Da settimane arrivano notizie della feroce repressione contro le mobilitazioni operaie e popolari in Colombia. Per contestualizzare queste notizie abbiamo intervistato il compagno Marcello Pini che, per le sue relazioni, ha una profonda conoscenza della realtà di questo paese.
Cosa sta succedendo in Colombia? Quali sono i motivi di una repressione militare tanto feroce?
Nel novembre 2019 è iniziato un Paro Nacional, cioè uno sciopero generale politico a oltranza contro le politiche liberiste del governo, il massacro di leader dei movimenti sociali e i bombardamenti sugli accampamenti dei reparti dissidenti delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia). Lo sciopero generale ha coinvolto non solo i lavoratori, ma anche larghi strati della popolazione. La pandemia e il lockdown del marzo 2020 avevano temporaneamente spento le proteste, che oggi sono però riprese a un livello più elevato.
Già nel novembre 2019 il governo di Iván Duque aveva presentato una bozza della riforma tributaria contestata in questo nuovo Paro Nacional. La riforma prevede che enormi somme di denaro vengano sottratte alle classi medie, senza toccare quasi per nulla le imprese (il 73% delle imposte sarà a carico di persone fisiche, il resto delle aziende) e che venga introdotta l’IVA sui prodotti di consumo primario. Bisogna tenere in conto che attualmente larga parte della popolazione, anche della classe media (con stipendi compresi tra i 400 e i 1500 dollari), non è soggetta a imposte sui redditi e spesso lavora legalmente in regime di “economia informale”: non deve emettere fatture né ricevute. Le richieste dei promotori del Paro Nacional sono: lo stop alle riforme tributarie e del lavoro; lo stop alle privatizzazioni; la cessazione del massacro dei leader dei movimenti sociali; il rispetto degli accordi stipulati dal governo con le organizzazioni popolari e lo scioglimento dei reparti antisommossa della polizia.
I governi colombiani hanno un tradizionale legame con gli imperialisti USA, in particolare negli ultimi anni si sono resi disponibili, in mille forme, a sabotare la Repubblica bolivariana del Venezuela…
Le masse popolari di Colombia e Venezuela si definiscono, da entrambi i lati del confine, “popoli fratelli” e i contatti tra i due paesi sono strettissimi. Tanto il regime colombiano che quello USA cercano di evitare che l’esempio bolivariano si espanda in Colombia e per farlo l’arma propagandistica più potente è quella di screditare il modello economico bolivariano attraverso la svalutazione della moneta, l’accaparramento di derrate alimentari destinate al Venezuela e il blocco economico. Ma è soprattutto la svalutazione monetaria che negli ultimi 3 anni ha portato milioni di persone a emigrare dal Venezuela per cercare lavori umilissimi e sfruttati in Colombia, determinando una combinazione inedita di xenofobia e solidarietà tra i “popoli fratelli”.
Solo nel 2016 le FARC hanno siglato accordi di pace con il governo colombiano. In verità, la situazione di queste settimane ha avuto prodromi importanti: polizia ed esercito hanno continuato con gli omicidi mirati, gli arresti, ecc. contro ex guerriglieri e contro i movimenti popolari. Credi ci sia un nesso fra la smobilitazione delle FARC e la situazione attuale?
La smobilitazione delle FARC ha lasciato enormi regioni rurali alla mercé della violenza paramilitare e dell’arbitrio poliziesco, in una nuova edizione di quello che fu il “genocidio politico” della Unión Patriótica nel corso degli anni ‘90 del secolo scorso. Le grandi imprese ne hanno immediatamente approfittato per mettere le mani su vaste estensioni di territorio fino a quel momento presidiato dalle milizie popolari.
La ritirata delle FARC dal principale scenario del conflitto colombiano, quello rurale, ha spostato l’azione rivoluzionaria (armata e non) verso l’ambito urbano, in particolare in azioni di guerriglia urbana e proteste contro la polizia, odiatissima nei quartieri popolari delle grandi città. Questa ritirata lascia allo stesso tempo un grande vuoto politico che le organizzazioni sociali, come appuntoquelle che partecipano al Paro Nacional, sembrano intenzionate a riempire di contenuti e conflittualità.
La repressione è espressione della violenza della classe dominante, ma anche espressione della sua debolezza. Le masse popolari della Colombia lottano per liberarsi da una doppia oppressione: quella degli imperialisti USA e quella della borghesia nazionale che è il loro burattino: quali sono le forme di organizzazione, il modello di nuova società che stanno costruendo e contro cui la borghesia scatena la reazione?
