Perché aspettare? Cause ed effetti dell’attendismo

Chi non ha obiettivi – o si dà obiettivi così generali da non avere una traduzione nel particolare e nel concreto – agisce principalmente su impulso esterno, sulla base dell’iniziativa di altri. Questo è particolarmente evidente e anche particolarmente nocivo quando si parla di politica rivoluzionaria.

Nessun soggetto rivoluzionario può agire efficacemente, se la sua azione si limita a rispondere all’iniziativa del nemico. Per agire efficacemente, in modo indipendente da quello che il nemico fa o non fa, bisogna avere una strategia e bisogna che la strategia sia tradotta in tattiche. Le tattiche cambiano mano mano che cambiano le condizioni generali, la strategia rimane ferma. In altre parole: la tattica è funzionale alla strategia. In nessun caso, comunque, né la tattica, né la strategia comportano l’aspettare a tempo indefinito che il nemico faccia la sua mossa, dispieghi le sue forze, persegua i suoi obiettivi. Chi lascia mano libera al nemico è il principale artefice della propria sconfitta.

L’attendismo è una concezione che si è presentata e ripresentata nel movimento comunista del nostro paese, in ragione del fatto che i comunisti italiani per lungo tempo non hanno avuto la capacità di elaborare una strategia per la rivoluzione socialista né di mettere a fuoco e dispiegare tattiche corrispondenti. Per lungo tempo i comunisti del nostro paese si sono avviluppati nelle tare tipiche del movimento comunista dei paesi imperialisti: il riformismo / elettoralismo e l’economicismo. La particolarità del nostro paese sta nel fatto che per contrastare l’opera dei revisionisti moderni che presero la direzione del PCI dopo la vittoria della Resistenza si sviluppò anche una terza tara, il militarismo. Benché essa non sia oggi influente come le altre due – ben presenti e gravide di conseguenze pratiche – va considerata come ingrediente di confusione e deviazione rispetto alla concezione comunista del mondo.

Torniamo alle manifestazioni dell’attendismo. Ve ne sono di esemplari lungo tutta la storia del movimento comunista e rivoluzionario italiano.
Fu attendista il PSI quando con la linea “ne aderire né sabotare” durante la Prima guerra mondiale, abdicò al ruolo di Stato Maggiore della guerra di classe che le masse popolari erano ben decise a combattere. E infatti, oltre a non trasformare la guerra imperialista in rivoluzione socialista, la direzione del PSI contribuì anche alla sconfitta del Biennio Rosso, spianando così la strada al fascismo.
Fu attendista Bordiga, quando anziché mettersi alla testa della costruzione del fronte popolare contro l’avanzata del fascismo sostenne che il partito comunista era troppo debole e doveva conquistare tutti gli operai comunisti per fare la rivoluzione, anziché “perdere tempo” con gli operai non comunisti e le classi popolari non proletarie per sbarrare la strada al fascismo.

Ma veniamo all’oggi. Quando è scoppiata la pandemia, molti partiti e organizzazioni comuniste si sono accodate alla propaganda di regime e anzi se ne sono fatte portavoce. Hanno indicato alle masse popolari di riporre speranze e fiducia nei loro carnefici.
“Aspettiamo che finisca l’emergenza per riprendere le attività ordinarie e la lotta di classe”: così si è tradotto l’attendismo che ha lasciato mano libera a Confindustria, Vaticano e padroni della sanità privata. Il prezzo della libertà dei padroni sono gli oltre 90mila morti e una crisi economica e sociale senza precedenti che grava interamente sulle spalle delle masse popolari.

Alla base dell’attendismo ci sono essenzialmente due forme di sfiducia: la sfiducia nelle masse popolari e la sfiducia nel ruolo dei comunisti. Sembra strano che di sfiducia soffra proprio chi si definisce comunista, ma ciò dimostra che “essere comunisti” non è una questione di etichetta, di estetica, di cultura… ma di ruolo pratico nella lotta di classe.
Per quanto riguarda la sfiducia nelle masse popolari, essa è dimostrazione di una pessima capacità di analisi della realtà. Se guardiamo a quanto successo durante la pandemia e in particolare ai mesi in cui la classe dominante terrorizzava le masse popolari in mille modi, risulta evidente che le masse popolari non hanno potuto attendere che la pandemia passasse per non subire la guerra dei padroni. Ne sono esempio le brigate volontarie per l’emergenza che agiscono su tutto il territorio nazionale e gli scioperi spontanei nelle fabbriche fatti dai lavoratori anche contro “il parere” dei sindacati di regime. Le mobilitazioni oggi continuano e coinvolgono tutte le categorie.
Chi ha una visione delle cose attinente alla realtà ha ormai capito che l’emergenza finirà soltanto quando le masse popolari la faranno finire. Ecco che l’attendismo si dimostra alleato della classe dominante, al di là delle motivazioni con cui viene giustificato.

Per quanto riguarda la sfiducia nel ruolo dei comunisti, ci sono tanti compagni – ma qui ci riferiamo ai gruppi dirigenti – convinti che “non ci sono le condizioni per fare la rivoluzione socialista” e che conseguentemente si limitano a fare una politica di opinione e testimonianza. Ecco, questo è il modo più efficace per continuare a rimanere ai margini della lotta politica. Il partito comunista non è un grande partito di opinione, un grande partito elettorale o una più radicale organizzazione di lotta, ma il reparto di avanguardia della classe operaia, l’intellettuale collettivo della parte più avanzata della classe operaia e delle masse popolari. Per sua natura nasce piccolo e rimane piccolo per un periodo indefinito.
La sua crescita e il suo sviluppo non dipendono da quanta gente riesce a convincere della necessità del socialismo, ma da quanto riesce a farsi interprete delle aspirazioni della parte più avanzata delle masse popolari e a mobilitarle e organizzarle. Pertanto “aspettare di essere tanti”, “aspettare di essere più forti” significa rinunciare ad assumere il ruolo che compete ai comunisti: dirigere la classe operaia e le masse popolari a fare la rivoluzione socialista.

Nel momento in cui Mattarella ha annunciato di aver dato il mandato per formare il nuovo governo a Draghi, in quel momento sarebbe stato possibile sferrare un colpo da togliere il fiato alle Larghe Intese: nessun governo Draghi si sarebbe installato a fronte di diffuse mobilitazioni di protesta. Le mobilitazioni ci sono state, ma poche e non inclusive delle larghe masse, che pure schifano Draghi, al di là di quello che ripetono fino allo sfinimento i media di regime, snocciolando dati di sondaggi veri come una banconota da 15 euro.
Le tesi che andavano per la maggiore dicevano “non si è ancora insediato, cosa protestiamo a fare? Aspettiamo che ottenga la fiducia”. Aspettare l’installazione del governo Draghi è stata una forma di attendismo a cui oggi si può rimediare a patto che le mobilitazioni per cacciare il governo coinvolgano quei settori non proletari delle masse popolari che pure si stanno mobilitando contro gli effetti della crisi (commercianti, lavoratori autonomi, P.IVA, ecc.).
Contrapporre la mobilitazione della classe operaia a quella delle classi delle masse popolari significa lasciare campo libero alla mobilitazione reazionaria (vedi intervista ai portuali di Genova a pag. 12).

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