Palestina. Il simbolo di resistenza e di riscossa in ogni angolo del mondo

Il governo e l’apparato economico – militare israeliano stanno conducendo in modo aperto e dispiegato una guerra di sterminio contro il popolo palestinese da oltre 70 anni. I bombardamenti delle scorse settimane ne sono solo l’ennesima manifestazione.
La scintilla di quest’ultima fiammata risiede nella decisione delle autorità sioniste di Israele di avanzare con la cacciata delle famiglie palestinesi da Gerusalemme e proseguire con l’insediamento di coloni. Una decisione progettata a tavolino e preparata da una serie di provocazioni che le autorità sioniste hanno messo in atto mobilitando i settori organizzati più reazionari della popolazione israeliana.

Durante il Ramadan, bande di coloni hanno promosso l’invasione della moschea di al-Aqsa, annunciando per il 10 maggio, ultimo venerdì di Ramadan, una grande mobilitazione per cacciare i palestinesi.
Le continue provocazioni a Gerusalemme sono state accompagnate dalla conferma delle misure criminali contro la popolazione di Gaza, affamata dall’embargo, privata di cure e flagellata dal Covid, costretta a vivere nel più grande campo di concentramento del mondo.
Il 10 maggio la polizia israeliana ha occupato la moschea di al-Aqsa e Hamas ne ha intimato il ritiro entro le h 18 dello stesso giorno. Scaduto il termine è iniziato il lancio di razzi dalla striscia di Gaza verso Israele a cui hanno fatto seguito immediato i bombardamenti israeliani. Il 21 maggio Hamas e Israele hanno siglato il cessate il fuoco, ma la situazione è ben lontana da una soluzione.

Quella che sui giornali borghesi viene presentata come “l’aggressione di Hamas contro lo Stato di Israele”, alimentando in mille forme confusione e intossicazione, è in verità la ribellione di un popolo che, in tutte le sue componenti e con un rinnovato protagonismo della classe operaia, è insorto contro il sionismo.
In particolare, il 18 maggio organizzazioni sindacali e sociali palestinesi all’interno di Israele hanno convocato uno sciopero generale che si è subito allargato a macchia d’olio a Gerusalemme e a tutta la Cisgiordania… uno sciopero simile non si vedeva dal 1936.
Esso apre a uno sviluppo nuovo rispetto alle contraddizioni che il popolo palestinese sta affrontando.

Da una parte c’è la criminale occupazione sionista e la resistenza alla pulizia etnica, dall’altra le contraddizioni di classe (e quindi anche politiche) di un popolo che cerca la via della piena emancipazione: se la borghesia palestinese ha portato l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) a fungere da burattino nelle mani degli imperialisti (Mahmoud Abbas, il Presidente dell’ANP, il 30 aprile ha annunciato il rinvio delle elezioni politiche a data da destinarsi, anche se le ultime si sono svolte nel 2006…), le formazioni politico militari della resistenza islamica (Hamas) hanno dimostrato di saper organizzare il popolo palestinese nella resistenza a oltranza – come a Gaza – ma di non essere in grado di portarlo all’offensiva.
Per questo la ribellione dilaga nonostante il cessate il fuoco, che nei fatti non riesce a pacificare il paese.

Il licenziamento di centinaia di arabo-israeliani che hanno partecipato allo sciopero del 18 maggio (“non sei fedele a Israele” è stata la motivazione) aggiunge alle mobilitazioni di piazza, agli scontri, ai mille atti di sedizione la componente della mobilitazione operaia che così irrompe sulla scena.
Oltre ad essere una “questione religiosa” la causa del popolo palestinese è soprattutto una questione di classe: è lotta delle masse popolari contro gli imperialisti e i sionisti di tutto il mondo, si fonde con le mille lotte di resistenza della classe operaia e del proletariato di tutti i paesi.
Come la classe dominante di ogni paese si stringe sotto la bandiera di Israele (e la rivoltante dimostrazione l’abbiamo avuta anche a Roma dove PD, FI, parte del M5S, Lega e FdI hanno manifestato insieme), allo stesso modo le classi oppresse di tutto il mondo, a milioni, si stringono sventolando la bandiera palestinese, simbolo di resistenza, di lotta e di riscossa.

La lotta che il popolo palestinese conduce contro il sionismo è la lotta di tutte le masse popolari, ogni passo avanti che compie quella lotta dà slancio alla mobilitazione in ogni angolo del mondo.

Notizie e informazioni per questo articolo sono tratte da
www.infopal.it
il Manifesto

Iscriviti alla newsletter

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.

I più letti

Articoli simili
Correlati

La lotta per la formazione

La formazione è un pilastro dell’attività del P.Carc. Si...

4 novembre in piazza: appello del Calp di Genova

Unire le lotte e le mobilitazioni contro la guerra...

Quando i sionisti attaccano hanno paura della verità

Liliana Segre e la denuncia all'attivista Cecilia Parodi

Manuale di Storia contemporanea

La conoscenza della storia è uno strumento della lotta...