La Colombia vanta un’enorme ricchezza di modelli organizzativi popolari, capaci di influenzare e anche dirigere le scelte pubbliche. Nei quartieri e nelle comunità rurali ci sono delle Juntas in cui gli abitanti esprimono la propria rappresentanza e con le quali le istituzioni pubbliche e private devono necessariamente interloquire per ogni progetto o problematica. I sindacati sono forti e radicati in tutto il paese, con una chiara funzione politica, così come esistono estese reti di collettivi politici, specialmente nelle università.
Un modello particolare è quello delle organizzazioni indigene, che riunisce i Cabildos (divisi per regioni o per appartenenza tribale), la cui principale forma di organizzazione di massa è la Minga, una chiamata collettiva alla mobilitazione che può avere obiettivi pratici (la riparazione di un argine, la costruzione di un edificio scolastico, ecc.) oppure politici, come nel caso delle occupazioni e delle lunghe marce in cui vengono bloccate le principali strade (in particolare la Panamericana) per raggiungere le metropoli, dove accamparsi a decine di migliaia nelle piazze principali, assediando i palazzi del potere.
Quando viene chiamato il Paro tutte le organizzazioni operaie e popolari si attivano all’unisono, accompagnate spesso e volentieri da altre forme spontanee di lotta, come ad esempio quelle delle barras bravas, cioè le curve ultras, o militari, come nel caso del Paro Armado decretato dagli eserciti guerriglieri, dove lo sciopero è accompagnato dal divieto di circolazione di mezzi commerciali e dalla chiusura di ogni attività.
Come possono operai, lavoratori e masse popolari del nostro paese sostenere la resistenza delle masse popolari della Colombia?
Credo che, al di là delle iniziative di sostegno e solidarietà, sia necessario individuare due o tre realtà politiche colombiane con le quali stabilire un contatto per la diffusione di informazioni e le cui delegazioni possano essere periodicamente ospitate in Italia (e possibilmente in altri paesi europei), anche per esercitare una pressione politica sulle istituzioni in caso di arresti o sparizioni dei compagni.
Il 17 maggio è stato assassinato in Venezuela, in una imboscata che rientra nelle ripetute provocazioni del governo colombiano contro il Venezuela bolivariano, il compagno Seuxis Pausia Hernandez Solarte, nome di battaglia Jesus Santrich, storico dirigente delle FARC.
Pur avendo partecipato in prima persona alle trattative di pace fra FARC e governo colombiano, Santrich nel 2016 aveva toccato con mano che l’obiettivo del governo era disarmare le FARC per continuare incarcerazioni, rastrellamenti e omicidi politici. Lui stesso era stato incarcerato nel 2018 con l’accusa pretestuosa, partita dal tribunale di New York, di essere un narcotrafficante.
Dopo essere riuscito a fuggire dal carcere, era ricomparso sulla scena politica nel 2019, annunciando la sua adesione ai gruppi dissidenti delle FARC che hanno ripreso la guerriglia.
Alcuni elementi per leggere la situazione colombiana
*La Unión Patriótica nasce come partito dagli accordi di pace tra FARC-EP e governo colombiano del 1984. La sua struttura legale era essenzialmente formata dal Partito Comunista Colombiano e dal movimento guerrigliero M19 confluito in esso. La guerriglia congelava così le azioni offensive ed entrava nella vita democratica con i propri rappresentanti. Nel 1988 la Unión Patriótica ottenne impressionanti risultati elettorali, diventando il 3° partito politico colombiano. Nello stesso anno cominciò lo sterminio sistematico dei suoi membri: tra il 1984 e il 2002 vennero uccisi oltre 6.000 membri del partito, motivo per cui questo sterminio viene considerato un “genocidio politico”. Le FARC-EP cessarono quindi i negoziati e ripresero la guerra.
*Dopo una lunga e sanguinosa guerra civile tra il 1948 e il 1958, in cui morirono oltre 200.000 colombiani, chiamata La Violencia, il Partito liberale e il Partito conservatore raggiungono un accordo di alternanza pacifica al governo che di fatto mantengono inalterata fino agli anni ‘90.
*Il Partito Comunista Colombiano funge da sempre da bacino di formazione politica per tutte le organizzazioni legali e clandestine, parlamentari e guerrigliere e svolge una funzione di “cerniera” tra le organizzazioni popolari e le istituzioni.
*Il Centro Democratico è il partito dell’attuale presidente, Iván Duque.
*Álvaro Uribe Vélez, latifondista, è l’artefice della creazione del sistema delle Autodefensas, i gruppi paramilitari di estrema destra, ed è stato presidente colombiano dal 2002 al 2010. È il padrino politico dell’attuale presidente Duque e leader delle correnti golpiste e più reazionarie negli ambienti militari e della borghesia imperialista. Durante il suo mandato presidenziale si sono registrati ufficialmente oltre 3 milioni di vittime, tra sfollati, mutilati, uccisi e desaparecidos.