[Italia] Rubrica centenario del PCdI: Gramsci e la guerra popolare

Riproponiamo, sempre nell’ambito della rubrica per il centesimo anniversario della nascita del PCd’I, l’articolo Gramsci e la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata.

Gramsci, per primo tra i dirigenti comunisti nei paesi imperialisti ha compreso, rielaborando l’esperienza del movimento comunista italiano e internazionale, che la rivoluzione socialista ha una forma diversa dalle rivoluzioni del passato e diversa da come il movimento comunista l’aveva intesa fino ad allora. Non si tratta di un evento che scoppia, di un’insurrezione improvvisa in cui il partito comunista si mette alla testa delle masse popolari stanche di subire le angherie della borghesia, ma di una guerra da combattere campagna dopo campagna, battaglia dopo battaglia per costruire il nuovo potere delle masse popolari organizzate, consolidarlo ed elevarlo sotto la guida del partito comunista fino a sgominare la borghesia e ad instaurare il socialismo.

E’ questa la sostanza di quella che il fondatore del PCd’I nei Quaderni chiamerà “guerra di posizione” e che Mao Tse – Tung più tardi, studiando l’esperienza della rivoluzione d’ottobre e verificandone gli insegnamenti nella pratica della rivoluzione cinese, chiamerà “Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata”.

L’articolo è utile a tutti coloro che in questa fase, contrassegnata dall’incalzare della crisi del capitalismo reso sempre più rapido dall’emergenza sanitaria in corso, riconoscono la necessità di definire una strategia adeguata per la rivoluzione socialista nel nostro paese. A questi compagni diciamo che per non limitarsi ad enunciare quest’esigenza, il primo passo da compiere consiste nello studio e nell’assimilazione delle scoperte del primo movimento comunista, sintetizzate dal maoismo e talvolta, come in questo caso, confermate da Gramsci.

La Carovana del (n)PCI ha dedicato una parte importante della propria storia a questo lavoro di studio, di assimilazione e di verifica e ha indicato la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata come strategia universale per la rivoluzione socialista, sintetizzandone l’essenza nel Manifesto Programma del (n)PCI: “L’essenza della GPRdiLD(*) consiste nella costituzione del partito comunista come centro del nuovo potere popolare della classe operaia; nella mobilitazione e aggregazione crescente di tutte le forze rivoluzionarie della società attorno al partito comunista; nella elevazione del livello delle forze rivoluzionarie; nella loro utilizzazione secondo un piano per sviluppare una successione di iniziative che pongono lo scontro di classe al centro della vita politica del paese in modo da reclutare nuove forze, indebolire il potere della borghesia imperialista e rafforzare il nuovo potere, arrivare a costituire le forze armate della rivoluzione, dirigerle nella guerra contro la borghesia fino a rovesciare i rapporti di forza, eliminare lo Stato della borghesia imperialista e instaurare lo Stato della dittatura del proletariato”.

Nel nostro paese, nella fase attuale questa strategia si traduce:

  1. Nella creazione di nuove organizzazioni operaie e popolari nelle aziende capitaliste e pubbliche, nei quartieri e nelle scuole, nel coordinamento di quelle esistenti e delle nuove che stanno nascendo (a partire dalle Brigate di Solidarietà e dalle Brigate Sanitarie), nel loro rafforzamento come nuove autorità in grado di imporre un proprio governo di emergenza del paese;
  2. Nella costruzione di un fronte contro i partiti delle Larghe Intese, espressione della borghesia imperialista e del clero, che unisca tutte le organizzazioni e i singoli sinceramente interessati a cambiare il corso delle cose e a rompere con il programma comune della borghesia, a partire dalla sinistra del M5S, ovvero dalla componente che più spinge per risalire la china su cui il movimento si è avviato dal 2018 fino all’attuale crisi di governo;

Nella rinascita del movimento comunista sulla base del dibattito franco e aperto su concezione, linea e strategia funzionale alla costruzione dell’unità ideologica tra i comunisti.

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Gramsci e la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata

La “guerra di posizione” di Gramsci è sostanzialmente una perifrasi della più esplicita espressione GPR di LD che noi usiamo, prendendola da Mao”.(1)

I testi di La Voce e del Manifesto Programma (MP) sono tutti disponibili sul sito www.nuovopci.it.

  1. La Voce del nuovo PCI, n. 43, marzo 2013, p. 5

 

Pubblichiamo volentieri l’articolo del compagno Folco R. che illustra il contributo di Antonio Gramsci all’elaborazione della strategia della guerra popolare rivoluzionaria come strategia della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti.

Innanzitutto perché il movimento comunista del nostro paese ha assoluto bisogno di affinare la sua elaborazione a proposito delle forme della rivoluzione socialista. Quanto più la nostra lotta avanza, quanto più largamente si sviluppa la guerra che abbiamo iniziato con la fondazione del Partito, quanto più la crisi del capitalismo spinge le masse popolari ad arruolarsi nella GPR come nel periodo 1943-1945 un numero crescente di giovani, di operai, di contadini e di casalinghe si arruolavano nella Resistenza, tanto più è necessario che il Partito impari a tradurre la concezione generale della GPR in iniziative concrete: in campagne, battaglie ed operazioni fino alla mobilitazione delle ampie masse che instaureranno il socialismo in Italia e daranno così il loro contributo alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che avanza in tutto il mondo.

In secondo luogo per dare ad Antonio Gramsci il posto che per l’opera svolta merita nel movimento comunista italiano e internazionale. Contro il travisamento della sua opera compiuto da Togliatti e dai suoi complici e successori che hanno presentato Gramsci come precursore della via pacifica al socialismo, in concreto della rinuncia alla rivoluzione socialista. Ma anche contro l’uso anticomunista che di Gramsci cerca di fare in questi anni la sinistra borghese: essa lo presenta in Italia e nel mondo come un oppositore della concezione e della linea impersonate da Stalin che hanno guidato l’Internazionale Comunista e il movimento comunista fino al 1956. Mentre in realtà proprio Gramsci pur segregato nelle carceri fasciste ha elaborato, alla luce dei compiti della rivoluzione socialista e dell’esperienza del movimento comunista, la critica più esauriente della concezione di Trotzki e della concezione di Bukharin che furono i principali oppositori di Stalin sul terreno dell’orientamento da dare alla rivoluzione in Unione Sovietica e a livello internazionale e della linea con cui perseguirla.

Questi due motivi giustificano ampiamente la pubblicazione del contributo del compagno, benché il suo studio dell’opera di Gramsci sia ancora in corso, cosa che traspare anche dall’incertezza nell’indicare i testi principali tra quelli utili ai fini dell’assimilazione degli insegnamenti di Gramsci a proposito della GPR.

La redazione

 

Nel n. 43 di La Voce Umberto C. scrive che Gramsci, “unico dirigente comunista … che ha riflettuto sulla forma della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti,… elaborò (v. Quaderni del carcere 7 (par. 16), 10(I) (par. 9), 13 (par. 7) e altri) la teoria della “guerra di posizione” che, liberandoci dal linguaggio imposto dalla censura del carcere fascista, oggi chiameremmo guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata.

