La classe dominante basa il mantenimento del suo potere principalmente su due fattori: l’intossicazione delle coscienze delle masse popolari, con cui promuove la diversione dalla lotta di classe, e la repressione di chi si organizza, si mobilita e si ribella al corso delle cose.
Per quanto riguarda il primo di questi fattori, oltre alla mistificazione della realtà, la classe dominante fa ampio ricorso alla propaganda di regime per alimentare contraddizioni e divisioni nel campo delle masse popolari e promuovere la guerra fra poveri.
Le propaganda di regime si riflette inevitabilmente sulle concezioni e sulla condotta delle masse popolari: le opposte “tifoserie” che continuamente sorgono pro o contro qualcosa o qualcuno ne sono una manifestazione.
Il meccanismo nasce dall’addossare la responsabilità di questa o quella stortura della società, quando non della rovina dell’intero paese, a questo o quel settore delle masse popolari anziché alla classe dominante, che ne è l’effettiva responsabile.
È un modo di pensare e di fare che deriva direttamente dal senso comune e di cui sono impregnati anche individui e organismi che pure aspirano a trasformare la società e promuovono l’organizzazione dei lavoratori e delle masse popolari in questa direzione.
La concezione comunista del mondo è lo strumento con cui affrontiamo questo fenomeno: ci permette di “leggere la realtà” alla luce degli interessi dei lavoratori e delle masse popolari e di assumere un ruolo funzionale ad essi.
Prendiamo spunto da un testo scritto da Mao Tse-tung nel 1957 (Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo) che, anche se pubblicato in un contesto molto diverso da quello dell’Italia dei nostri giorni, contiene principi universalmente validi e per questo ne consigliamo lo studio.
Anzitutto, il testo illustra l’esistenza due tipi di contraddizioni che i comunisti devono imparare a distinguere per trattare ognuna di esse nel modo giusto: 1. le contraddizioni tra masse popolari e borghesia imperialista, 2. le contraddizioni in seno al popolo.
Le contraddizioni del primo tipo nascono da una inconciliabile contrapposizione di interessi di classe. La borghesia è la classe dominante e può continuare a esistere solo perpetuando l’oppressione e lo sfruttamento delle masse popolari nel loro insieme, dei lavoratori e del pianeta. Le masse popolari sono classi dominate, possono emanciparsi da questa condizione solo facendola finita con il capitalismo e con la borghesia, facendo la rivoluzione socialista.
Si tratta dunque di contraddizioni antagoniste, tra nemici che hanno interessi opposti e in nessun caso conciliabili e che possono essere risolte dai lavoratori e dalle masse popolari solo eliminando la borghesia come classe, anche con l’uso della violenza.
Le contraddizioni del secondo tipo, quelle in seno al popolo derivano dal modo di produzione capitalista (educazione all’individualismo, alla concorrenza, al cane mangia cane, al corporativismo, ecc.) e sono alimentate dalla divisione della società in classi e dalla propaganda di regime. Esse sono assolutamente reali e concrete, basti pensare a quelle che sorgono fra lavoratori dipendenti rispetto ai lavoratori autonomi, fra gli operai e i dipendenti pubblici, fra uomini e donne, omosessuali ed eterosessuali, fra italiani e stranieri, fino ad arrivare a quelle che sorgono dalla condotta dell’individuo che si pone “da solo contro tutti” nella speranza di salvarsi dagli effetti della crisi. Sono tutte contraddizioni concrete, ma non sono contraddizioni antagoniste: i problemi degli operai non si risolvono con l’eliminazione dei dipendenti pubblici o dei piccoli lavoratori autonomi, così come i problemi degli italiani non si risolvono con l’eliminazione degli stranieri, né quelli degli eterosessuali con l’estinzione degli omosessuali, ecc.
Le contraddizioni in seno al popolo non si possono risolvere fintanto che sussiste la classe dominante, il suo modo di produzione e la sua società divisa in classi, ma si possono affrontare – anzi si devono affrontare – alla luce della contraddizione antagonista fra masse popolari e classe dominante.
I comunisti – ma più in generale chiunque voglia cambiare la società – non devono trattare le contraddizioni in seno al popolo come si tratta la contraddizione fra masse popolari e classe dominante.
Mao Tse-tung riassume il metodo per affrontare le contraddizioni in seno al popolo con la formula “unità-critica-unità” e il principio “curare la malattia per salvare il malato”.
Significa che nel trattarle bisogna sempre considerare la discriminante di classe e partire dal comune desiderio di avanzare nella trasformazione della società. Esse si affrontano positivamente con il ragionamento, il confronto, la formazione e l’educazione per trovare un’unità superiore funzionale all’obiettivo comune. Non si risolvono con la violenza.
Il discorso è più chiaro se ricorriamo a esempi concreti.
Rispetto alla “guerra” vaccini sì/vaccini no quella parte di masse popolari che non si fida e non si affida alla campagna vaccinale promossa dalle multinazionali del farmaco e dalle istituzioni borghesi viene accusata, denigrata, isolata anziché essere coinvolta nella comune lotta – che è cioè nell’interesse di tutte le masse popolari – contro le grandi case farmaceutiche, per vaccini sicuri e trasparenti, per il diritto alla salute.
In maniera analoga, possiamo trovare atteggiamenti arretrati anche fra i dirigenti dei movimenti popolari e persino tra i dirigenti comunisti rispetto, ad esempio, alle questioni di genere: chi ha posizioni sbagliate, arretrate e nocive alla causa dell’emancipazione delle donne e alla lotta contro le discriminazioni viene isolato anziché “curare la malattia per salvare il malato”. Capita che la questione finisca per disgregare interi organismi, anziché essere occasione di dibattito franco e aperto, di crescita collettiva e stimolo per alimentare la mobilitazione per i diritti delle donne e della comunità LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) ai fini della lotta di classe.
Le contraddizioni emerse alla manifestazione dello scorso 1º Maggio a Milano offrono un ulteriore spunto di riflessione.
In mesi di lavoro comune e di assemblee si è costruita una mobilitazione unitaria dei sindacati combattivi e di numerose altre realtà. Il risultato è stato un corteo molto partecipato, nonostante la pioggia battente. Anziché aprire a una prospettiva di sviluppo del coordinamento, la manifestazione è divenuta invece terreno di scontro tra le diverse organizzazioni a causa delle spinte alla concorrenza delle une sulle altre.
Ciò ha provocato una battuta d’arresto nello sviluppo dell’unità d’azione tra le realtà che avevano costruito la giornata.
Ecco che il tentativo di costruire l’unità di tutti i lavoratori e di tutte le masse popolari per lottare efficacemente contro la borghesia, faticosamente perseguito, è andato in frantumi in un attimo per questioni che poco hanno a che vedere con gli interessi delle masse e con la lotta per cambiare la società. E di questo il nemico di classe gioisce.
Imparare a trasformare le contraddizioni in seno al popolo in strumento di educazione e formazione collettiva è un compito urgente: le masse popolari organizzate devono marciare verso la costituzione di un loro governo di emergenza che tolga di mezzo Draghi e sbarri la strada al programma comune della classe dominante e alla mobilitazione reazionaria. Pertanto le contraddizioni non vanno nascoste, come anche le divergenze. Vanno al contrario esposte, messe bene in chiaro e trattate tenendo fermi gli interessi di classe.
Solo così esse possono essere occasione di cura e formazione, perché il fine non è avere ragione o torto, ma perseguire con sincerità e dedizione la strada funzionale a sostenere il processo che le masse popolari devono compiere: trasformarsi da classe oppressa a nuova classe dirigente della società.