[Lazio] Intervista al Coordinamento Regionale Sanità

Pubblichiamo l’intervista al Coordinamento Regionale Sanità del Lazio nato il 9 marzo 2018 come Coordinamento Cittadino Sanità a seguito di un’assemblea indetta dai Coordinamenti Lavoratrici e Lavoratori del Policlinico e dello Spallanzani e da Codice Rosso ASL RM2, tenuta al Policlinico Umberto I di Roma.
Nella convocazione di quell’iniziativa ne erano già chiari gli obiettivi:rilanciare le mobilitazioni per una sanità pubblica, gratuita, universale e umanizzata.
“Le condizioni in cui versa il sistema sanitario pubblico sono sempre peggiori, con i pronto soccorso ridotti a lazzaretti, privatizzazione e precariato dilaganti, disumane liste di attesa. L’idea è quella di tracciare un percorso che, a partire dal sovraffollamento dei pronto soccorso fino al deserto dei servizi territoriali, attraversi i problemi della sanità per reclamarne una soluzione a vantaggio sia dei lavoratori che degli utenti”.
Alla nascita del Coordinamento Cittadino Sanità hanno contribuito sia realtà che già operavano sui territori o nel mondo del lavoro (come Soccorso Rosso, Ipò di Marino, Coordinamento Lotte Unite), sia singoli operatori/utenti della sanità.
L’idea di fondo è quella di un contenitore capace di mettere insieme operatori e utenti della sanità accumunati dal desiderio di realizzare, attraverso la mobilitazione e la persecuzione di obiettivi concreti, l’obiettivo generale di una sanità pubblica, gratuita, universale e umanizzata.
Pubblichiamo questa intervista perché la costruzione e il coordinamento di comitati e coordinamenti per la sanità pubblica devono nascere in ogni territorio e promuovere battaglie comuni legando le masse popolari che ogni giorno subiscono i risultati di anni di tagli alla sanità pubblica vedendosi limitare il diritto alle cure, agli operatori della sanità, imbavagliati dall’obbligo di fedeltà aziendale.
La pandemia da covid-19 non permette più di nascondere le malefatte di governi e amministratori locali e ha reso sempre più impellente l’attuazione di misure necessarie a garantire il diritto ad una sanità pubblica e ad un lavoro utile e dignitoso. Per questo è necessario organizzarsi, coordinarsi e mobilitarsi:
• Per l’abolizione della legge sull’obbligo di fedeltà aziendale, così da garantire a medici e infermieri la libertà di espressione e denuncia sulle condizioni di lavoro;
• per sbloccare le assunzioni degli operatori sanitari;
• per la riapertura degli ospedali chiusi;
• per requisire le cliniche private per metterle a disposizione della sanità pubblica

***

• Quali battaglie il coordinamento ha promosso sul territorio in questi anni?
In questi anni abbiamo cercato di individuare dei punti concreti su cui attivare delle vertenze da radicare sui territori.
Nella ASL ROMA 2 e nella ASL ROMA 6 (dei Castelli Romani) era già aperto un piccolo lavoro di informazione e inchiesta sviluppato dai compagni e dalle compagne di CODICE ROSSO, incentrato sulle criticità e carenze del SSN su quei territori.
Con la nascita del CCS si è deciso quindi di continuare a lavorare su queste due aree della città e dintorni che poi potessero essere da spunto per altri percorsi di lotta da riprodurre nelle altre ASL e in tutta la città.
Bisogna sempre iniziare da qualcosa di concreto e andava deciso su cosa iniziare a muoversi.
Qualcosa di reale, cosi che non si rimanesse impantanati in SLOGAN importanti ma privi di una possibilità concreta di produrre conflitti e cambiamenti.
Si sono quindi individuati dei temi che potessero essere sentiti e si è infine deciso di concentrarci sulle LISTE DI ATTESA e sull’INTRAMOENIA.
Abbiamo quindi prodotto un vedemecum per spiegare come la legge 124/1998 preveda che qualora non vengano rispettati i tempi indicati dal medico nell’impegnativa (per visite o esami diagnostici), le strutture del SSN siano tenute a dare all’utente un appuntamento in intramoenia al costo che l’utente avrebbe pagato nel pubblico (quindi ticket o esenzione).
L’intento era informare gli utenti che era possibile utilizzare questa legge non conosciuta e, in tal modo, far scoppiare la contraddizione in capo alle ASL dato che, le visite in intramoenia sono immediatamente prenotabili mentre per le visite in regime ordinario le attese sono infinite.
Il nostro fine era ed è quello di richiedere con forza che questa contraddizione venga risolta con l’abolizione dell’attività di libera professione nelle strutture pubbliche.