 

La Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata (GPR di LD) è rivoluzione socialista che si costruisce. La GPR di LD, come concezione, si contrappone alla concezione del senso comune (vale a dire dei modi di dire e pensare correnti, frutto del ruolo dominante del clero e della borghesia) secondo cui la rivoluzione socialista scoppierebbe, cioè sarebbe una ribellione spontanea delle masse popolari costrette a condizioni intollerabili. Il movimento comunista al suo inizio (1848) ha ereditato questa concezione e ha inteso la rivoluzione socialista come rivoluzione che scoppia, al modo delle rivoluzioni del passato. Ma questa concezione della rivoluzione socialista faceva a pugni con l’esperienza del movimento comunista che veniva sviluppandosi. I comunisti un po’ alla volta si resero conto di questo contrasto tra la loro concezione della rivoluzione socialista e la pratica della rivoluzione socialista.

Engels fu il primo che espose in modo organico, nel 1895, il concetto che la rivoluzione socialista aveva per sua natura una forma diversa dalle rivoluzioni del passato, che non scoppia ma si costruisce.(2) Ma i partiti socialisti di allora (che erano tra loro collegati nella II Internazionale) non accolsero la sua scoperta. Anche in quelli che si professavano marxisti, come il Partito Socialdemocratico tedesco, l’adesione dei loro dirigenti al marxismo era dogmatica, sia pure in gradazioni diverse. Il comunismo, il socialismo e la rivoluzione socialista erano articoli di fede, che non si traducevano nelle linee che guidavano l’attività corrente dei partiti. Proprio per questo essi non seppero far fronte al loro compito, come venne platealmente dimostrato dagli avvenimenti del 1914. Tra i partiti socialisti di allora, solo il partito di Lenin tradusse nella sua pratica la concezione di Engels. Ma la tradusse senza fare della concezione di Engels un’arma per la lotta contro il dogmatismo, l’opportunismo e l’economicismo.(3) Costruì la rivoluzione in Russia come una GPR di LD, ma senza averne consapevolezza (a conferma che la pratica è in generale più ricca della teoria). Analogamente l’Internazionale Comunista e Stalin nella prima parte del secolo scorso condussero con successo la rivoluzione socialista a livello internazionale come GPR di LD di cui l’Unione Sovietica era la base rossa mondiale, ma non raggiunsero la piena coscienza di quello che stavano facendo. Cosa che lasciò spazio nell’Internazionale Comunista al dogmatismo, all’opportunismo e all’economicismo che vennero alla luce apertamente negli anni ’50 del secolo scorso. Mao Tse-tung fu il primo dirigente di partito che elaborò la concezione della GPR di LD come strategia della rivoluzione socialista. Mao Tse-tung tuttavia enunciò questa concezione come strategia della rivoluzione in Cina, legandola ai caratteri specifici della situazione sociale e politica cinese (Perché in Cina può esistere il potere rosso? – ottobre 1928 in Opere di Mao Tse-tung, Edizioni Rapporti Sociali vol. 2, disponibile sul sito del (n)PCI http://www.nuovopci.it/arcspip/article0c16.html). In seguito essa venne indicata come strategia della rivoluzione per tutti i paesi coloniali, semicoloniali e neocoloniali in cui la massa della popolazione era ancora formata da contadini. Solo con l’affermazione del marxismo-leninismo-maoismo come terza e superiore fase del pensiero comunista è stata acquisita la concezione che la GPR di LD è la strategia universale della rivoluzione socialista, la strategia che i comunisti devono seguire in ogni paese per vincere.(4)

  1. Manifesto Programma del nuovo PCI, Ed. Rapporti Sociali, Milano, 2008, pp. 199-201 con le rispettive note 133-138 alle pp. 298-299. Da qui in avanti MP.
  2. Tre deviazioni costantemente presenti anche nei partiti dei paesi imperialisti che pur si dicevano marxisti.
    Dogmatismo: avere verso il marxismo una relazione analoga a quella del credente verso le dottrine religiose, assumerlo come descrizione del mondo ma non come scienza guida dell’azione per trasformarlo.
    Opportunismo: partecipare alla lotta politica borghese unicamente o principalmente per cogliere le possibilità che essa offre (opportunità) di migliorare le condizioni dei lavoratori nell’ambito del sistema di relazioni sociali borghesi.
    Economicismo: limitare la lotta di classe alle rivendicazioni di miglioramenti salariali e delle condizioni di lavoro.
  3. Vedasi in proposito L’ottava discriminante in La Voce n. 9 novembre 2001 e n. 10 marzo 2002.

 

Gramsci nella sua condizione di prigioniero dei fascisti dal 1926 alla sua morte nel 1937 non guidò il processo rivoluzionario in Italia, ma elaborando l’esperienza della rivoluzione socialista in Italia e negli altri paesi imperialisti e analizzando anche il modo in cui i bolscevichi avevano vinto in Russia, ha portato contributi importanti alla formulazione della strategia della GPR di LD.(5)

  1. Della trasformazione del capitalismo in imperialismo e del cambiamento della forma della rivoluzione Gramsci parla in Q8 §236 p. 1088 e in Q10 § 9, p. 1226 in Quaderni del carcere, Einaudi, Torino, 2001. Da qui in avanti QC.

 

Di seguito espongo i principali aspetti della GPR di LD che Gramsci ha più o meno largamente elaborato nei suoi Quaderni del carcere. Le citazioni da Gramsci o da altri sono in corsivo. Le evidenziazioni in grassetto sono mie.

 

  1. La rivoluzione proletaria nella fase dell’imperialismo

L’imperialismo è l’ultima fase del capitalismo, ma è anche l’ultima fase della società divisa in classi, quindi chiude non solo un periodo secolare (quello del capitalismo), ma millenario (quello della divisione dell’umanità in classi di oppressi e oppressori, di sfruttati e di sfruttatori). La rivoluzione socialista è quindi differente da tutte le altre rivoluzioni. Nel senso preciso che le precedenti rivoluzioni servivano a una classe per conquistare il potere in una società che restava divisa tra classi di sfruttati e classi di sfruttatori; invece la rivoluzione socialista serve alla classe operaia a conquistare il potere alla testa del resto delle masse popolari per gestire una società che passo dopo passo abolisce la divisione in classi. La forma della rivoluzione è quindi diversa: non è più un’insurrezione che scoppia, in cui una classe si mette alla guida della rivolta delle masse popolari e se ne serve per installarsi al posto di comando come nuova classe sfruttatrice, ma è una rivoluzione che si costruisce passo dopo passo, battaglia dopo battaglia, campagna dopo campagna, come una guerra, nel corso della quale le masse popolari si trasformano perché organizzandosi nel partito comunista e in organizzazioni di massa iniziano a conquistare il ruolo di creatrici consapevoli della storia. La rivoluzione socialista quindi inizia prima della conquista del potere politico e in Italia è già in atto. È rivoluzione in corso d’opera, conquista di egemonia come estensione e radicamento del Nuovo Potere, iniziata come GPR di LD con la fondazione del nuovo Partito Comunista Italiano, nel novembre del 2004.

