Pubblichiamo l’intervista rilasciata dal Comitato per il Diritto alla Salute Art. 32 nato a Città della Pieve (PG) contro lo smantellamento dell’ospedale locale. L’intervista mostra come la battaglia territoriale avviata nel 2017 abbia successivamente abbracciato l’obiettivo più generale della difesa della sanità pubblica compromessa da anni di tagli ai servizi essenziali le cui conseguenze si sono ulteriormente aggravate con la pandemia da Covid-19 in corso.
Mobilitarsi ed organizzarsi a difesa del diritto alla salute vuol dire oggi:
- Unirsi al personale sanitario per la loro stabilizzazione e contro la legge sull’obbligo di fedeltà aziendale per garantire a medici e infermieri la libertà di espressione e denuncia sulle condizioni di lavoro, per sbloccare le assunzioni degli operatori sanitari e mobilitarsi per la riapertura degli ospedali chiusi e requisire le cliniche private per metterle a disposizione della sanità pubblica.
- Unirsi agli comitati in lotta a difesa della sanità pubblica già esistenti come il Coordinamento per la Sanità Pubblica di Spoleto in lotta per un ritorno alla piena funzionalità dei Covid Hospital e il Comitato Perugia Solidale, affinchè ogni singola battaglia diventi la lotta per pretendere la riaffermazione di tutti i servizi necessari e il potenziamento della sanità pubblica e gratuita per tutta la Regione.
- Chiamare tutti gli eletti in Consiglio regionale che si dichiarano contro le scelte di Tesei e Coletto a mettersi al servizio della lotta visto che il portavoce delle opposizioni, Fabio Paparelli, i gruppi di minoranza all’Assemblea legislativa dell’Umbria (Tommaso Bori – capogruppo, Donatella Porzi, Simona Meloni, Michele Bettarelli -Pd, Thomas De Luca – capogruppo-M5S, Vincenzo Bianconi – capogruppo – Misto, Andrea Fora – capogruppo – Patto civico per l’Umbria) hanno già condiviso un documento in cui denunciano l’inadeguatezza del governo regionale dell’Umbria nell’affrontare la crisi sanitaria da Covid-19. Solo se faranno questo potranno dire di agire negli interessi della maggioranza della popolazione, altrimenti dovranno fare i conti con la rabbia e l’indignazione popolare per non essere passati dalle parole ai fatti!
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- Come è nato il Comitato? Quali battaglie ha promosso sul tuo territorio in questi anni?
Il Comitato per il Diritto alla Salute Art.32 si è costituito a Città della Pieve il 14 giugno 2017 in seguito alla chiusura dell’Ospedale Beato Giacomo Villa di Città della Pieve e del suo Pronto Soccorso.
Il Comitato civico, ribandendo con forza il suo approccio nel rappresentare l’unione dei cittadini del territorio per la comune causa, nel corso degli anni ha evidenziato in più riprese la situazione preoccupante dell’intero territorio del Trasimeno rispondendo con tali azioni:
- la richiesta di riapertura del suddetto Ospedale mediante ricorso al TAR, vinto da parte del comune di Montegabbione (TR) e da questo Comitato per il Diritto alla Salute art.32, dove veniva imposta la riapertura del Pronto Soccorso (febbraio 2018). La Regione Umbria e l’USL Umbria 1 hanno fatto ricorso al Consiglio di Stato, ottenendo la sospensione dell’esecutività della sentenza del Tar
- La continua denuncia a mezzo stampa, sit-in e assemblee pubbliche per spingere il governo della Regione a reinserire nel futuro Piano Sanitario Regionale l’Ospedale Unico del Trasimeno. In base a quanto era definito nel Piano Sanitario Regionale dell’Umbria 2009 – 2011, si prevedeva (Volume III “Linee Strategiche”) accanto agli ospedali (SPOKE) già realizzati di Gubbio-Gualdo Tadino (Branca), e di Todi – Marsciano, anche la costruzione di nuovi ospedali distrettuali di Castiglione del Lago-Città della Pieve (Ospedale Unico del Trasimeno) e, infine, l’ospedale nato dalla fusione di quelli di Narni-Amelia. Ad oggi dei due ospedali distrettuali rimasti da realizzare dal Piano Sanitario Regionale 2009- 2011 la situazione è la seguente: dell’Ospedale Unico del Trasimeno è stato redatto solo un progetto esecutivo per poi non essere stato mai realizzato; mentre per l’ospedale di Narni- Amelia è attualmente in discussione la sua realizzazione.
- la richiesta al Ministero della Salute di finanziare la Regione Umbria con fondi a destinazione vincolata per la realizzazione dell’Ospedale Unico del Trasimeno e che nel tempo che intercorre sino alla sua realizzazione si faccia promotore di un protocollo di intesa con la Regione al fine del ripristino dell’attività dell’ospedale di Città della Pieve con relativo pronto soccorso. Di fatto come Presidio di Area Disagiata essendo classificata come tale l’area del Trasimeno Pievese e Alto Orvietano e quindi ha diritto ad un Pronto Soccorso di Area disagiata come previsto dal DM70/15.
2. Abbiamo visto tanti comitati e organismi darsi un’organizzazione interna (responsabilità, gruppi di lavoro, ecc.), com’è strutturato a livello interno il vostro Comitato? Avete legami con i lavoratori della Sanità e con altri lavoratori?
Il Comitato per il Diritto alla Salute Art.32 è dotato di uno Statuto, elegge un direttivo di 4 Consiglieri e un Presidente. Accanto alla rappresentanza eletta troviamo la figura del gruppo di lavoro, tra cui partecipano anche i non eletti per le attività organizzative e di pubblicità nei termini basati esclusivamente sul volontario contributo.
