Questo articolo ha l’intento di illustrare come i paesi socialisti – nello specifico la Repubblica Popolare Democratica di Corea – hanno gestito la crisi pandemica scaturita dalla proliferazione del Covid-19. Questi paesi dimostrano di aver raggiunto risultati innegabilmente superiori rispetto a quelli ottenuti da buona parte dei paesi imperialisti. L’esempio del nostro paese parla chiaro: in Italia, a circa un anno di distanza dall’inizio della diffusione del virus, il numero di contagiati ha superato i 3 milioni di unità e continua ad aumentare. Per non parlare degli Stati Uniti d’America che stanno raggiungendo quota 30 milioni di contagiati e rappresentano il Paese con la percentuale e il numero di contagiati più alti al mondo. Questo, molto semplicemente, accade perché nei paesi imperialisti anche la sanità è oggetto di speculazioni, profitto ed interessi economici, al contrario dei paesi socialisti dove l’obiettivo primario è il benessere e la cura delle masse popolari. Le informazioni ed i dati qui esposti sono stati presi dal libro “Kim Jong Un: ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare” della Anteo Edizioni.
In Corea le prime misure messe in atto per contrastare l’avanzata del Coronavirus risalgono al 22 Gennaio 2020, data in cui venne vietato l’accesso dei turisti stranieri nel Paese ed imposta una quarantena di due settimane – il mese dopo estesa dapprima a 30 giorni, in seguito fino a 40 – a coloro che erano appena rientrati dall’estero.
Per prevenire la diffusione del nuovo virus, a partire dall’inizio di febbraio il Comitato non permanente per la salute pubblica ha portato avanti un’intensa campagna di informazione atta sia a rendere maggiormente consapevole la popolazione sulle corrette norme anti-contagio, sia ad identificare immediatamente i potenziali sintomi (quali tosse e febbre) per poter eseguire subito delle analisi corrette. Oltre a ciò il Centro Nazionale anti-epidemico si è occupato di istituire un sistema di trasporto dei campioni su tutto il territorio ed ha analizzato quelli provenienti da alcuni paesi esteri, analizzandoli e diffondendo i dati raccolti affinché gli enti anti-epidemici potessero prendere le misure adeguate.
Anche per le merci in arrivo dall’estero sono stati presi una serie di provvedimenti, come tenere i carichi in quarantena e disinfettarli a fondo: gli uffici dediti all’ispezione delle navi e delle merci furono infatti forniti di materiali ed attrezzatura adeguati alla sanificazione, come tute protettive e pistole a spruzzo in maniera tale da poter disinfettare efficacemente e in sicurezza sia i beni che i mezzi di trasporto con cui erano arrivati.
Durante la sessione allargata dell’Ufficio Politico del CC del Partito del Lavoro di Corea del 29 Febbraio lo stesso Kim Jong Un, denotando la pericolosità e l’imprevedibilità del virus, ha insistito sulla necessità da parte del Presidium dell’Assemblea Popolare Suprema e del Consiglio dei Ministri di rafforzare e velocizzare la formazione dei quadri medici e del personale sanitario sulla base delle esperienze fino ad allora raccolte sul Covid-19 e di introdurre nuove misure e regole per prevenire il contagio.
Come si può già intuire da tali misure preventive messe in atto sin da subito, il fulcro del sistema sanitario di un paese socialista è la prevenzione: mentre nei Paesi capitalisti vige la politica del profitto e, pertanto, alla prevenzione viene data minor importanza perché è meno redditizia rispetto alla produzione e vendita di medicinali, nella Corea socialista la profilassi svolge un ruolo fondamentale e lo scopo principale è proteggere la popolazione facendo sì che non avvenga alcun contagio.
Sempre su questa linea sono state portate avanti, nei mesi tra febbraio e aprile, anche le successive direttive del Partito del Lavoro di Corea in materia di profilassi: bambini e studenti sono stati lasciati a casa per evitare che rischiassero di contagiare gli anziani e il Governo ha posticipato le iscrizioni annuali scolastiche; ampie campagne di vaccinazione antinfluenzale e distribuzione di medicinali e disinfettante; tutti i cittadini che erano entrati nella RPDC prima della chiusura dei confini erano stati sottoposti ad un totale di 40 giorni di quarantena; le madri lavoratrici sono state incentivate a rimanere a casa a seguire i figli piccoli, garantendo loro salario pieno e copertura medica in caso di necessità; sono state inoltre date disposizioni di acquistare beni e tessuti dalle fabbriche locali anziché dall’estero visto che le merci estere sono solitamente più costose e necessitano inoltre delle numerose misure di sterilizzazione. Il Comitato Centrale del Partito, la Commissione per gli affari di Stato e il Governo hanno poi approvato il 12 Aprile una risoluzione congiunta per rivedere gli obiettivi pianificati per il 2020, in maniera tale da garantire la sicurezza dei cittadini rafforzando le misure anti-epidemiche anche a costo di rallentare i ritmi di sviluppo economico per la durata dell’emergenza sanitaria.