• Quali sono stati i punti di forza nella battaglia che ha condotto? Quali le difficoltà e i limiti?
Le lotte si misurano sul campo, nelle esperienze concrete di partecipazione, passaggi organizzativi, nei confronti con quelle persone che sanno cosa significa non avere la possibilità di curarsi e che non hanno alcuna possibilità di vivere secondo uno stato di salute e benessere poiché vivono in ambiente nocivi, piegati dallo sfruttamento e dal ricatto del lavoro salariato.
Noi crediamo che questo metodo che ci contraddistingue sia un punto di forza, perché produce un cambiamento radicale, mette in discussione e inceppa il meccanismo alienante, iniquo e mortifero su cui si basa il capitalismo.
Naturalmente è un lavoro che richiede pazienza, evitando facili scorciatoie autoreferenziali. E quindi le difficoltà e i limiti attengono soprattutto alla lenta maturazione del conflitto.

• Abbiamo visto tanti comitati e organismi darsi un’organizzazione interna (responsabilità, gruppi di lavoro, ecc.), com’è strutturato a livello interno il coordinamento?

Il Coordinamento è nato per essere un’assemblea aperta, un punto di dibattito e di proposta inizialmente per la città di Roma e poi di tutto il Lazio. Non ha quindi una struttura interna rigida. Ne fanno parte collettivi, singoli, comitati di lotta, movimenti attivi nella città di Roma ecc.
Centrale è il ruolo dell’assemblea, luogo decisionale e di confronto.
Ci siamo dotati unicamente di un gruppo che si occupa in maniera specifica di comunicazione e dell’organizzazione della trasmissione radiofonica che ogni mercoledì alle ore 16:00 il Coordinamento Regionale Sanità tiene sulle frequenze degli 87.9 di Radio Onda Rossa.

• Che tipo di rapporto avete instaurato con i lavoratori della sanità? E con la classe operaia?Il tema del lavoro è centrale anche nella battaglia della sanità: se i lavoratori lottano è più facile vincere le battaglie.
Il problema è che uno dei modi utilizzati per smontare la sanità pubblica è stato proprio quello di smontare l’organizzazione del lavoro sia nel pubblico che nel privato.
Nel pubblico, oltre all’invecchiamento causato dal blocco delle assunzioni e dall’allungamento dell’età pensionabile, vige un sistema clientelare organizzato in primo luogo dalle organizzazioni sindacali. A questo è stato sommato un sistema repressivo che vede colpire i lavoratori e lavoratrici che denunciano i problemi della sanità.
Nel privato prevale il precariato che oltre a generare condizioni di lavoro pesanti, pone le lavoratrici e i lavoratori in una condizione di assoluta ricattabilità.
Il risultato è una scarsissima partecipazione di lavoratrici e lavoratori alle lotte sulla sanità, nonostante subiscano condizioni di lavoro pesanti.
Superare questo limite è uno dei nodi centrali per le battaglie sulla sanità.

• Nell’ordinamento italiano esiste una legge che sancisce l’obbligo di fedeltà aziendale, essa di fatto è un bavaglio che limita la libertà di espressione e di informazione dei lavoratori sui luoghi di lavoro verso l’esterno. Che posizione avete in merito a questa legge? Che effetti ha avuto nella vostra attività?

La legge viene utilizzata per impedire ai lavoratori di esprimere la forza che viceversa hanno nell’imporre dei cambiamenti radicali nelle lotte. Nel corso di questi anni alcuni dei nostri compagni e compagne che lavorano nello Spallanzani e nel Policlinico sono stati colpiti da misure repressive per aver parlato, per aver denunciato la situazione devastante che si vive in queste strutture sia come lavoratori che come utenti. Sono stati puniti per essersi esposti personalmente ma soprattutto per aver “osato” cercare di organizzare una controffensiva, per avere cercato di creare solidarietà e lotta tra i lavoratori.
Si da molto spazio sui MEDIA a sterili scoop sul degrado delle strutture sanitarie, su ruberie e soldi pubblici sprecati ma il più delle volte la produzione di queste notizie è solo funzionale allo smantellamento della sanità pubblica e dei suoi lavoratori. Quando invece sono i lavoratori a denunciare quali sono i reali meccanismi che sottostanno al degrado e disumanizzazione delle pratiche mediche, quando sono i lavoratori e le lavoratrici che si organizzano per intraprendere delle lotte, la stessa stampa non da nessuno spazio ed è al servizio completo del sistema di profitto
Anche in questo caso, il radicamento delle lotte e la partecipazione dei lavoratori crediamo sia l’unico modo per sconfiggere la repressione.

