La Sezione di Milano Nord-Est da gennaio sta sostenendo la mobilitazione di Paolo Galante contro il suo licenziamento.
Paolo è un operaio della Teamware, azienda specializzata nella progettazione e produzione di sistemi per il monitoraggio e il telecontrollo delle reti elettriche.
A dicembre dell’anno scorso, ha scritto due mail al medico del lavoro per chiedere delucidazioni sul rispetto dei protocolli di sicurezza, a seguito di una gestione poco chiara di un focolaio di Covid-19 scoppiato in azienda. A seguito della sua richiesta è emerso che il medico non sapeva neanche del focolaio e che l’azienda non aveva posto in essere le procedure necessarie a prevenire e contenere il contagio.
Da gennaio sono iniziate le ritorsioni: Paolo torna a lavoro e trova la sua postazione spostata, senza nessuna spiegazione. Per tutelarsi decide di iscriversi alla CUB a fine gennaio. La settimana successiva viene prima demansionato, poi contestato per negligenza sul lavoro e sospeso per tre giorni. A fine febbraio viene nuovamente contestato per aver violato il vincolo di fedeltà aziendale, prendendo a pretesto una foto (in cui è visibile parte di un macchinario dell’azienda), da lui postata su Linkedin.
È evidente che le contestazioni sono solo un pretesto per colpire un lavoratore che ha osato iscriversi al sindacato, ha osato fare domande sulla gestione della sicurezza in fabbrica, che si è permesso, insomma, di contestare il potere assoluto del padrone in azienda.
La Teamware, prima sospende Paolo e poi lo licenzia, mentre fa girare tra i colleghi una lettera da sottoscrivere in cui li invita a sostenere la tesi secondo cui l’azienda è dalla parte della ragione, che non c’è nessuna politica antisindacale, nessun problema di sicurezza. Un chiaro invito alla dissociazione. La lettera verrà pubblicata anche sul quotidiano Il Giorno, che aveva precedentemente pubblicato un’intervista a Paolo sulla sua vicenda.
Queste sono situazioni e meccanismi che purtroppo gli operai conoscono bene. Ma la parte interessante è la mobilitazione che Paolo ha deciso di mettere in campo invece di arrendersi alla situazione. Tra marzo e aprile ha organizzato due presidi davanti all’azienda. Essi sono stati di esempio perché, facendo appello alla solidarietà, Paolo è riuscito a costruire un ampio fronte di lotta.
Importante è stato in questo senso il suo approccio, per nulla settario ma anzi aperto al confronto, che deve essere di stimolo per tutti i lavoratori che intendono lottare per i propri diritti. Paolo è, come detto, iscritto alla CUB, partecipa alla Brigata operaia (che fa parte del movimento delle Brigate per l’emergenza), ha un confronto stabile con la Sezione e ha partecipato a tutte le manifestazioni, che si sono dispiegate a Milano in questi mesi, al di là dell’organizzazione politica o sindacale che le indiceva.
Anche grazie a questo, i presidi che lui ha promosso sono stati partecipati da molte realtà, differenti tra loro, ma unite nel sostenere un operaio che sta lottando contro un ingiusto licenziamento. Sindacati di base, Brigate per l’emergenza, collettivi di studenti, partiti comunisti, anarchici, lavoratori e solidali, tutti hanno preso parte alla mobilitazione in solidarietà con Paolo.
In piccolo, questa mobilitazione ha mostrato quello che la classe operaia può fare in grande: diventare un punto di riferimento per un ampio fronte di organizzazioni popolari, sindacati, partiti, lavoratori, studenti, pensionati, ecc. che mette al centro di ogni sua pratica i diritti delle masse popolari. Perché ciò accada è necessario superare le concezioni settarie, la concorrenza tra diverse realtà, la logica del “piccolo orticello”: l’esperienza di Paolo insegna che queso è possibile.
La lotta non è finita. Paolo deve essere reintegrato e il vincolo di fedeltà aziendale abolito!