A tutto ciò si aggiunge anche una stretta collaborazione con l’OMS per monitorare i potenziali casi sospetti e per confermare che le misure preventive intraprese fossero corrette e l’inizio dei lavori per la costruzione di un nuovo complesso ospedaliero a Pyongyang con il conseguente aumento del personale sanitario.
Un altro elemento importante che ha permesso alla Corea di non avere alcun contagio è stata la massiccia campagna di informazione sul virus effettuata su larga scala e con varietà di iniziative. Con le visite degli operatori sanitari nelle scuole e nei luoghi di lavoro per istruire sui metodi corretti per prevenire il contagio e sulle condizioni di quarantena. Con l’informazione sulla distribuzione di medicinali e disinfettanti. Con la mobilitazione di furgoncini con altoparlanti e il montaggio di schermi elettronici nei luoghi pubblici per diffondere le medesime istruzioni. A ciò si aggiungono le esortazioni da parte degli organi di Partito verso le masse di segnalare eventuali mancanze ed omissioni nelle misure preventive ed a seguirle correttamente, a loro volta rafforzate da ispezioni e controlli da parte degli operatori sanitari e degli enti di prevenzione anti-epidemica.
Nonostante queste imponenti misure preventive e la conseguente assenza di contagiati lo stesso Kim Jong Un, durante una sessione allargata del CC del Partito svoltasi il 2 Luglio, ha incitato a mantenere alta la guardia e di continuare a rafforzare i metodi di profilassi. In questo discorso Kim Jong Un ha criticato duramente alcuni quadri per la loro noncuranza e poca attenzione nei confronti di questa emergenza e ribadito che non seguire le dovute precauzioni con la giusta dedizione avrebbe comportato rischi incalcolabili per il paese. Ha inoltre insistito sulla necessità da parte delle organizzazioni e branche del Partito a tutti i livelli e settori di garantire la massima correttezza nell’esecuzione delle direttive anti-epidemiche emanate dal CC del Partito del Lavoro ed ha sottolineato il bisogno di mantenere l’unità di pensiero ed azione sia tra le fila del Partito stesso che in tutti i rami della società.
Ad oggi la RPDC non ha avuto alcun contagio all’interno del Paese e tale risultato è riconducibile principalmente a tre fattori. Il primo fattore è il ruolo svolto dal Partito del Lavoro di Corea e dallo Stato della Corea socialista che hanno adottato prontamente misure preventive mentre i paesi sotto l’ombrello della Comunità Internazionale tentennavano sul da farsi o addirittura negavano la pandemia. Il secondo fattore è stato il sistema di controllo unificato e l’intensa e incessante attività da parte del Quartier Generale anti-epidemico Centrale, che ha fornito le corrette disposizioni, informazioni e materiali per evitare il contagio; il terzo, ma non meno importante, è stato l’unità e la disciplina del Popolo, che ha eseguito le direttive del Partito e delle istituzioni sanitarie agendo all’unisono.
In conclusione, non si può non convenire su quelli che sono risultati innegabili: i paesi socialisti sono quelli che meglio hanno affrontato la crisi pandemica, registrando un numero di contagi pari a zero – come in Corea – o comunque molto esiguo (come nel caso di Cina, Vietnam e Cuba) ed una ancor più bassa cifra di morti attribuiti al Covid. Non si può dire lo stesso per i paesi della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, UE e sionisti. Abbiamo visto nel nostro paese come le autorità hanno negato o minimizzato i rischi legati al virus per mantenere aperte le aziende più grandi senza prendere le dovute cautele. Abbiamo visto sempre nel nostro paese come il servizio sanitario si sia dimostrato asservito ad affaristi e speculatori, come esito di decenni di privatizzazioni. Abbiamo visto infine milioni di individui delle masse popolari rimasti senza lavoro e reddito e che non hanno ricevuto che briciole dallo Stato insufficienti anche solo ad arrivare alla fine del mese. Di fronte a tutto questo, esempi come quello della Corea socialista ci indicano che il socialismo è il futuro dell’umanità. Un futuro di cui esistono i presupposti oggettivi, un futuro che è la cura dei disastri causati dal permanere del capitalismo.