Il potere, quello che Gramsci chiama egemonia, nella società italiana come in ogni società moderna in ultima analisi è la direzione dell’attività pratica delle masse popolari. La direzione combina la conquista del cuore e della mente delle masse popolari con l’esercizio della coercizione e con l’organizzazione della vita quotidiana in tutti i suoi aspetti.(6)

 

  1. MP, p. 203.

 

 

Nel nostro paese la GPR di LD seguirà un percorso determinato da condizioni specifiche, e cioè la strada dell’accumulazione delle forze rivoluzionarie tramite la costituzione e la resistenza del partito clandestino e la sua direzione sulle masse popolari ad aggregarsi in organizzazioni di massa di ogni genere necessarie per soddisfare i propri bisogni materiali e spirituali, a partecipare alla lotta politica borghese onde sovvertirne l’andamento e a condurre le lotte rivendicative, fino all’inizio della guerra civile. Questo è nel nostro paese il corrispondente di quello che è “l’accerchiamento delle città da parte delle campagne” in paesi semifeudali. È impossibile nei paesi imperialisti accerchiare le città dalle campagne, ma è del tutto possibile, e la pratica lo ha mostrato, definire lo specifico sviluppo quantitativo che costituisce la prima fase della GPR di LD e attraverso il quale si va verso la sua seconda fase. Con la guerra civile generata da quello sviluppo quantitativo, inizierà la seconda fase della GPR di LD. L’inizio della guerra civile sarà segnata dalla costituzione delle Forze Armate Popolari che a partire da quel momento contenderanno il terreno alle forze armate della reazione.(7)

  1. La Voce del nuovo PCI, n. 17, luglio 2004, p. 31.

 

  1. L’essenza della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata

L’essenza della GPRdiLD consiste nella costituzione del partito comunista come centro del nuovo potere popolare della classe operaia; nella mobilitazione e aggregazione crescente di tutte le forze rivoluzionarie della società attorno al partito comunista; nell’elevazione del livello delle forze rivoluzionarie; nella loro utilizzazione secondo un piano per indebolire il potere della borghesia imperialista e rafforzare il nuovo potere, fino a rovesciare i rapporti di forza, eliminare lo Stato della borghesia imperialista e instaurare lo Stato della dittatura del proletariato.(8)

Gramsci descrive questi tratti essenziali parlando

1) del partito come moderno Principe,

2) di forze rivoluzionarie che si aggregano come volontà collettiva nazionale-popolare di cui il partito è nello stesso tempo l’organizzatore e l’espressione attiva e operante,

3) della elevazione delle forze rivoluzionarie come riforma intellettuale e morale,(9)

4) dell’utilizzo delle forze rivoluzionarie fino all’instaurazione dello Stato socialista, cioè fino al compimento di una forma superiore e totale (cioè riguardante tutti gli aspetti della società, ndr) di civiltà moderna.(10)

La GPR di LD inizia con la costituzione del partito comunista. Il partito comunista si fonda sulla concezione comunista del mondo: “Nella pratica noi abbiamo bisogno di un partito coeso, disciplinato, forte e alla lunga un partito rivoluzionario può essere coeso e disciplinato solo se i suoi membri sono uniti su una sua concezione del mondo (per i movimentisti questo sa di setta, ma è un’accusa che i comunisti si sono spesso sentiti fare) e se personifica ciò che unisce gli operai al di là delle differenze e dei contrasti di categorie e di mestieri, di culture, di nazionalità, di sesso, di tradizioni e che li costituisce come nuova classe dirigente delle masse popolari: la concezione comunista del mondo.”(11)

La concezione comunista del mondo è quella ideologia che passo dopo passo unifica le masse popolari dando loro un obiettivo comune. Di essa Gramsci parla trattando del Principe di Machiavelli: è una concezione viva e concreta, che si materializza nella pratica, non un’astrazione dogmatica.(12) È il materialismo dialettico e la sua forma più avanzata è il maoismo, terza superiore tappa del pensiero comunista.

  1. MP, p. 203.
  2. Gramsci parla esplicitamente della necessità di dare una direzione consapevole ai moti spontanei delle masse popolari, di elevarli ad un piano superiore in QC, pp. 328-332 (Q3 §48).
  3. QC, pp. 1560-1561 (Q13 §1).
  4. MP, p. 164.
  5. QC, p. 1555 (Q13 §1).

 

Machiavelli indica come guida della collettività un individuo, un condottiero, un Principe, capace di convincere parlando “alla mente e al cuore” delle masse popolari, cioè con scienza e arte, con il distacco dello scienziato e la partecipazione dell’artista. Oggi la guida delle masse popolari non può più essere un individuo, perché il passaggio rivoluzionario non è sostituire una guida di quelle masse con un’altra, ma guidare le masse a trasformarsi fino a guidarsi da sé. Il soggetto che conduce questo processo non è perciò un individuo, ma un collettivo, che già in sé, proprio perché collettivo, riflette l’esigenza (la possibilità e, a date condizioni, la capacità) che la collettività si governi da sé e sperimenta al suo interno il modo per farlo. Questo soggetto collettivo è il partito comunista ed è con la sua costituzione che la rivoluzione inizia nella forma di GPR di LD.

Dove il partito comunista manca o dove non è ancora sufficientemente forte da potersi porre come guida della mobilitazione delle masse popolari, questa segue altre guide, che possono essere gruppi arretrati o reazionari, o individui che prendono ruolo di capopopolo, come è il caso di Beppe Grillo. Chi critica le masse popolari perché seguono Grillo è un analfabeta politico o un inetto che si rifiuta di analizzare i propri limiti, cioè non si chiede per quali suoi limiti le masse popolari seguono Grillo e non lui o il suo gruppo. Consolandosi con l’idea falsa che le masse popolari sono arretrate, ragiona allo stesso modo della borghesia imperialista, cioè condivide il disprezzo che la borghesia ha nei confronti delle masse popolari.

