Liberare il paese dai nostalgici del regime DC

Il punto sulla situazione politica

Il 26 gennaio Conte si è dimesso. Nel momento in cui scriviamo fervono manovre per verificare la possibilità di un Conte 3, altre soluzioni raccogliticce o la proclamazione di nuove elezioni politiche. Mattarella è il cerimoniere.
Quello che la stampa ha presentato come l’incomprensibile colpo di testa dell’umorale e permaloso Renzi è stato il tentativo di dare la “mazzata finale” al M5S, che è ancora la forza di maggioranza in parlamento e il principale puntello del governo Conte 2.
Il M5S ha perso la sua “carica” iniziale, non è più la forza di rottura che aveva promesso di essere e anziché sgretolare il sistema di potere delle Larghe Intese (della “casta” per intenderci), ha finito per essere cucinato lui a fuoco lento (prima dalla Lega di Salvini e poi dal PD di Zingaretti).
Oggi il M5S è la forza numericamente determinante del governo Conte 2, un governo “cornuto e mazziato”: non abbastanza affidabile per andare bene agli “italiani che contano”, non abbastanza di rottura per andare bene alle masse popolari.
Una parte dei vertici della Repubblica Pontificia ha concluso che il M5S è “cotto al punto giusto” e che quindi non serve più proseguirne il logoramento graduale ed è passata all’azione. Fare fuori il M5S (come forza anti sistema) è il motivo principale della crisi di governo.

Ma le cose non procedono mai in modo lineare. La crisi economica, sanitaria e sociale ha il suo decorso e detta le sue leggi.

Le Larghe Intese sono unite nell’attuazione del programma comune della borghesia imperialista, ma sono anche composte da fazioni litigiose e in guerra fra loro per spartirsi la torta di ciò che viene estorto alle masse popolari (basta vedere PD e banda Berlusconi che ne rappresentano i due poli principali). Quindi, bene fare fuori il M5S, ma con quale soluzione di ricambio? Il polo Berlusconi non ha nessuna intenzione di lasciare mano libera al PD, tanto meno il PD vuole lasciare mano libera al polo Berlusconi, ma entrambi non hanno i numeri per fare un “loro” governo tecnico o di unità nazionale.
È in momenti come questo che, nelle varie correnti e componenti delle Larghe Intese, riaffiora la nostalgia per “la grande” Democrazia Cristiana. Nostalgia alimentata dal fatto che l’ago della bilancia lo tengono in mano i depositari della DC: gente eletta con una manciata di voti “di scambio” e che i vari comitati di affari, le “famiglie” e le cosche hanno bisogno di piazzare in parlamento, gente come quella che compone per l’appunto l’UDC.
Con gli attuali numeri in Parlamento, tuttavia, non può esistere governo senza il coinvolgimento del M5S, anche della sua parte “meno addomesticata” e meno sottomessa alle Larghe Intese.

Nuove elezioni, però, mandano all’aria il banco. Non tanto e non solo perché i partiti di governo ne uscirebbero con le ossa rotte, ma perché l’ingovernabilità, anziché diminuire, aumenterebbe. Inoltre, nessuno vuole prendersi la responsabilità di una vittoria elettorale e della formazione di un nuovo governo. Finanche Salvini e Meloni mettono la testa sotto la sabbia… Se tutto ciò non basta, le elezioni rappresentano sempre un’incognita per i vertici della Repubblica Pontificia, basta vedere il risultato di quelle del 4 marzo del 2018.
Gli scenari sono tutti aperti, ma per la classe dominante una soluzione non c’è. La situazione che indicammo subito dopo le elezioni del 2018 si realizza in un contesto disastroso (più di 80mila morti per Covid-19, la sanità al collasso, la previsione di centinaia di migliaia di licenziamenti, la chiusura di imprese, il cappio al collo del debito pubblico, ecc.): la crisi politica è destinata ad aumentare se il M5S non fa valere il consenso che ha raccolto per rompere con le Larghe Intese e costituire un governo che affronta i problemi del paese negli interessi delle masse popolari.

Un inciso. La crisi politica di cui parliamo non è la crisi del governo, della legislatura, dei partiti borghesi… è la crisi dell’intero sistema politico. Perché è l’intero sistema politico ad essere inadeguato alla situazione, ad essere superato dai fatti. Ad essere, più precisamente, causa della deriva che il paese ha imboccato e ostacolo alla sua soluzione.

 Cosa fare? La cosa peggiore è aspettare che le cose si sistemino da sole! Perché, anche nella misura in cui si sistemassero, questo avverrebbe sulla pelle dei lavoratori e delle masse popolari.
Il primo passo è incalzare quella parte degli eletti del M5S che non ha nostalgia per la DC e che rifiuta i riti e le procedure del regime DC: devono farsi promotori dell’attuazione del programma e delle promesse per cui nel marzo 2018 hanno raccolto milioni di voti, senza avere paura della crisi di governo! Alle masse popolari non serve un governo Conte 2, 3 o 4 che fa la stessa politica delle Larghe Intese!
Il passo decisivo, però, è la mobilitazione delle masse popolari.
La paura delle Larghe Intese per le elezioni è la paura che la combinazione fra astensionismo e voto di protesta crei una situazione in cui la breccia fra le larghe masse e le istituzioni borghesi si allarghi ulteriormente e che la situazione sfugga pericolosamente al loro controllo.
Al contrario di quanto afferma la sinistra borghese, che in quella breccia vede “il pericolo del sovranismo”, “il moderno fascismo”, ecc., quella breccia non va richiusa, ma allargata dall’azione delle masse popolari organizzate.
Occorre approfittare della crisi del sistema politico della classe dominante e conquistare posizioni nella lotta per imporre il governo che serve al paese (vedi “La crisi dilaga…” a pag. 1).
Noi comunisti lavoriamo per creare le condizioni per questa soluzione, come strada concreta per fare avanzare la lotta per il socialismo.

“Il M5S ha perso il favore di una parte importante delle masse popolari che lo avevano votato. Ora si trova in una situazione peggiore che nel 2018, ma forse può risalire la china. Non si estinguerà solo se osa sfidare i vertici della Repubblica Pontificia: o ingoiano un governo M5S che finalmente attua le promesse che il M5S ha fatto alle masse popolari prima delle elezioni del 4 marzo 2018 oppure elezioni o non elezioni i vertici della Repubblica Pontificia fanno un governo senza il M5S. In ambedue i casi cambieranno le condizioni della lotta tra le classi e quali che esse siano ne approfitteremo per fare avanzare la rivoluzione socialista che è in corso: la costruzione del potere delle masse popolari organizzate”.
Comunicato del (nuovo)PCI del 27 gennaio 2021

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