza genuino: il comitato delle vittime del ponte Morandi aveva espressamente chiesto che non fosse una manifestazione caratterizzata politicamente e infatti è stata una partecipazione popolare.
Permetti un approfondimento su questo argomento. La mobilitazione contro i vitalizi del febbraio 2020 è stato un esempio del fatto che combinare la battaglia parlamentare con la mobilitazione di piazza porta a raggiungere gli obiettivi!
Posto che se la linea politica non è chiara, inevitabilmente ci sono difficoltà a mobilitare attivisti ed elettori, è anche vero che mobilitarli anche per spingere i ministri del M5S a dare risposte rientra nella sana dialettica con la base. Inoltre i parlamentari possono valorizzare quella mobilitazione, i loro rapporti e le loro relazioni per far venire fuori quelle risposte che mancano…
Si, sono convinta che si debba mettere al centro una giusta dialettica e questo è effettivamente mancato. Fammi aggiungere un pezzo al ragionamento: posso dire che il M5S è stato ingenuo – siamo stati un po’ ingenui. Facevamo le cose un po’ troppo facili: “si va al governo, si fanno le leggi o si cambiano quelle sbagliate, si risolvono i problemi e si cambia il paese”. La verità è molto diversa.
I ministri del M5S hanno trovato ostacoli insormontabili: abbiamo capito che non basta avere i ministri o avere la maggioranza parlamentare, nei ministeri servono i dirigenti e i funzionari statali.
La macchina della “burocrazia”, composta da persone assunte per concorso – e non su base politica – ha in mano un potere enorme. I ministri passano, loro restano. Sono loro a svolgere le procedure per dare le gambe a una legge, sono loro a formulare i testi dei decreti e da loro dipendono i decreti attuativi delle leggi.
Un esempio è il registro nazionale dei tumori: fu uno dei primi obiettivi realizzati dal M5S al governo, ma non è ancora in vigore perché mancano i decreti attuativi. O sulla cannabis terapeutica: quando era ministro della Salute la Grillo abbiamo fatto tutto un lavoro di ricerca, di progettazione per produrla in Italia, di sopralluoghi per individuare i siti produttivi, ma poi si è arenato tutto.
Succede persino che escano decreti diversi da quelli che i ministri si aspettano, abbiamo visto l’esempio della “manina” che ha modificato il Decreto fiscale nel 2018.
Questi aspetti sono poco compresi, sono sabbie mobili che stanno alla base, insieme alla breve durata dei governi, del famoso “immobilismo” che contraddistingue il nostro paese; un sistema che andrebbe abbattuto e ricostruito sulla base di competenze e disinteresse personale.
Abbiamo già affrontato il fatto che nel M5S il malcontento fosse ampio e di lungo corso. Cosa è mancato affinché diventasse una corrente propositiva e aggregante?
E’ del tutto vero che il malcontento e le voci critiche non si sono mai organizzate. C’è da considerare che dal 2018 tutte le posizioni di rilievo, di responsabilità e di “comando” dentro il M5S sono state assegnate a eletti che erano al secondo mandato o comunque facenti capo a quella corrente. Era difficile cambiare certi equilibri e – devo dire – io stessa li ho visti quando ormai i processi erano già consolidati: la maggioranza nel M5S ha via via assunto una posizione conservatrice, di sostegno e continuità con i vertici.
Poi c’è un’altra grande questione, quella riguardo al merito. Una struttura orizzontale è più caotica, la competenza e il merito sono un criterio di funzionamento imprescindibile, ma non va dato per scontato. Gli Stati Generali in un certo senso dovevano servire a questo, a promuovere l’assunzione di ruoli e responsabilità sulla base della competenza e del merito, invece sono stati un flop. O meglio, sono stati gestiti in un modo fallimentare: sono stati convocati con un anno di ritardo e impostati in modo che le discussioni fossero caotiche e frettolose, anche rispetto a temi importanti che avrebbero necessitato di mesi di approfondimento se si fosse voluta una discussione seria, con le piattaforme digitali il tempo ci sarebbe stato eccome!