Il partito che descrive Gramsci è oggi il nuovo PCI con la sua carovana, cioè con le forze che condividono il suo percorso in terre ancora non esplorate, verso mete concrete sì e razionali, ma di una concretezza e razionalità non ancora verificate e criticate da una esperienza storica effettuale e universalmente conosciuta.(13) La carovana del nuovo PCI infatti sta facendo la rivoluzione in un paese imperialista, impresa nuova per il movimento comunista internazionale, e sta sperimentando un metodo nuovo in un paese imperialista, la GPR di LD. Non può quindi contare su esperienze precedenti effettuali, che cioè abbiano avuto efficacia. Non abbiamo esempi da portare a chi esita o dubita.(14)

Chi continua a esitare, a mantenere riserve, a guardare con scetticismo la passione che ci anima, non può comunque rimanere quello che è, perché l’avanzare della crisi gli impone di trasformarsi. Quando la casa è in fiamme bisogna uscire, dice Buddha nella poesia di Brecht.(15)

Se non possiamo portare un esito certo, perché nessuno ha fatto ancora quello che oggi facciamo, portiamo però la passione di chi scopre terre nuove e costruisce cose nuove, la consapevolezza che stiamo realizzando “il sogno di una cosa” che il mondo possiede da tempo: l’abolizione della divisione degli esseri umani in classi di sfruttati e classi di sfruttatori.(16)

 

  1. QC, p. 1558 (Q13 §1).
  2. Beninteso a favore e a “dimostrazione” della nostra linea abbiamo da portare e portiamo, oltre all’analisi della lotta di classe in corso oggi, anche l’esperienza della prima ondata delle rivoluzione proletaria: sia dei successi conseguiti con la fondazione delle primi paesi socialisti (a partire dalla Rivoluzione d’Ottobre e dalla creazione dell’Unione Sovietica) che per alcuni decenni svolsero il ruolo di basi rosse della rivoluzione proletaria mondiale, sia delle sconfitte che abbiamo subito. Noi siamo decisamente contrari all’oblio e tanto più alla denigrazione dell’esperienza storica della prima ondata della rivoluzione proletaria e in particolare anche di quella dei primi paesi socialisti. La nostra è una posizione scientifica: noi usiamo l’esperienza, i successi e le sconfitte, per elaborare a un livello superiore la scienza della trasformazione della società borghese in società comunista, la scienza con cui raggiungeremo la vittoria. Questo atteggiamento ci distingue nettamente dalla sinistra borghese, anche da quei suoi esponenti che quasi si dicono comunisti (vedasi ad esempio i fondatori di Ross@ riunitisi a Bologna nell’Assemblea di sabato 11 maggio 2013) e anche da quei cultori del “socialismo del XXI secolo” nostrani e no, alla Luciano Vasapollo e alla Martha Harnecker, che gratta gratta presentano l’importante lotta in corso in Venezuela e in altri paesi dell’America Latina principalmente come alternativa e negazione del socialismo del XX secolo, quello della prima ondata della rivoluzione proletaria e dei primi paesi socialisti. Che ne direste, in qualsiasi altro campo dell’attività umana, di persone che si dichiarano decise a perseguire un obiettivo ma che ignorano, trascurano o addirittura denigrano l’esperienza di tutti quelli che prima di loro lo hanno perseguito, in nome del fatto che non lo hanno raggiunto?
  3. “Non molto tempo fa vidi una casa. Bruciava. Il tetto/era lambito dalle fiamme. Mi avvicinai e m’avvidi/che c’era ancora gente, là dentro. Dalla soglia/li chiamai, ché ardeva il tetto, incitandoli/ad uscire, e presto. Ma quelli/parevano non avere fretta. Uno mi chiese,/mentre la vampa già gli strinava le sopracciglia,/che tempo facesse, se non piovesse per caso,/se non tirasse vento, se un’altra casa ci fosse,/e così via. Senza dare risposta/uscii di là. Quella gente, pensai,/deve bruciare prima di smettere con le domande”. (B. Brecht, La parabola di Buddha sulla casa in fiamme).
  4. “Si vedrà allora come da tempo il mondo possiede il sogno di una cosa, di cui non ha che da possedere la coscienza, per possederla realmente.” (K. Marx, Lettera a Ruge, settembre 1943 – Opere complete, Editori Riuniti 1976, vol. 3 pag. 156).

 

 

  1. La rivoluzione si costruisce

Secondo il senso comune, la rivoluzione socialista scoppia: è quindi un evento ristretto nel tempo, un’insurrezione, una rivolta, una sollevazione popolare spontanea, come detto sopra. Questa concezione si è sedimentata nel senso comune perché le rivoluzioni fino a un certo punto della storia si sono manifestate sempre, dal lato delle masse popolari, come insurrezioni, come esplosioni spontanee dovute al maturare di condizioni che rendevano impossibile il perdurare delle condizioni esistenti. Ma nel senso comune accanto al concetto della “rivoluzione che scoppia” si affaccia il concetto opposto, del “fare la rivoluzione”. Nel primo caso, le masse popolari insorgono a fronte di una situazione che è diventata intollerabile. Il loro quindi è un movimento passivo: un movimento che le masse compiono mosse non da una loro interna trasformazione, ma da fattori esterni determinati dall’azione di altre classi, come un corpo che si muove perché sospinto da un altro. Nel secondo caso, le masse popolari fanno (cioè costruiscono) la rivoluzione: il loro è un movimento attivo. L’attività richiede coscienza: ideazione, programmazione, esame in corso d’opera, bilancio, determinazione, insomma, impegno delle nostre facoltà intellettuali e morali al livello più elevato, perché rivoluzione significa scoprire cose nuove e inventare, e perché la classe avversa usa ogni mezzo, infamia e crudeltà per mantenere il proprio potere.

I due modi di intendere la rivoluzione si distinguono come opposti perché il primo porta la rivoluzione socialista alla sconfitta, il secondo porta la rivoluzione socialista al successo. Il primo modo funziona effettivamente e per millenni, nelle società divise in classi; ma smette di funzionare in un dato momento storico, e precisamente quando sono mature le condizione per l’abolizione della divisione in classi, cioè in Europa alla metà del secolo XIX. In questo momento nasce il soggetto che dirige l’abolizione delle classi, e cioè il movimento comunista cosciente e organizzato (con i suoi partiti, i sindacati e le altre organizzazioni di massa). La pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels nel 1848 ne è “atto di nascita”. Il movimento comunista cosciente e organizzato inizia a fare la rivoluzione, vince solo quando più o meno consapevolmente costruisce la rivoluzione, e quando non lo fa impara a proprie spese che la rivoluzione, ormai, non è più una cosa che scoppia.

La svolta è di importanza storica. Per la prima volta nella storia dell’umanità un cambiamento sociale viene pensato dalle masse popolari che lo attuano, e non determinato da cause esterne ad esse. La coscienza (la ragione e la volontà) degli esseri umani, la loro concezione del mondo, assume un ruolo senza precedenti. Possiamo, e quindi dobbiamo, realizzare l’antico sogno di costruire una società e una civiltà con metodo razionale, e spetta alla classe operaia guidare questo processo.(17)

  1. Costruire la società e una civiltà secondo un metodo razionale suscita orrore nel campo della borghesia imperialista. Secondo la concezione borghese del mondo questo è “limitazione della libertà individuale”: in realtà è negazione della libertà della borghesia. La contrarietà all’uso del metodo razionale nella costruzione della rivoluzione socialista, cioè la posizione di quelli che considerano questo metodo limitativo della “spontaneità” delle masse popolari e della loro “insurrezione che si attende”, è un’espressione della concezione borghese del mondo.