• La maggior parte dei comitati in tema sanitario hanno fatto propria l’attuazione dell’articolo 32 della Costituzione italiana. Che ruolo ha questo obiettivo nella vostra attività?

La Costituzione nel suo richiamo alla Salute quale diritto fondamentale dell’individuo e della collettività nasce da un percorso storico che ha visto poi attribuire allo Stato e alle strutture del Pubblica Amministrazione la gestione di quello che precedentemente era demandato alle Opere Pie, agli Istituiti caritatevoli. L’Italia Repubblicana sancisce questo passaggio completo in termini formali anche se poi fino all’istituzione del SSN (1978) le casse mutue coprivano inizialmente categorie di lavoratori, in maniere diseguale. Col tempo anche i famigliari dei lavoratori sono stati ammessi all’iscrizione delle Casse Mutue e si è allargato il reale diritto di accesso alla cura. Questo in breve per sottolineare come dalla promulgazione della Costituzione (1947) sono stai movimenti reali e di conflitto che hanno materialmente creato in parte quelle condizioni indicate dalla Costituzione. La costituzione non fa cenno nell’art. 32 alle condizioni economico e sociali che sono alla base di un reale benessere della popolazione. Si fa menzione di questo nell’art. 3 della “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Ma in una società capitalistica questo proclama di egualità è del tutto formale.
Più quindi che fare appello a un diritto formale crediamo sia necessario creare rapporti di forza adeguati che incidano sulle condizioni reali.
Ci sembra comunque interessante sottolineare come l’articolo reciti che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo”. Questo vuol dire che la residenza, la cittadinanza, il permesso di soggiorno non possono essere un limite di accesso alle cure della salute. Per questo noi diciamo che la sanità deve essere universale.

• Negli ultimi mesi il nostro e altri paesi nel mondo sono impegnati nel fronteggiare l’emergenza COVID-19. Si tratta di un’emergenza sanitaria, economica, politica e sociale in cui stanno emergendo in tutto il territorio nazionale tante criticità, quali sono le principali sul vostro territorio?

La pandemia ha solamente reso evidente lo stato di sfacelo in cui già si trovava la nostra sanità pubblica. L’emergenza sanitaria era già presente prima del COVID. Assistiamo da anni ad uno smantellamento del SSN ed è assunta a sistema la logica di profitto che già investe molti altri ambiti della nostra vita. Così anche la salute è ridotta ad una MERCE. Ed ora si acutizza quello che già in tempi “non covid” era la norma e le prestazioni erogate si sono ulteriormente ridotte. Viene incentivato e finanziato il privato e chi ha i soldi per curarsi lo fa e tutti gli altri rinunciano alle cure.

• L’emergenza COVID-19 ha fatto emergere la maggiore preparazione ed efficacia dei sistemi sanitari di paesi in cui la sanità è principalmente o totalmente pubblica. Si tratta di paesi che vengono o sono legati alla storia dei primi paesi socialisti (Cina, Cuba, Venezuela, ecc.). Negli ultimi anni, invece, in Italia i governi centrali e le regioni hanno promosso politiche di privatizzazione e smantellamento della sanità pubblica, come questa tendenza si è sviluppata nella vostra città o regione?

Nella narrazione mass mediatica, la regione Lombardia viene portata come massimo esempio della privatizzazione della sanità. Cosa senz’altro vera.
Ma nella stessa narrazione si dimentica di evidenziare che nel Lazio è stato fatto lo stesso. Basta guardare i numeri. Circa il 60% dei fondi del servizio sanitario del Lazio vengono elargiti ai privati. La metà per il sistema degli accreditamenti. L’altra metà per i cosiddetti “servizi”, che vanno dai medici di famiglia e pediatri, agli appalti negli ospedali con personale sanitario o di pulizia o consulenza etc… Persino i recenti aumenti dei fondi stanziati per il covid sono stati dati in larga maggioranza ai privati.
D’altra parte Zingaretti è andato proprio in Lombardia a studiare quel modello per applicarlo nel Lazio. E non a caso nel 2018 ha dato l’incarico di Direttore Generale della sanità nel Lazio a Renato Botti, che prima di venire nel Lazio è stato dirigente della sanità privata lombarda, poi direttore della sanità della regione Lombardia.

