Presentiamo di seguito un’intervista anonima che ci ha rilasciato un operaio della Trigano di Poggibonsi. La Trigano è una multinazionale che produce camper. Lo scorso anno ha avuto un boom di produzioni anche in seguito alle restrizioni legate al turismo e alle (conseguenti) chiusure di molte strutture alberghiere. La stampa locale ha sbandierato nuove assunzioni, dipingendo un idilliaco ritratto dell’azienda. Ma non è tutto oro quello che luccica: ci risulta, infatti, che sono comunque molti i problemi a cui mettere mano. Ne abbiamo parlato con un operaio, che ci ha mostrato un quadro diverso e più completo della situazione reale.
Ci puoi dire quale è la reale situazione delle maestranze in fabbrica?
Bisogna andarci cauti con le notizie che danno i giornali: le numerose assunzioni di cui parlano sono solo propaganda perché le assunzioni vanno a favore dell’azienda che ora sta avendo un picco di produzione e, quindi, sfrutta i lavoratori ma, quando non ci sarà più bisogno, la maggior parte di noi verrà mandata a casa.
Vista la disastrosa gestione della pandemia, siamo ancora costretti a rinunciare a molte libertà personali (uscire, andare in palestra…) e a molti diritti (divieto di fare assemblee ecc..) ma abbiamo continuato a lavorare. Come vivi questa contraddizione? Ti senti sicuro sul tuo posto di lavoro?
Sulla contraddizione “lavoro sì-divertimento no” esprimo la mia personale opinione, anche al di fuori dell’azienda. Credo che la gestione della pandemia sia stata ridicola: non ha senso tenere aperte alcune attività produttive (vedi fabbriche) e chiuderne altre (per esempio i bar). Io vado a lavoro tutti i giorni ma non posso uscire a divertirmi: a questo punto non vedo perché non debbano lavorare, in sicurezza, anche le piccole e medie imprese o gli artigiani che sono quelli che stanno soffrendo di più: bene o male i dipendenti delle grandi ditte hanno la CIG e tutto il resto. Per quanto riguarda le misure prese alla Trigano mi sento abbastanza sicuro: non sono un soggetto a rischio, ci viene fornito il materiale e ci sono molti controlli, a volte anche troppi.
Abbiamo saputo dell’hackraggio di qualche mese fa a causa del quale il lavoro si è fermato per qualche giorno. Come ha reagito l’azienda nei vostri confronti?
La storia è stata un po’ travagliata. Partiamo dal presupposto che i sindacati hanno fatto davvero poco se non farsi mettere i piedi in testa. Quello che mi ha fatto più arrabbiare è stato il ricatto: se i lavoratori non avessero svolto le 14 ore di straordinario richieste, in seguito all’hackeraggio, avrebbero tolto 500 euro dal bonus produzione. Se a me spetta un bonus produzione annuale di 1400 euro per 3000 camper o 4000 (non ricordo) e perdo 90 camper, non mi puoi togliere 500 euro (che è più di 1/3 del bonus totale). Basta fare la proporzione, pari a 90 camper: quanto verrà? 100 o 200 euro in meno, non 500! Poi a quel punto deciderò io se fare o meno gli straordinari.
I lavoratori della Trigano si sono mostrati molto combattivi in occasione del primo lockdown organizzandosi per la chiusura da subito della fabbrica (la prima a chiudere e l’ultima a riaprire in tutta la Toscana), dimostrando che la classe operaia e tutt’altro che morta. Pensi che l’esperienza possa insegnare qualcosa? Come pensi si possa mettere concretamente mano ai problemi che vivete ogni giorno in azienda?
Quello che consiglio per mettere mano ai problemi dell’azienda è cercare di unire il più possibile gli operai. Dentro alle fabbriche vige la regola “divide et impera”, si tende a isolare la persone e questo favorisce l’egosimo e la non collaborazione. Se questo vale in ogni campo della nostra società ed è un male, nell’azienda la divisione dei lavoratori favorisce il nemico, il padrone. Perciò è necessario unire di più il corpo operaio. Alla fine nella mia azienda non si lavora male, non c’è un clima teso ma comunque è un lavoro fine a se stesso, non c’è formazione, non c’è innovazione, tutto è molto arrangiato anche i singoli processi produttivi, quando manca qualcuno viene spostata gente da una fase all’altra ecc…Immagina in un momento come questo, in cui molto spesso ci sono quarantene e manca regolarmente il personale. Insomma, anche in una fabbrica apparentemente tranquilla, ci sono diverse problematiche che potrebbero essere risolte “semplicemente” organizzando gli operai e ripartendo da loro, da noi.