 

Questa concezione del mondo ha tra i suoi fondamenti la consapevolezza che la rivoluzione si sviluppa (si fa) al modo in cui si fa (si promuove e si conduce) la guerra, e oggi la consapevolezza che si tratta di una GPR di LD, sperimentata nei paesi oppressi e semicoloniali in modo consapevole dal Partito Comunista Cinese. Sulla scorta dell’esperienza della rivoluzione socialista in Europa all’inizio del secolo XX, Gramsci spiega che questa strategia vale anche per i paesi imperialisti, quindi anche per l’Italia.

 

  1. La lotta di classe è una guerra

Gramsci descrive la lotta di classe come una guerra. Dice che il passaggio dalla guerra manovrata (e dall’attacco frontale) alla guerra di posizione avviene anche nel campo politico e critica Trotzki che, in un modo o nell’altro, può ritenersi il teorico politico dell’attacco frontale in un periodo in cui esso è solo causa di disfatta.(18)

  1. QC, pp. 801-802 (Q6 §138). I QC contengono la critica più esauriente che a mia conoscenza sia stata fatta dell’accezione in cui Trotzki fece propria l’espressione “rivoluzione permanente” usata da Marx ed Engels e della concezione che Trotzki costruì all’insegna della “rivoluzione permanente”.  Più esauriente nel senso che la critica viene condotta alla luce non solo dei compiti della rivoluzione socialista in Russia e dei compiti dell’Internazionale Comunista negli anni ’20, ma di tutta l’esperienza storica del movimento comunista in Europa e in Russia a partire dalla sua fondazione nel 1848.

 

Con guerra manovrata o di movimento Gramsci intende quella di chi considera l’attacco come un’operazione rapida e conclusiva, come un’insurrezione popolare di cui il partito comunista prende la testa. È guerra destinata alla sconfitta di fronte a un nemico che a sua volta conduce una guerra pianificata, con tutti gli strumenti politici e militari di cui dispone in grande quantità.

Da quando, a metà del secolo XIX, in Europa diventano mature le condizioni per l’abolizione delle classi, la borghesia mette in campo strumenti politici e militari per impedire che questo avvenga. Nei regimi di controrivoluzione preventiva sono prevalentemente strumenti politici.(19) Quanto più la crisi avanza e si sgretolano i pilastri dei regimi di controrivoluzione preventiva, tanto più la lotta di classe manifesta apertamente il suo carattere di guerra di classe (e tanto più palese diventa l’inconsistenza del movimentismo) (20) Qui, dice Gramsci, si passa alla guerra d’assedio, compressa, difficile, in cui si domandano qualità eccezionali di pazienza e di spirito inventivo.(21) La guerra d’assedio, o guerra di posizione è la GPR di LD contro la borghesia imperialista, e il partito comunista che la conduce deve avere pazienza, fermezza strategica di fronte a qualsiasi attacco nemico e capacità di combattere per tutto il tempo necessario, e spirito inventivo, flessibilità tattica e capacità innovativa quale è necessaria per chi si inoltra in terreno non esplorato, come nel caso della carovana del nuovo PCI.(22)

  1. Cosa sono i regimi di controrivoluzione preventiva è spiegato in MP, pp. 46 e seguenti.
  2. Movimentismo: limitare la lotta di classe alle forme d’azione conformi al senso comune e alle relazioni proprie della società borghese, escludendo progettualità e tanto più la concezione comunista del mondo. In sostanza equivale a spontaneismo. 
  3. QC, p. 802 (Q6 §138).
  4. Gramsci ritorna sull’opposizione tra guerra di posizione e guerra manovrata o frontale, cioè tra GPR di LD  e l’insurrezione il cui scoppio è atteso da spontaneisti, economicisti o movimentisti, in QC, p. 865 (Q7 §16). Qui Lenin è indicato come quello che ha condotto la GPR di LD. Al lato opposto Gramsci pone Trotzki, Sorel, Rosa Luxemburg.

 

  1. Guerra e crisi

Nel §17 del Quaderno 13 il tema è Analisi delle situazioni: rapporti di forza.(23) Gramsci descrive la situazione in cui la guerra tra classi ha luogo. È la situazione rivoluzionaria che si sviluppa in concomitanza con la crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale: Gramsci fa riferimento alla prima. Sono evidenti le analogie con la situazione odierna, della seconda crisi generale.

  1. QC, pp. 1578-1589 (Q13 §17).

 

Gramsci parla delle polemiche ideologiche, religiose, filosofiche, politiche che si svolgono attorno ai mille fenomeni in cui la crisi si manifesta (le varie forme in cui la resistenza di operai, lavoratori, masse popolari si esprime, le varie forme di massacro sociale dei governi della borghesia imperialista che si riassumono in una guerra di sterminio non dichiarata contro le masse popolari e, quanto ai fenomeni più eclatanti, i suicidi, l’uccisione delle donne, ecc. ecc.). Queste polemiche hanno un senso solo se convincono e infine si dimostrano vere solo quando vincono. Nello scontro, i comunisti sono sia convincenti che vincenti perché uniscono il fenomeno occasionale alla questione generale, cioè alla crisi; perché hanno una concezione del mondo che da un lato ha conoscenza della natura della crisi, dall’altro ha la strategia per superarla (la GPR di LD). Convincere, cioè conquistare “mente e cuore” delle masse popolari, è questione che decide dell’esito della guerra. Basti vedere tutto l’apparato messo in campo dalla borghesia imperialista per convincere le masse popolari che è giusto vadano alla miseria e alla morte per salvare una classe politica in putrefazione e il sistema finanziario che è alle spalle di questa classe, gestito da un infimo gruppo di criminali a livello internazionale e in ogni paese, che si spacciano per Comunità Internazionale (come spacciano le loro guerre per missioni di pace).

“Una volta date le condizioni oggettive del socialismo, che in Europa esistono da più di un secolo, per la vittoria della rivoluzione socialista il fattore decisivo sono le condizioni soggettive.” (MP, p. 35) Il movimento comunista cosciente e organizzato può quindi costruire la rivoluzione socialista. Gramsci lo conferma dicendo che esistono le condizioni necessarie e sufficienti perché determinati compiti possano e quindi debbano essere risolti storicamente, aggiungendo che lo si deve fare perché ogni venir meno al dovere storico aumenta il disordine necessario e prepara più gravi catastrofi, che, cioè, prevalga la mobilitazione reazionaria delle masse popolari, che la borghesia riesca a imporre il fascismo e la guerra.

I comunisti devono risolvere storicamente i propri compiti, dice Gramsci: non farlo prepara più gravi catastrofi. Ossia i compiti che i comunisti devono risolvere sono posti dal corso della storia e identificabili studiando il corso della storia. Questi compiti devono essere assolti. La società che non li assolve incorrerà in catastrofi via via più gravi. La crisi impone che noi lottiamo per fare dell’Italia un nuovo paese socialista. La classe dominante e il senso comune vedono della crisi gli aspetti negativi, ma tutti gli aspetti negativi della crisi hanno origine nel rifiuto di fare ciò che la crisi impone di fare, nel voler persistere in questo sistema economico, sociale e politico, nel voler mantenere questa condizione materiale, nel non voler credere possibile e realizzare il futuro che la crisi impone come necessario.

