La parabola del M5S e le prospettive dell’opposizione a Draghi

Sulla fiducia a Draghi il M5S si è spaccato. Una frattura profonda che dalla base arriva ai vertici e che ha prodotto, per il momento, la fuoriuscita o l’espulsione di 40 portavoce fra Camera e Senato.
I sommovimenti non sono finiti: anche una parte di coloro che “per disciplina” ha votato la fiducia a Draghi è tutt’altro che convinta di sostenere, assieme a Forza Italia e Italia viva, il governo delle banche e del sistema economico contro cui il M5S è sorto.
Chi cerca le cause della parabola del M5S nel “tradimento dei capi” o nella trita litania che “una volta al governo sono tutti uguali” non giungerà a conclusioni utili. La parabola del M5S offre invece insegnamenti importanti a chi vuole usarli ai fini della battaglia che abbiamo di fronte: cacciare Draghi e imporre un governo di emergenza popolare. Di seguito ne indichiamo alcuni.

1. Il legalitarismo è una concezione (da cui discende una condotta) che favorisce la classe dominante e danneggia le masse popolari. Negli eletti del M5S il legalitarismo si manifesta nel concepire il proprio ruolo come quello del “buon eletto” (rispettoso delle regole, delle prassi e delle liturgie del teatrino della politica borghese). Invece fare gli interessi delle masse popolari significa anche violare le leggi, se necessario.
Del resto la classe dominante le viola sistematicamente quando sono di intralcio ai suoi interessi.
Nella base del M5S il legalitarismo si è manifestato nella tesi di lasciar lavorare gli eletti, anziché incalzarli e stare loro “con il fiato sul collo”.

2. Chi cerca di conciliare gli interessi della classe dominante con quelli delle masse popolari, porta sempre acqua al mulino della classe dominante e indebolisce le masse popolari. Nei portavoce del M5S la tendenza alla conciliazione si manifesta nel concepire e condurre la lotta politica come una trattativa tra pari (concedere qualcosa per ottenere altro). Ma ai tavoli istituzionali la classe dominante e gli eletti del M5S non sono allo stesso livello: non c’è possibilità di stringere compromessi quando gli accordi sono in realtà dei ricatti!
Il conciliatorismo si manifesta anche nella base del M5S ogni volta che (sul TAV, sul TAP, ecc.) essa accetta la via dei tavoli di trattativa, degli incontri istituzionali e delle “carte bollate” e rinuncia alla mobilitazione popolare. In realtà, le masse popolari sono in grado di contrattare solo quando si mobilitano e più grande è la loro mobilitazione, tanto maggiore è il loro potere di contrattazione.

3. Se si sottrae l’operato dei vertici al controllo della base, i vertici non rendono più conto a nessuno della loro azione. La restrizione degli spazi di confronto, discussione e decisione e lo smantellamento della rete dei meetup locali ha permesso ai vertici di fare e disfare a loro convenienza e di snaturare il Movimento. Accettando la progressiva distruzione della rete di meetup, anche la base degli iscritti ha contribuito a svuotare il M5S della sua principale forza: il protagonismo popolare.
In questi tre campi si è combattuta la lotta fra la corrente che spingeva per incanalare il M5S verso un’alleanza strutturale con il PD e la sottomissione al sistema politico delle Larghe Intese e la corrente che spingeva per mantenere il M5S fedele al programma di governo per cui aveva ottenuto quasi 11 milioni di voti nel 2018. Tuttavia, in questa seconda corrente, non è mai emersa una componente che con chiarezza, responsabilità – e quindi anche autorevolezza – si mettesse a organizzare la vasta area di quanti dissentivano dall’operato dei vertici; non è mai emersa una direzione alternativa a quella di Di Maio/Crimi (Di Battista ha più volte gettato il sasso per ritirare in seguito la mano).
Anche questo ha contribuito ad allontanare un’ampia fetta di attivisti.

Adesso che fare?
I fuoriusciti e gli espulsi possono avere un ruolo positivo ai fini della lotta per dare al paese il governo di cui c’è bisogno, un governo di emergenza delle masse popolari, solo se si mettono al servizio di questo obiettivo “senza se e senza ma”.

Gli eletti e i portavoce di ogni ordine e grado (Camera, Senato, Consigli regionali e comunali, ecc.) si devono mettere al servizio degli organismi operai e popolari.
Ribadiamo il punto perché è l’aspetto decisivo: non devono “porsi come referenti”, devono mettersi al servizio, cioè devono fare quello che gli organismi operai e popolari dicono loro di fare senza accampare scuse e senza indugi.
Ispezioni nelle aziende per verificare le condizioni di lavoro e i dispositivi di sicurezza (non solo contro il Covid-19: ci sono più di 2 morti al giorno sui luoghi di lavoro!);
ispezioni negli ospedali pubblici e nelle strutture private o nelle carceri;
partecipazione alle manifestazioni dei lavoratori e dei commercianti;
interrogazioni parlamentari e ricorsi contro le rappresaglie che colpiscono chi denuncia condizioni insostenibili di lavoro (vedi medici e infermieri);
partecipazione ai picchetti contro gli sfratti (che vengono eseguiti nonostante siano formalmente sospesi)…
sono solo alcuni esempi di cosa intendiamo per “mettersi al servizio degli organismi operai e popolari”. Ogni organismo, organizzazione sindacale e rete sociale potrà individuare altri mille modi attraverso cui farlo.

Anche il ruolo della base deve essere diverso rispetto al passato: gli attivisti non devono ridursi a tifare per gli eletti o a denigrarli all’occorrenza, devono dire loro cosa fare e come farlo. Gli eletti vanno incalzati, quello che fanno o non fanno va verificato e chi di loro si nasconde dietro un dito deve essere isolato.
Quello che nel prossimo futuro farà o non farà la vasta componente di eletti che è rimasta nel M5S pur non condividendo la linea di Grillo, Di Maio e Crimi (votando la fiducia a Draghi, certo) dipenderà anche da quanto e come l’ala dei fuoriusciti e degli espulsi si metterà al servizio degli organismi operai e popolari.
Non è utile fare processi sul fatto che abbia riposto fiducia nelle balle raccontate da Grillo (ministero sulla transizione ecologica, ecc.) o che abbia fatto finta di crederci per mantenere il posto: chi fra loro ha e vuol mantenere – o vuole assumere – un ruolo positivo si deve mettere al servizio della mobilitazione delle masse popolari.

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