Con l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio, la crisi del sistema politico della classe dominante ha fatto un salto di qualità nel principale paese imperialista del mondo, gli USA.
Tenendo sempre presente il progressivo aggravamento della crisi generale del capitalismo, i movimenti decisivi sono stati due:
– la lotta fra fazioni della classe dominante USA (Trump e i suoi accoliti da una parte e gli altri gruppi di potere dall’altra) che ha alimentato l’ingovernabilità dall’alto;
– la mobilitazione delle masse popolari che ha alimentato l’ingovernabilità dal basso. Tanto i movimenti come Black Lives Matter che le mobilitazioni pro Trump sono oggettive espressioni dello scollamento tra le larghe masse e il sistema politico della classe dominante negli USA, scollamento di cui la stessa elezione di Trump nel 2016 fu una manifestazione.
Durante il mandato presidenziale di Trump la situazione si è aggravata, poiché si è aggravata la seconda crisi generale: sono aumentati i contrasti fra la borghesia imperialista e le masse popolari come pure i contrasti tra gruppi e paesi imperialisti (USA e UE) e tra gli imperialisti USA e i paesi non sottomessi alla loro Comunità Internazionale (Venezuela, Cina, Russia…).
La pandemia da Covid-19 ha accelerato il decorso della crisi e ha reso la situazione talmente ingovernabile che, nella battaglia sull’esito delle elezioni presidenziali, Trump ha fatto leva sulla mobilitazione aperta e dispiegata delle masse popolari contro l’altra fazione della classe dominante USA. L’assalto al Campidoglio è la forma assunta da questa mobilitazione.
Trump si è spinto fin dove l’altra fazione della classe dominante USA non ha avuto il coraggio di spingersi. I democratici hanno cavalcato (o cercato di cavalcare) in mille modi il movimento Black Lives Matter, ma non sono mai arrivati (o non sono mai riusciti) a usarlo per rompere apertamente e in maniera dispiegata con le regole, le prassi e gli equilibri istituzionali. Erano consapevoli – e terrorizzati – di innescare un processo che poteva sfuggire al loro controllo.
Trump ha rotto gli indugi e poi, incalzato dall’apparato militare, politico e finanziario, ha subito fatto appello alla calma. Ma la frittata era fatta. Un presidente in carica ha fatto ricorso alla mobilitazione diretta e senza mediazioni delle masse popolari.
Una mobilitazione che non è destinata a “rientrare”, ma che anzi si svilupperà perché né Trump, né Biden, né nessun altro esponente della borghesia imperialista, bianco o nero che sia, nativo o ispanico, uomo o donna, può invertire il corso della crisi generale e le contraddizioni che essa provoca.
In questo senso, alla domanda “come andrà a finire negli USA?” rispondiamo che “andrà a finire nel modo che le masse popolari organizzate decideranno” e che dipenderà da quanto e come il movimento comunista degli USA sarà in grado di dare uno sbocco rivoluzionario alla resistenza che esse oppongono agli effetti della crisi.
La borghesia imperialista è talmente debole che, per cercare di restare in piedi, deve mobilitare direttamente le masse popolari. Non può più contare sulla loro “rassegnata sottomissione”: la massiccia opera di intossicazione delle coscienze, la disinformazione, la diversione dalla lotta di classe, persino la repressione non bastano più a contenere la ribellione allo stato di cose presenti. Tutto scricchiola sotto il peso delle centinaia e migliaia di morti al giorno e delle migliaia di disoccupati causati dalla criminale gestione della pandemia da parte dei capitalisti.
La situazione non migliorerà né affidandosi a Biden (anche se appare evidente che non sia questo l’orientamento prevalente) né affidandosi a Sanders e neppure intruppandosi nelle file di Trump. Il proletariato e le masse popolari sono artefici del loro futuro, lo costruiscono loro. Che imbocchino questa strada dipende dal movimento comunista cosciente e organizzato negli USA.
Questo è l’insegnamento principale che ricaviamo dai sommovimenti in corso.
La rivoluzione socialista è una rivoluzione nazionale con carattere internazionale. I comunisti di ogni paese hanno il compito di guidare la rivoluzione socialista e di instaurare il socialismo nel proprio paese. In questo senso prendiamo quello che ci è utile dai sommovimenti in campo internazionale e li usiamo ai fini dell’avanzamento della rivoluzione socialista in corso in Italia.
I ribelli del Campidoglio sono “fascisti”?
Senza dubbio le organizzazioni mobilitate da Trump sono portatrici di orientamenti e concezioni reazionarie, si sono distinte per la partecipazione attiva alla persecuzione della popolazione nera, alla repressione delle mobilitazioni antirazziste, ecc.
I ribelli del Campidoglio sono stati mobilitati in senso reazionario?
Sicuramente. Quando settori delle masse popolari rispondono all’appello e alle direttive di un caporione dell’imperialismo, si tratta di mobilitazione reazionaria delle masse popolari.
Ma, alla luce di entrambe le risposte, chi si limita a condannare i fascisti e a denunciare la mobilitazione reazionaria perde di vista la questione principale: il ruolo superiore assunto oggettivamente dalle masse popolari nella crisi del sistema politico della classe dominante.
I reazionari possono mobilitare le masse, ma non possono soddisfare le loro esigenze di giustizia economica e sociale.
“Contro Trump e per la democrazia USA” è una posizione che porta dritto dritto a sostenere l’apparato economico-militare del principale paese imperialista del mondo, camuffato dietro il paravento della “democrazia”.
Certo, non è lungimirante neppure coltivare l’illusione che le truppe di Trump possano imprimere una svolta positiva alla crisi del sistema politico: è concezione tipica di chi è “contro gli imperialisti USA”, ma non concepisce altro mondo che quello borghese (“riformato” quanto si vuole, ma pur sempre borghese) e non ha un piano per la rivoluzione socialista.
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