Non sono né convincenti né vincenti gli economicisti, incapaci di vedere al di là del fenomeno, e i dogmatici, che sostituiscono all’esame della realtà i propri schemi.

Gramsci insiste sul fatto che bisogna assolutamente tenere conto del nesso tra la crisi generale e le sue singole manifestazioni (i singoli fenomeni locali, di settore, del momento, ecc.). Solo così si è in grado di attaccare in modo efficace il nemico. Costringere la nostra azione entro i dettagli, farci disperdere nelle lotte singole è un’arma di guerra nelle mani del nemico. Chi subisce l’influenza ideologica della borghesia (la sinistra borghese e i suoi seguaci) cade facilmente vittima di quest’arma del nemico, perché la stessa borghesia non ha conoscenza teorica del nesso tra generale e particolare, perché non ha e non può avere una scienza della realtà economica, sociale e politica (scienza che le mostrerebbe che il suo regno è finito). L’analisi teorica della realtà fatta dalla borghesia è sempre analisi dei dettagli (analisi unilaterale), non mostra il nesso tra di essi, nesso che solo esso permette di capire il vero ruolo e senso di ogni singolo dettaglio. Tener conto del nesso tra ogni manifestazione e la crisi generale significa inquadrare ogni singola battaglia, ogni singola campagna entro la strategia generale della GPR di LD, costruire la rivoluzione, perché qui si tratta non di ricostruire la storia passata ma di costruire quella presente e avvenire.

Dopo l’analisi della situazione Gramsci passa ad esaminare i rapporti di forza, che si articolano in momenti.

Il primo di essi è il dato di partenza, cioè i rapporti di forza tra classi in relazione alla situazione oggettiva, all’assetto economico della società e alla conseguente composizione di classe.

Il secondo momento è quello in cui un classe inizia a prendere coscienza di sé come classe, e qui si muove sul terreno rivendicativo prima e poi su quello della lotta politica che c’è, cioè la lotta politica borghese. Questo passaggio è indicato nel MP come passaggio da lotta rivendicativa a lotta politica e in Europa si attua già alla fine del secolo XIX con la formazione di grandi sindacati e dei partiti socialisti della II Internazionale.

Il terzo momento è passaggio da lotta politica a lotta rivoluzionaria. La classe operaia comprende che per difendere i propri interessi non basta agire nel contesto politico predeterminato dalla borghesia. Nel MP (p. 26) lo si spiega come segue: “Col marxismo gli operai raggiunsero la coscienza più piena della propria situazione sociale. La loro lotta diventò più cosciente, fino ad assumere un carattere superiore. Divenne lotta politica rivoluzionaria, lotta per abbattere lo Stato della borghesia, costruire un proprio Stato e, grazie al potere conquistato, creare un nuovo sistema di produzione e un nuovo ordinamento sociale, eliminare lo sfruttamento e la sua espressione storica: la divisione della società in classi. In questo terzo momento la classe operaia comprende che i propri interessi di classe sono gli interessi di tutta la società.

In questo terzo momento, il rapporto tra classi è inevitabilmente destinato a sfociare in un rapporto di guerra inteso nel senso classico, cioè rapporto delle forze militari. Gramsci indica che lo scontro militare è un passaggio necessario della rivoluzione socialista. Proprio su questo punto si è concentrato il principale travisamento di Gramsci da parte dei revisionisti moderni, da Togliatti in poi, dall’ottavo congresso del PCI (1956) che consacrò la via pacifica e parlamentare al socialismo come dottrina ufficiale del partito.

Quanto a quelli che, a differenza dei revisionisti, sono per la rivoluzione socialista, ma non per la rivoluzione socialista che si costruisce come una guerra ma per la rivoluzione socialista che scoppia, Gramsci mostra che l’esperienza dice che non è affatto scontato che le crisi economiche generino automaticamente insurrezioni. Il peggiorare delle condizioni economiche non genera necessariamente la mobilitazione delle masse popolari in senso rivoluzionario e all’opposto la mobilitazione delle masse popolari in senso rivoluzionario non richiede che le condizioni economiche siano a un grado determinato di intollerabilità. Che le masse popolari si mobilitino in senso rivoluzionario dipende dall’azione di un partito che guida il percorso loro di battaglia in battaglia, di campagna in campagna fino a culminare nel rapporto militare decisivo, cioè fino al momento in cui la borghesia imperialista che difende il proprio regime è costretta o ad abbandonare il campo o ricorrere alla guerra civile. Questo percorso è descritto qui da Gramsci in dettaglio: si tratta di trovare i punti di minore resistenza del nemico, dove il colpo è più efficace, di capire quali sono le operazioni tattiche immediate, … come si può meglio impostare una campagna di agitazione politica, quale linguaggio sarà meglio compreso dalle moltitudini ecc.

Tutto questo è precisamente sviluppo della GPR di LD in un paese imperialista come l’Italia, di cui qui Gramsci descrive la prima fase, la fase della difensiva strategica, quando la superiorità della borghesia è schiacciante. Il partito comunista deve accumulare le forze rivoluzionarie. Raccogliere attorno a sé (nelle organizzazioni di massa e nel fronte) e in sé (nelle organizzazioni del partito) le forze rivoluzionarie, estendere la sua presenza e la sua influenza, educare le forze rivoluzionarie alla lotta dirigendole a lottare. L’avanzamento del nuovo potere si misura dalla quantità delle forze rivoluzionarie che si raccolgono nel fronte e dal livello delle forze stesse. In questa fase l’obiettivo principale non è l’eliminazione delle forze nemiche, ma raccogliere tra le masse popolari forze rivoluzionarie, estendere l’influenza e la direzione del partito comunista, elevare il livello delle forze rivoluzionarie: rafforzare la loro coscienza e la loro organizzazione, renderle più capaci di combattere, rendere la loro lotta contro la borghesia più efficace, elevare il loro livello di combattività.(24)

  1. MP, pp. 203-204. Gramsci si riferisce all’accumulazione delle forze rivoluzionarie parlando di forza permanentemente organizzata e predisposta di lunga mano. (QC, p. 1588 (Q13 §17))

 

  1. La rivoluzione socialista non scoppia

C’è la spontaneità e c’è lo spontaneismo. Gramsci critica quelli che per principio rifiutano di imprimere al processo rivoluzionario una direzione consapevole,(25) quelli secondo cui una direzione del genere significa imprigionare, schematizzare, impoverire il processo rivoluzionario, metterci sopra il proprio cappello. Esempio attuale di questa tendenza movimentista è il tentativo di costruire un Movimento Anticapitalista e Libertario (Assemblea di Bologna, 11 maggio 2013).(26)

  1. QC, pp. 328-332 (Q3 §48).
  2. Vedi la critica diffusa dal nuovo PCI nell’Avviso ai naviganti 18, 5 maggio 2013 in www.nuovopci.it/dfa/avvnav18/avvnav18.html.

