In occasione del Global Health Summit del G20 che si è tenuto a Roma il 22 maggio, ci sono state numerose mobilitazioni dei lavoratori della sanità.
Venerdì 21 maggio, USB e CUB Sanità hanno indetto uno sciopero nazionale, con manifestazioni e presidi in molte città.
Infatti, nonostante le promesse di governanti locali e nazionali, “non ci sarà nessun ritorno alla centralità della sanità pubblica, nessuno sviluppo della medicina di prossimità, niente per i lavoratori del settore, retrocessi da eroi a scocciatori. (…) Il governo Draghi dice chiaramente che si torna all’antico: la riduzione della spesa sanitaria 2022-2024 al 6,3% del Pil significa che i precari resteranno precari, che i posti letto delle terapie intensive non aumenteranno, che la pandemia di Covid-19 non ha insegnato nulla” – dal comunicato di USB.
In piazza sono scesi insieme alla CUB anche molti lavoratori della sanità contrari all’obbligo vaccinale. Anche tra i lavoratori delle strutture sanitarie, infatti, sta montando la protesta per l’obbligatorietà dei vaccini anti-Covid al personale, pena il demansionamento e l’essere mandati a casa fino al 31 dicembre senza stipendio. I lavoratori (molti dei quali già vaccinati) denunciano che questa, più che una misura di buon senso, è un’arma di ricatto vera e propria, che non lascia alcuna libertà di scelta al personale ospedaliero e sanitario. Oltretutto, denunciano i lavoratori, non viene preso in considerazione il necessario utilizzo di altre misure come l’uso dei DPI e il distanziamento, eleggendo il vaccino a panacea di tutti i mali quando è chiaro che i problemi della sanità (e i rimedi) sono ben altri.
Il giorno dopo, sempre a Roma, si è svolto un corteo organizzato da USB, al quale hanno partecipato anche molti lavoratori, partiti e associazioni. Sono scese in piazza più di 3000 persone, per chiedere la liberalizzazione dei vaccini e una sanità territoriale pubblica, gratuita e universale, in continuità con le manifestazioni del giorno precedente.