Abbiamo sentito varie volte affermare che uno dei problemi che dovete affrontare è il poco spazio che i media vi mettono a disposizione. Su questo un paio di riflessioni. La prima è che nella storia del M5S, il momento di maggiore visibilità fu quando si rifiutava di andare in televisione o di rilasciare interviste ai “media di regime”: ogni comizio era un bagno di folla e ogni iniziativa territoriale un vero e proprio momento di discussione collettiva e partecipazione. La seconda è che in effetti nelle scorse settimane vari esponenti de l’Alternativa c’è hanno partecipato a manifestazioni e scioperi… la sintesi fra le due cose è una domanda: quanto credi sia importante ricostruire un legame con i cittadini?
Ricordo bene la situazione in cui la gente comune si rivolgeva ad attivisti e portavoce del M5S per porre problemi che nessun altro era disponibile ad ascoltare, ricordo che trovavano spesso competenza, disponibilità, serietà e avevano la consapevolezza che la questione sarebbe stata portata avanti anche se non era conveniente per i politicanti.
La politica della propaganda televisiva è una cosa totalmente diversa e la fiducia che raccoglie un personaggio televisivo o anche un intero movimento attraverso la risonanza mediatica sono cose molto diverse, neppure paragonabili. Casaleggio diceva: Una persona può credere alle parole, ma crederà sempre agli esempi.
Noi de l’Alternativa c’è vogliamo essere quelli che danno l’esempio, solo così possiamo tornare a raccogliere credibilità e fiducia anche fra coloro che oggi sono sfiduciati e rassegnati.
A maggio i senatori de l’Alternativa c’è hanno occupato per un giorno e una notte il Senato per difendere il diritto di parola come componente parlamentare, pesantemente limitato dal fatto che Casellati voleva adottare lo stesso regolamento già in uso per i singoli senatori del gruppo misto.
E’ stata una iniziativa di rottura che è stata recepita come la manifestazione dello spirito battagliero di cui è stato per tanto tempo protagonista il M5S.
Nel frattempo Draghi sta avviando la macelleria sociale: sblocco dei licenziamenti e degli sfratti, maggiore sottomissione dell’Italia alla UE, attacco alla tutela dell’ambiente, ecc.
L’Alternativa c’è sta ragionando su come portare il diffuso malcontento popolare dentro le istituzioni?
Premetto che in questo periodo il parlamento sta lavorando a regime ridotto: si lavora solo il martedì e il mercoledì, che sono i giorni dedicati alle votazioni sui decreti, che già per loro natura sono poco o per nulla modificabili. Ci viene risposto che “non c’è tempo per fare altro”, ma è in atto una vera e propria esautorazione del Parlamento. Il tempo si potrebbe tranquillamente trovare per discutere le proposte di legge arretrate ma si preferisce non farlo perché in una maggioranza “accozzaglia” come quella attuale non c’è mai accordo su nulla. Ad eccezione del DDL Zan, su cui oggi c’è molto interesse mediatico, non vengono discussi i disegni di legge, seppure ce ne siano tanti nei cassetti, e moltissime interrogazioni parlamentari non riceve risposta. Se poi ci si aggiunge che noi siamo un piccolo gruppo di opposizione con strumenti limitati, è chiaro che limitarsi a interventi di testimonianza è abbastanza inutile e frustrante.
Quindi sì, stiamo ragionando su modi e tempi per raccogliere la protesta, la preoccupazione e il malcontento che crescono nel paese per dare visibilità e ruolo anche in Parlamento.
Per il momento posso fare un esempio: Alternativa c’è ha presentato una mozione alla Camera per riconoscere lo status di rifugiato politico a Julian Assange. Ebbene, la discussione è stata rimandata per tre volte, è stata riprogrammata per fine luglio – il che vuol dire che nel migliore dei casi sarà ripresa forse in settembre. Abbiamo fatto un piccolo gesto, abbiamo esposto dei ritratti di Assange in aula. E’ forse una piccola iniziativa, ma questa ha avuto una visibilità anche fuori, poiché Wikileaks ha ripreso la notizia e l’ha fatta circolare: abbiamo dato il segnale che non tutto il paese e neppure tutto il Parlamento è sottomesso agli interessi di chi tratta Assange come un criminale!