 

  • Si proclama movimento, non nel senso che vuole solo unire organizzazioni e classi diverse, indipendentemente dai loro orientamenti particolari in altri campi, in una concreta battaglia politica, ma nel senso che vuole dichiararsi contro lo stato attuale delle cose (il capitalismo), ma rifiuta l’instaurazione del socialismo, il partito comunista e la concezione comunista del mondo (cioè si pone sul terreno della sinistra borghese).
  • È contro qualcosa (contro il capitalismo), ma non per qualcosa (il socialismo e il comunismo). Chi volesse essere “per”, dovrebbe fare piani, organizzarsi, così come ogni volta che si vuole costruire una cosa, quale che essa sia.
  • È libertario, cioè proclama la libertà in generale, ma non dice “libertà delle masse popolari dal capitalismo”: usa il termine “libertario” perché è quello usato dalle tendenze anarchiche che rifiutano ogni schema, organizzazione, imposizione, regola, disciplina, da qualsiasi parte venga: anche quella che un collettivo si dà, anche quella che la lotta stessa richiede. Li rifiuta al punto da rinunciare alla lotta e restare al capitalismo.

La libertà e il movimento di cui si tratta in questo ennesimo tentativo sono quelli dell’acqua che è libera di muoversi verso il basso. Non c’è pensiero, non c’è riflessione, non c’è bilancio dell’esperienza di chi prima di noi ha lottato, del perché e dove ha vinto o ha perso, non c’è programma per il futuro, e quindi non c’è slancio. Il tutto si riduce, alla fine, al contrario della libertà, a una reazione meccanica (cioè al modo in cui in un meccanismo una parte non si muove di moto proprio, ma per l’impulso che riceve da un’altra) all’attacco del nemico, che invece dispone di eserciti organizzati (che dai tempi dell’antica Roma e anche prima hanno dimostrato sempre di vincere masse in rivolta disorganizzate anche se esse sono in numero dieci e più volte superiore), di un piano per mantenere il proprio potere, ecc.

Gramsci spiega qui come questa che vuole essere libertà si rovescia in risposta meccanica ed espressione di subalternità rispetto alla classe nemica, perché non si qualifica per se stessa, per quello che vuole costruire, ma per il nemico cui si oppone, e quindi dipende da quel nemico al modo in cui un lavoratore dipende dal padrone. Se un gruppo non si sforza di crearsi una propria scienza della realtà e della storia, in definitiva le sue analisi sono quelle della propaganda borghese, sono tratte dai giornali e dai libri della borghesia, seppure letti “a rovescio” (criticandoli, sdegnandosi, denunciandoli, indignandosi, ecc.). Quelli che si muovono in questo senso non sospettano neanche che la loro storia possa avere una qualsiasi importanza, dice qui Gramsci. Quando si occupano di questa storia, per quanto riguarda il contenuto lo fanno usando in campo economico, politico, filosofico i criteri e i dati forniti dalla borghesia, conformi alla concezione borghese del mondo. Quanto alla forma, o parlano e non agiscono e quindi non corrono il rischio di essere smentiti, oppure separano il parlare dall’agire, non riflettono sulla propria pratica, non imparano dagli errori. Quando hanno successo, non lo usano come base per costruire il Nuovo Potere, non lo usano neanche come base per passare a una lotta di livello superiore. Quello che abbiamo ben visto l’anno scorso: fatte le grandi manifestazioni del 31 marzo e del 27 ottobre 2012, lo stato d’animo predominante tra i promotori era: e ora cosa facciamo?

Esistono da tempo le condizioni oggettive che spingono le masse popolari a mobilitarsi per creare la nuova società (rendono necessaria la sua creazione perché non crearla porta a più gravi catastrofi) e quindi il loro movimento è spontaneo come l’acqua del fiume che va al mare. Ma è differente dall’acqua del fiume che va al mare, perché riguarda esseri umani. Questi hanno bisogno di rappresentarsi la strada che seguono: l’acqua va al mare solo in determinate condizioni.

Questa unità della «spontaneità» e della «direzione consapevole», ossia della «disciplina» è appunto la azione politica reale delle classi subalterne, in quanto politica di massa e non semplice avventura di gruppi che si richiamano alla massa dice Gramsci e aggiunge che rinunziare a dar loro una direzione consapevole, ad elevarle ad un piano superiore significa lasciare il campo aperta alla borghesia imperialista, che devia la mobilitazione delle masse popolari in senso reazionario. La mobilitazione delle masse in senso reazionario (il fascismo, la guerra) è frutto della rinunzia dei gruppi responsabili [dei comunisti, ndr] a dare una direzione consapevole ai moti spontanei e a farli diventare quindi un fattore politico positivo. Chi nega il principio secondo cui la rivoluzione si costruisce, che deve essere diretta, e diretta come una guerra popolare rivoluzionaria, chi sta ad aspettare “che le masse si muovano” e non vede che le masse si stanno muovendo (ma ovviamente al modo in cui le masse oppresse si possono muovere finché non hanno né obiettivo consapevole e giusto, né organizzazione né direzione), lascia un vuoto che è occupato dalla reazione. Tutti coloro che oggi possono assumere ruolo di governo del paese, in Comitati di Liberazione Nazionale, in Amministrazioni Locali di Emergenza, in un Governo di Salvezza Nazionale, insomma in organismi che mobilitano le masse popolari contro la guerra che la borghesia imperialista muove nei loro confronti, ed esitano a farlo, per quanto esitano sono oggettivamente responsabili della mobilitazione reazionaria delle masse popolari.

I movimentisti sono contrari a fare piani. Secondo loro, dice Gramsci, ogni piano prestabilito è utopistico e reazionario.(27) A chiunque si è rivolto ai movimentisti indicando loro come necessario un percorso verso l’obiettivo della trasformazione rivoluzionaria, è capitato di sentirsi rispondere che il percorso indicato era una imposizione, un tentativo di ingabbiare, di tarpare le ali al movimento spontaneo, e perciò il piano era reazionario e che prevedere un percorso concreto verso la rivoluzione era utopistico.

  1. QC, p. 1557 (Q13 §1).

 

Questo tipo di risposta è espressione di una tendenza generale, diffusa tra le masse popolari ed espressione della loro subalternità, espressione dell’essere ancora sotto l’influenza della concezione borghese nella loro coscienza. È chiaro che la borghesia ha interesse a combattere l’elaborazione di qualsiasi piano volto a rovesciare il suo potere, ed è chiaro ancora di più il suo interesse a dichiarare irrealizzabile l’obiettivo di rovesciare il suo potere. Il massimo che la borghesia imperialista può concedere alle masse popolari è che sognino la rivoluzione come qualcosa che sì ci vorrebbe, ma non potrà mai essere. Eroi ammissibili sono quelli che ci hanno creduto e hanno perso (sono stati sconfitti), il che proverebbe quanto il loro fosse un sogno irrealizzabile. Che Guevara è l’esempio più noto. Chi ha invece guidato le masse popolari alla vittoria, come Stalin che guidò la vittoria contro i nazifascisti, è “dittatore” e “reazionario” per partito preso.

