Reggio Emilia. Il 24 aprile i compagni della Federazione Emilia Romagna sono stati denunciati per aver affisso uno striscione contro la presenza di Draghi a Reggio Emilia. Quella che segue è una breve intervista al Segretario federale Andrea Scarfone, che ci racconta quanto successo e con cui ragioniamo di resistenza alla repressione.
Siete stati denunciati… è vietato contestare Draghi?
Abbiamo deciso di attaccare in centro a Reggio Emilia uno striscione con scritto “Il boia Draghi con i fratelli Cervi non ha nulla a che fare, serve una nuova liberazione nazionale!” perché Draghi sarebbe andato a parlare a Casa Cervi, simbolo della resistenza antifascista della città e di tutto il paese. Finita l’affissione, siamo stati subito avvicinati da una pattuglia della polizia, a cui poi è subentrata la Digos, che ci ha identificati e ci ha sequestrato lo striscione. In seguito siamo venuti a sapere che ci hanno addirittura denunciati per “oltraggio al corpo politico dello Stato”.
È abbastanza inusuale che non appena messo lo striscione – attività di per sé innocua, nel senso che non abbiamo fatto niente di pericoloso – subito siamo stati intercettati dalle Forze dell’Ordine. Evidentemente un messaggio come quello che abbiamo scritto è pericoloso perché dice la verità…
Questa operazione è un chiaro attacco alla libertà d’espressione sancita dalla Costituzione che i comunisti devono difendere praticandola!
C’è da dire che da quando Draghi si è installato gli attacchi repressivi sono aumentati un po’ in tutto il paese. Vuoi parlarci della situazione in Emilia Romagna?
Una premessa: l’Emilia Romagna è governata da un sistema mafioso e poliziesco con alla testa il PD, in cui la ‘ndrangheta sguazza con il benestare di tutto il ceto politico locale e nazionale. Quello che questo sistema proprio non può tollerare è il grande sommovimento e le mobilitazioni di cui si stanno rendendo sempre più protagoniste le masse popolari.
Un esempio su tutti è la lotta dei facchini della logistica. Bloccare per settimane i magazzini di Bologna e Piacenza, significa mettere in ginocchio l’intera filiera logistica del paese. La risposta della classe dominante si è tradotta, in questo caso, in denunce, manganellate e arresti a danno dei dirigenti locali e iscritti del Si Cobas.
Altro esempio sono i maxi processi in corso a Modena a danno di decine di operai, sempre del Si Cobas, che negli scorsi anni hanno fatto valere il loro diritto a scioperare.
A Carpi decine di compagni della rete antifascista cittadina sono attualmente sotto processo per aver contrastato un presidio di Forza Nuova nel 2016: secondo la Procura di Modena, infatti, cantare Bella Ciao è diventato un reato!
Quello emiliano è un sistema rodato di repressione ai danni delle masse popolari che si organizzano dentro e fuori i posti di lavoro. Prova ne sono i licenziamenti politici delle RSU di vari settori (sanità, metalmeccanica, agroalimentare, ecc.) che si susseguono con ritmo crescente: quella dei vincoli di fedeltà aziendale è una legge che serve ai padroni per colpire chi svela le loro malefatte. La lista è lunga…
Anche se la Federazione Emilia Romagna si è costituita da poco tempo, pure il lavoro di radicamento del Partito è stato oggetto di provocazioni e tentativi repressivi…
La nostra Federazione si è costituita da poco, ma il Partito ha un intervento storico in Emilia, un intervento costellato da attacchi repressivi di varia portata e intensità.
Al momento abbiamo ancora in corso un processo a un nostro compagno che il 25 aprile del 2014, insieme ad altre decine di antifascisti, si mobilitò per impedire le scorribande di Salvini a Reggio Emilia… ma, oltre ai processi, mi preme segnalare anche manovre meno appariscenti, attenzioni e intimidazioni che si sono susseguite negli ultimi mesi, in particolare da quando abbiamo iniziato a intervenire con ordinarietà a Bologna. Tra queste, due identificazioni “sospette”. A margine di due manifestazioni in città – quella del 18 dicembre 2020 del Si Cobas e quella dello scorso 26 marzo sulla sanità promossa da USB – alcuni nostri compagni sono stati identificati dalla Digos. Sono “episodi minori”, ma il messaggio è chiaro e non intendiamo sottovalutarlo… In ultimo, vi è stato il tentativo della Digos di interrogare illegalmente uno dei compagni denunciati per lo striscione del 24 aprile, che era andato in Questura a ritirare la notifica di sequestro…
Il principio che adottiamo è che ogni abuso poliziesco, grande o piccolo, deve essere subito denunciato! Non è una questione che riguarda il singolo che lo subisce, ma noi tutti… pratichiamo e promuoviamo la vigilanza democratica!
Ecco, approfondiamo un attimo questo aspetto: cosa vuol dire rivoltare la repressione contro chi la promuove?
Un obiettivo della repressione è isolarti. Respingere l’attacco del nemico significa quindi tessere la più ampia rete possibile di solidarietà di classe, così da minare le fondamenta dell’attacco stesso. La solidarietà di classe è il filo che unisce ogni singola lotta ed esperienza…
La repressione mostra qual è il vero volto della classe dominante; mostra come è divisa la società, aiutandoti ad individuare chi è il tuo nemico, ma soprattutto chi sono i tuoi alleati. Far ricadere il masso sulla testa di chi lo ha sollevato significa trasformare la repressione in uno strumento per l’organizzazione e il coordinamento operaio e popolare.
Ulteriore passo è trattare la repressione come una questione politica, una questione di ordine pubblico. Giusto usare ogni via, anche quella legale – anzi, questo è molto importante – ma non ci si deve mai affidare alla clemenza o allo spirito democratico del procuratore o del giudice. Bisogna invece passare da accusati ad accusatori: ci accusano di aver oltraggiato il corpo politico dello Stato, ma il vero oltraggio sono le quotidiane morti sul lavoro, lo sfruttamento selvaggio, la devastazione ambientale e il bavaglio con cui provano a limitare/impedire la libertà di espressione conquistata con la resistenza antifascista.
Alle intimidazioni ricevute abbiamo risposto organizzando, tra l’altro, anche iniziative di formazione sulla lotta e resistenza alla repressione aperte a tutti, con l’ausilio del Piccolo Manuale di Autodifesa Legale. Saper prevenire gli abusi delle Forze dell’Ordine, sapersi muovere in piazza, ecc. sono aspetti utili a tutti coloro che in questi anni e mesi stanno lottando contro gli effetti più catastrofici della crisi e a quanti fanno militanza politica e sindacale.
Ma per farla finita davvero con la repressione dei padroni e dei loro servi dobbiamo farla finita con questa società da loro diretta e gestita a tutela dei propri esclusivi interessi.