Il G7 che si è svolto in Cornovaglia dall’11 al 14 giugno è stato un passo avanti nella tendenza alla guerra verso cui la Comunità Internazionale degli imperialisti USA, sionisti e UE conduce il mondo e, allo stesso tempo, la rappresentazione della debolezza della borghesia imperialista e delle contraddizioni che la lacerano.
Al G7 Biden ha cercato di ricompattare la Comunità Internazionale contro la Repubblica Popolare Cinese e la Federazione Russa, dopo che per anni Trump aveva creato scompiglio mettendo in aperta concorrenza USA e UE.
Il tentativo di Biden è tutt’altro che pacifico e privo di intoppi poiché – almeno per quanto riguarda la RPC – tutti i paesi della UE hanno fior di relazioni economiche, commerciali e finanziarie, relazioni che in certi casi sfociano in una dipendenza dalla RPC (produzione industriale, materie prime, semi-lavorati, componentistica).
Tuttavia, Biden prova a dettare i tempi e i modi dall’alto del ruolo di dominio che l’apparato industriale e militare USA ricopre ancora.
Per mandare a monte la via della seta cinese si fa promotore del Build Back Better for the World, presentandolo come un progetto per “aiutare i Paesi più fragili nella costruzione di infrastrutture nel rispetto, però, dell’ambiente, dei diritti umani e senza costringere ad indebitarsi”. Insomma, guerra economica e commerciale!
Per legare più risolutamente la UE al progetto mette sul tavolo l’accordo sull’industria aerea che coinvolge Boeing (USA) e Airbus (UE). Dopo anni di guerra commerciale fra le due parti, la “pace” è siglata “per lavorare insieme contro le pratiche anticoncorrenziali della Cina in questo settore. (…) È un modello che possiamo realizzare per le altre sfide comuni poste dal modello economico cinese”.
E poiché non si fida abbastanza della UE, manovra la Gran Bretagna a condurre provocazioni militari contro la Federazione Russa. Il 23 giugno, a pochi giorni dall’inizio di una grande esercitazione NATO nel Mar Nero, una nave da guerra britannica viola le acque della Crimea con una manovra premeditata. La giustificazione è che “si tratta di acque territoriali ucraine”, con riferimento all’occupazione militare della Crimea da parte del governo fantoccio dell’Ucraina.
Per la UE, del resto la situazione è tutt’altro che stabile e pacificata. Sono in particolare due le gatte da pelare.
La Brexit, che si conferma essere fonte di instabilità, forzature e colpi di testa da parte di Johnson (primo ministro inglese), e gli sviluppi del Recovery Plan.
Quest’ultimo si sta rivelando cosa ben diversa dal sostegno ai paesi colpiti dalla pandemia mostrando la sua vera natura di meccanismo utile a immettere nel processo finanziario e speculativo di valorizzazione del capitale soldi completamente svincolati dall’economia reale.
Per il momento i soldi sono solo promessi (mentre cambiano di continuo le condizioni per averli in prestito) e l’Italia è il paese che (fra sovvenzioni e prestiti) ne ha chiesti di più. La BCE pretende un maggiore zelo nell’imporre le riforme a cui sono vincolati i soldi, ma Draghi è in evidente difficoltà a farle ingoiare alle masse popolari già stremate del nostro paese.
Per farsi coraggio il governo italiano assume un ruolo di sprone rispetto agli altri governi, ad esempio quello spagnolo (la Spagna è il terzo paese per la quantità di soldi che sulla carta dovrebbe ricevere, il secondo è il Lussemburgo).
A Barcellona, in occasione del foro di dialogo Italia-Spagna, il 18 giugno, Enrico Letta pronuncia un discorso a metà fra l’apocalittico e il disperato: “il futuro dell’Europa dipende da Italia e Spagna come è mai accaduto nella storia europea. Se falliranno nell’applicazione di Next Generation EU non ci sarà mai più in Europa un investimento importante come quello perché la minoranza che ha tentato di bloccarlo l’anno scorso avrebbe argomenti inconfutabili per bloccare qualunque tentativo di sviluppo. Questo sarà la fine dell’Europa perché è chiaro che sempre più Europa, Cina, Stati Uniti giocheranno una partita di alleanze e competizione ma o l’Europa avrà gli strumenti per giocarla questa partita o nulla”.
In questo contesto l’Italia è serva di più padroni. Per la natura stessa della Repubblica Pontificia Italiana, la classe dominante è divisa fra il partito degli USA e il partito della UE. Gli scontri fra gruppi imperialisti mondiali si ripercuotono direttamente sulla situazione politica italiana e, fra sgambetti, colpi di mano e guerra per bande, minano la governabilità del paese.
Tuttavia, recentemente, è riemersa dagli anfratti della politica dei palazzi la questione del ruolo particolare che il Vaticano svolge nel nostro paese.
Se è vero che il Vaticano è l’organismo di governo occulto e di ultima istanza del paese, è vero anche che in certe occasioni quel ruolo emerge, con prepotenza, alla luce del sole. Successe in modo plateale nel 2008 quando il cardinale Ruini entrò a gamba tesa nella vicenda di Eluana Englaro e succede oggi con l’intervento contro il DDL Zan: la Segreteria di Stato del Vaticano, ha impugnato il Concordato, con la pretesa di bloccarne l’approvazione.
Se serviva una dimostrazione del ruolo del Vaticano a chi spaccia le novelle di Bergoglio per un segnale di cambiamento, beh… è stato accontentato!