Chi è solo contro, aspetta l’insurrezione e non fa piani, si incanta di fronte a ogni mobilitazione spontanea delle masse popolari per poi cadere in depressione quando quella mobilitazione cessa. Che cessi è inevitabile: se si presume sia una cosa naturale, ha un suo inizio e una sua fine, come nel caso di un temporale, sparpagliandosi in una infinità di volontà singole, dice Gramsci.(28) Questa è la storia dei molti aggregati tipo Uniti contro la crisi, Comitato NoDebito, Comitato NoMontiDay, per citare i più noti operanti negli ultimi due anni: aggregati che sorgono per determinate contingenze, producono iniziative dove la partecipazione delle masse popolari supera le loro aspettative, cosa che non sanno gestire appunto perché non hanno linea, non hanno “piano prestabilito”, per cui i promotori si tirano indietro come apprendisti stregoni incapaci di gestire i “poteri semplici e magici” di cui il 6 aprile 2013 ha saputo parlare un bambino di quinta elementare della provincia di Avellino riferendosi alla classe operaia.

  1. QC, p. 1557 (Q13 §1).

 

Insomma, per non volersi dare norme conformi alle esigenze della realtà, cioè per non voler imparare la dialettica tra libertà e necessità, per volersi mantenere “liberi” nel senso che non ci si vuole inquadrare in alcun partito, che non si vuole seguire alcun piano, e tantomeno quindi tentare una esperienza mai tentata, la rivoluzione in un paese imperialista, cosa tanto nuova e piena di rischi che proporla senza analisi e senza piano è irresponsabilità che rasenta il crimine, per volere mantenere questa attitudine infantile e inaccettabile in qualsiasi attività umana minimamente complessa, si finisce per essere il contrario di liberi, si finisce a essere marionette in mano al nemico.

Nel §7 del Quaderno 13 Gramsci dice che la rivoluzione come insurrezione, funziona per la borghesia dalla Rivoluzione Francese (1789) fino al momento in cui la classe operaia irrompe come nuova classe rivoluzionaria (1848). Dopo questa data la borghesia cessa quindi di essere classe rivoluzionaria in lotta contro il clero e i nobili e si pone in assetto di guerra contro la classe operaia. La guerra contro la classe operaia la borghesia la prepara minutamente e tecnicamente in tempo di pace, con tanto di trincee e fortificazioni entro la struttura massiccia delle democrazie moderne, sia come organizzazioni statali che come complesso di associazioni nella vita civile.(29)

  1. QC, pp. 1566-1567 (Q13 §7).

 

Questa struttura massiccia delle democrazie moderne è regime di controrivoluzione preventiva. La rivoluzione preme, è un movimento oggettivo, e la borghesia costruisce un apparato rifinito nei suoi minimi dettagli per impedire la volontà e la necessità di partecipazione e autogoverno delle masse popolari, contro il singolo delegato sindacale non asservito, contro il centro sociale autogestito, contro un Movimento Cinque Stelle che non accetta i canoni prestabiliti per partecipare al teatrino della lotta politica borghese, e soprattutto contro la massima espressione dell’autonomia e dell’indipendenza della classe operaia e delle masse popolari, il partito comunista. Questo apparato è appunto la controrivoluzione preventiva, applicato nei paesi imperialisti. Contro questo apparato, la strategia dei comunisti è la GPR di LD, con cui l’accumulazione delle forze e la conquista di nuovo territorio (l’espansione dell’egemonia sulle masse popolari a spese della borghesia) sono lavoro altrettanto minuzioso che passo dopo passo arriva allo scontro militare vero e proprio.

Gramsci spiega come sia improponibile una guerra di manovra che sfonda linee nemiche e con ciò si impadronisce dei centri di potere quando dietro alle linee nemiche c’è un intero apparato di cui le linee sono solo il primo fronte.(30) La società, dice è diventata una struttura molto complessa e resistente alle “irruzioni” catastrofiche dell’elemento economico immediato (crisi, depressioni); le superstrutture della società civile sono come il sistema delle trincee nella guerra moderna … né le truppe assalitrici, per effetto della crisi, si organizzano fulmineamente nel tempo e nello spazio, né tanto meno acquistano uno spirito aggressivo. Il consiglio di Gramsci è di studiare la Rivoluzione d’Ottobre alla luce della teoria della GPR di LD. A questo possiamo aggiungere che dopo la vittoria della Rivoluzione d’Ottobre la borghesia imperialista ha preso tutte le contromisure di cui è capace per non farsi cogliere di sorpresa da una qualsiasi insurrezione.

  1. QC, p.1615-1616 (Q13 §24).

 

Chi presume di irrompere in campo nemico, di seminare nelle truppe avversarie panico e confusione irreversibile, di organizzare le proprie truppe all’improvviso, di creare altrettanto all’improvviso i quadri o di mettere i quadri esistenti in posti di direzione immediatamente riconosciuti da una popolazione in rivolta, di unire immediatamente questa popolazione verso un obiettivo comune, è un mistico, dice Gramsci.(31) Di fatto, chi ragiona in questi termini religiosi, se ne sta fermo in attesa che qualcun altro cominci, o che qualcuno venga da fuori a portare la rivoluzione, dalla Russia o dalla Cina ieri, i popoli oppressi oggi (dalla Palestina, dall’India, dal Nepal, oppure da paesi come il Venezuela, o da Cuba, a seconda delle tendenze preferite).(32)

  1. QC, p. 1614 (Q13 §24).
  2. QC, p. 1730 (Q14 §68).

 

L’esame delle posizioni di Gramsci conferma la sua anticipazione di uno dei fondamenti della teoria rivoluzionaria, cioè la strategia della GPR di LD, uno dei contributi più importanti del maoismo alla scienza rivoluzionaria, alla concezione comunista del mondo.(33) Gramsci, oltre a questo, ha dato altre anticipazioni molto importanti. Lo studio in corso dell’opera di Gramsci è recupero di queste preziose anticipazioni che Gramsci ha elaborato, per dare la luce giusta alla sua statura di dirigente del movimento comunista a livello nazionale e internazionale e soprattutto per continuare la sua opera fino alla realizzazione degli obiettivi per cui ha dato la vita.

Folco R.

  1. L’esame è svolto sui riferimenti di Gramsci alle due forme contrapposte di strategia per la rivoluzione, cioè l’insurrezione e la GPR di LD, elencati nelle voci guerra di movimento e guerra di posizione del Dizionario gramsciano a cura di Guido Liguori e Pasquale Voza (Carocci editore, Urbino, 2011).

 

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