Nei giorni scorsi gli studenti del collettivo ABANA, dal 23 febbraio in occupazione dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, sono stati sgomberati con un blitz delle forze dell’ordine e identificati dalla Digos. Un’operazione militare a tutti gli effetti, condotta alle prime luci dell’alba. Oggi, sulla testa dei 17 studenti identificati pendono tre capi d’accusa: occupazione di bene pubblico, utilizzo improprio di bene culturale e danneggiamento, oltre alle sanzioni previste per la violazione dei dispositivi anti-Covid.
Si tratta di un atto repressivo ai danni di un’iniziativa studentesca che, alla vergogna di un sistema di istruzione pubblica che in Campania, da marzo 2020 a marzo 2021, ha contato solo 28 giorni di scuola in presenza, aveva contrapposto l’autorganizzazione sociale di una didattica alternativa e attività culturali e politiche per la rivendicazione del diritto allo studio. Un’occupazione, quella studentesca, come iniziativa simbolica e sostanziale insieme, a dimostrazione che solo i soggetti sociali organizzati (gli studenti per ciò che concerne Scuola e Università, i lavoratori e gli operai per quanto riguarda le aziende pubbliche e private, i disoccupati per tutto il lavoro che occorrerebbe fare per rimettere in piedi il nostro paese, nonché il loro coordinamento) sono in grado di mandare avanti la produzione di beni e servizi che le autorità costituite tagliano, delocalizzano, chiudono, lasciano che vada alla malora. Possono farlo e farlo in autonomia e in sicurezza.
Gli studenti non a caso avevano costituito un proprio servizio d’ordine interno per garantire la sicurezza dell’occupazione, nonché acquistato, di tasca propria, mascherine, gel, tamponi, ecc. per tutelare la salute collettiva e individuale. E non a caso non hanno riportato alcun caso di Covid, seppure l’occupazione è, di fatto, vita collettiva.
Una vita collettiva organizzata che, nel corso di poco più di un mese, ha garantito la cura di un bene ormai chiuso e abbandonato da un anno, ha realizzato laboratori e assemblee pubbliche, ha ripreso, denunciato e fatto luce su questioni e problemi storici dell’Accademia (dalla vergognosa vicenda delle molestie sessuali di cui alcune studentesse sarebbero state oggetto da parte di “professori”, all’assenza di aule studio e di socializzazione studentesca, dall’abbandono del cortile interno alla struttura al sottoutilizzo del teatro, ecc.).
Altro che “danneggiamento” o “uso improprio” dell’Accademia! Al contrario, la tutela sociale di una struttura e un’istituzione che non è solo palazzo d’arte e esamificio, ma luogo di produzione di arti e di saperi, per la loro socializzazione responsabile e fruizione sociale.
Il Partito dei CARC – Federazione Campania esprime solidarietà incondizionata agli studenti identificati e al collettivo ABANA e li invita:
– a rafforzare il coordinamento già esistente con i lavoratori dello spettacolo attualmente in occupazione del Teatro Mercadante e di altri teatri italiani (da Roma a Padova) che, per contrastare il cerchio della repressione che si stringe e mantenere l’iniziativa in mano, si sono dati già in piano di attività e interventi locali, nazionali e finanche internazionali (il collegamento con i teatri occupati in Francia);
– a stringersi ad altri settori di studenti in lotta, dai medi nuovamente in agitazione agli universitari che riprendono la via dell’organizzazione e del coordinamento con altri spaccati sociali (lavoratori combattivi, disoccupati organizzati, ecc.);
– ad unirsi strettamente e senza riserve ai settori organizzati più strettamente operai e popolari (dagli operai Whirlpool alla Stellantis-exFCA, dai comitati di utenti e lavoratori della Salute, ai disoccupati 7 novembre)
– a chiamare a sostegno diretto della lotta studentesca professionisti del settore che pure hanno già preso posizione come Daniele Sepe e altri e, più in generale, le forze politiche sane della città, quelle non disposte a piegarsi ai dettami di governi e prefetture in grado di concepire le questioni sociali solo come mere questioni di ordine pubblico;
– a portare, quindi, la lotta nelle strade e nelle piazze della città, contribuendo a promuovere un fronte comune contro la repressione, i suoi apparati, i governi che ne sono i mandanti;
Riprendere le attività dell’Accademia non è, oggi, solo una rivendicazione studentesca, ma dev’essere parte di un percorso di lotta e organizzazione, un’azione politica che dimostri come a fronte delle autorità costituite che non riescono più ad organizzare non solo il consenso, ma la stessa vita sociale collettiva delle masse popolari, solo autorità pubbliche nuove, fondate sulle organizzazioni operaie e popolari e, tra queste, quelle studentesche, possono rimettere in marcia il paese, costruendone l’alternativa di classe, di sistema, di potere.
È di questo che si sostanzia anche il dibattito e la pratica dei coordinamenti di artisti, operatori della cultura e dello spettacolo che si stanno sviluppando sull’onda dell’emergenza Covid-19. È questo, in sintesi, il passo decisivo da fare in questa fase: combinare le rivendicazioni particolari con l’attuazione autonoma delle misure che è possibile mettere in campo direttamente e il coordinamento con altri settori delle masse popolari per guadagnarsi a una prospettiva generale unitaria, ossia contribuire, in ogni ambito, a costruire una nuova governabilità del paese, quella delle masse popolari organizzate e del loro governo di emergenza.
Questo governo sarà la scuola pratica necessaria affinché le masse popolari stesse imparino, via via, a prendere ed esercitare il potere in ordine al quale costruire una nuova società dove la formazione, la socialità, l’arte, la cultura e, più in generale, le attività specificamente umane, non siano più appannaggio della classe dominante che le riduce a merce che si vende, si svende, si compra, ma patrimonio sociale collettivo. Questa società nuova ha il suo nome: socialismo.