• Che ruolo hanno i sindaci e gli amministratori locali nella lotta per la sanità pubblica sul vostro territorio? Quali misure positive hanno adottato se ne hanno adottate? Si è trattato di azioni prese individualmente o su spinta dei comitati e delle masse popolari?

Il SSN è gestito su base regionale. Tuttavia le amministrazioni locali sono partecipi in molti casi dei servizi soci-assistenziali e comunque rappresentano l’interlocutore più prossimo per i cittadini di un territorio. L’amministrazione locale di fatto si tira fuori da questo scontro e sono compiacenti con i loro compagni di partito e di governo con i quali concorrono a creare comunque condizioni di criticità ambientali/sociali/economiche che sono come spiegavamo tutti elementi che concorrono alla non-salute dei cittadini.
Non aiuta inoltre il processo di aziendalizzazione per cui le Asl, strutture con ampia autonomia perseguono finalità di tipo economicistico e non certo l’interesse collettivo. Al netto dei fenomeni corruttivi, che appaiono strutturali più che episodici.

• Quali sono le misure che secondo voi vanno prese per far fronte all’emergenza COVID-19?

La premessa è che il COVID è atterrato su un sistema che governi di tutti i colori hanno smantellato negli anni. Quindi il primo passo, anche per il COVID, è investire moltissimo nella sanità pubblica in modo strutturale. Se immaginiamo che sono stati calcolati in 40 miliardi i tagli negli ultimi vent’anni capiamo bene di cosa ci sia bisogno.
Inoltre eventi pandemici come il COVID erano largamente annunciati dalla comunità scientifica internazionale, e non è stato fatto niente. Quindi c’è senz’altro bisogno anche di investire fortemente in piani di gestione delle pandemie.
Ma naturalmente bisogna gestire anche l’emergenza. E di fronte ai rischi di ammalarsi o morire non può essere posto nessun freno alla tutela della salute.
Quindi servono:
• Investimenti nella sanità pubblica per assunzione di personale, apparecchiature, medicine, dispositivi di protezione.
• Separazione dei percorsi ospedalieri tra pazienti COVID e non COVID. Investimento nella sanità territoriale.
• Requisizione della sanità privata con internalizzazione di lavoratrici e lavoratori. Sistema di screening gratuiti e a tappeto della popolazione.
In questa emergenza che mette a rischio la salute e la vita di utenti e operatori della sanità ogni risorsa deve essere messa al servizio della sanità pubblica!

• In questa emergenza abbiamo visto organismi come il Comitato contro la chiusura dell’ospedale San Gennaro e la Consulta Popolare Sanità di Napoli promuovere attività come auto produzione di mascherine e indicazione delle misure necessarie a fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Come si sta muovendo il Coordinamento Cittadino Sanità Pubblica in questa emergenza? Quali attività sono state promosse? Quali pensate possano essere promosse?

La solidarietà può essere un’arma importante, tanto più in situazioni di emergenza come questa. Ma la disparità dello scontro in atto non può essere purtroppo compensata solo da questo.
Crediamo che andrebbero sviluppato un forte conflitto per la sanità pubblica. E quindi tutte le iniziative, anche quelle di solidarietà, dovrebbero essere indirizzate a questo.
Nei mesi più duri del lock down, come Coordinamento Sanità e insieme a Radio Onda Rossa abbiamo realizzato una trasmissione che è diventata un’assemblea continua. Fortemente e largamente partecipata. Un’iniziativa che ha avuto, secondo noi, la capacità di evidenziare un universo di realtà che potrebbero trasformarsi in lotte.
Questa è secondo noi la strada da percorrere.
Per questo le attività che promuoviamo sono le lotte che nella sanità e nei territori si sviluppano. Lotte che riescano rappresentare reali bisogni e che quindi possano vedere una partecipazione sempre più ampia. Lotte che si pongano obiettivi concreti direttamente raggiungibili. Lotte che sappiano connettersi e moltiplicarsi fino a creare quella forza necessaria a sostenere lo scontro sulla sanità.
Che è scontro contro interessi enormi, che vogliono trarre profitti dalla nostra salute, che quindi sono disposti a tutto, che quindi impongono una lotta generalizzata.
Per usare parole di altri, servono scintille capaci di incendiarie la prateria.

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