All’interno del Consiglio e dei firmatari del Comitato ci sono anche figure appartenenti all’ambito sanitario (medici, infermieri, personale sanitario, tecnici..) indispensabili sentinelle che apportano la loro personale esperienza in merito dell’argomento sanitario.
3. Il nome del Comitato richiama l’attuazione dell’articolo 32 della Costituzione italiana. Quale è il ruolo di questo obiettivo nella vostra attività?
Vista la domanda riportiamo l’Art. 32:
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
I diritti sono inviolabili, come sancito dalla Costituzione, e la loro difesa, se calpestati, è un dovere civile.
Ecco il motivo che spinge il Comitato ha non identificarsi come il comitato pro Ospedale di Città della Pieve ma per il Diritto alla Salute, che nel nostro più esteso territorio del Trasimeno, se non in realtà a livello nazionale con riferimento al contestatissimo DM70/2015, l’Art. 32 è un Diritto seriamente minacciato da troppi anni.
4. Negli ultimi mesi il nostro e altri paesi nel mondo sono impegnati nel fronteggiare l’emergenza COVID-19. Si tratta di un’emergenza sanitaria, economica, politica e sociale in cui stanno emergendo in tutto il territorio nazionale tante criticità. Quali sono i principali problemi in Umbria?
La realizzazione dell’Ospedale Unico del Trasimeno, per stessa affermazione del piano sanitario, nasceva dall’esigenza di ridurre il numero di ospedali sul territorio e al tempo stesso di rinnovare le strutture adeguandole alle nuove esigenze funzionali medico-sanitarie.
Come abbiamo già detto e scritto più volte, la decisione di non costruire l’ospedale unico del Trasimeno ha determinato una serie di conseguenze catastrofiche che evidenziano la discriminazione del territorio in questione rispetto al resto dell’Umbria e dunque la negazione del principio di uguali opportunità di accesso alle cure sanitarie:
- a) la de-ospedalizzazione di fatto del territorio del Trasimeno con un ammanco di 110 posti letto per acuti secondo le norme del DM70/2015 (ad ampliamento di Castiglione del Lago effettuato).
- b) l’inevitabile saturazione dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia con esiti riscontrabili quasi quotidianamente sulla stampa o in esperienze
- c) un’enorme difficoltà nel fare esami diagnostici di normale amministrazione in tempi accettabili e con percorrenze ragionevoli (in un territorio che ha un’età media piuttosto alta).
- d) a differenza del resto dell’Umbria, la maggior parte degli interventi di emergenza-urgenza che coinvolgono il territorio del Trasimeno trovano una risposta al di fuori del nostro distretto.
Il territorio del Trasimeno risulta ad oggi privo dei servizi sanitari di base tanto che per i residenti e per la struttura sanitaria regionale è necessario sopperire a tali mancanze attraverso l’ausilio di strutture sanitarie di altri distretti (anche di altre regioni come la Toscana) con aggravi di costi per entrambe le parti.
5. L’emergenza Covid-19 ha fatto emergere la maggiore preparazione ed efficacia dei sistemi sanitari di paesi in cui la sanità è principalmente o totalmente pubblica, per esempio quello cinese, cubano o venezuelano. Negli ultimi anni, invece, in Italia i governi centrali e le regioni hanno promosso politiche di privatizzazione e smantellamento della sanità pubblica, come si è sviluppata questa tendenza in loco?
Registriamo dalla popolazione del territorio del Trasimeno che il cittadino, con maggior frequenza di prima, si trova costretto a ricorrere a strutture e centri privati per accorciare tempi e distanze per ottenere le prestazioni necessarie per interventi programmati (di chirurgia ordinaria) o per le visite specialistiche (liste attesa lunghissime se non bloccate per alcune particolari visite).
Abbiamo evidenziato più volte alla politica, ai rappresentati e ai tecnici della Sanità umbra che un buon utilizzo delle strutture pubbliche in essere e il loro potenziamento (come ad esempio negli esami di diagnostica – risonanza magnetica) oltre a garantire il servizio in sé, garantirebbe quei flussi necessari per una buona gestione dell’attività ad oggi troppo spesso sottratti dalla grande offerta privata.
6. Quali sono le misure pratiche sanitarie secondo voi vanno prese nell’immediato per far fronte all’emergenza COVID-19?
Durante l’emergenza tutte le operazioni sanitarie ordinarie non urgenti come diagnostica e interventi programmati, per citare due aree, sono state sospese (pur non essendo diminuiti i pazienti di oncologia o affetti da patologie tempo dipendenti). Tuttavia, quando i numeri del Covid- 19 lo consentiranno, bisognerà ripristinare l’attività sanitaria ordinaria pur mantenendo alto il livello di allerta per evitare un ritorno del contagio nelle sue forme più devastanti. Per allora, però, è facile temere quanto segue:
- un sovraccarico di richieste che graveranno sull’atavico problema delle liste di attesa e sui tempi di risposta
- una difficoltà degli spostamenti soprattutto dal territorio del Trasimeno -Pievese, dove le strutture esistenti (in corso d’opera ad infinitum dal 2017) non consentono una pluralità di esami o di
- un’ulteriore riduzione del personale medico e sanitario, già allo stremo delle forze, che dovrà beneficiare di un periodo di meritato
- una pericolosa confusione tra ospedali “misti”, ovvero ospedali virus-free e strutture destinate alle malattie
Per evitare un crollo ulteriore che potrebbe creare un’emergenza nell’emergenza, abbiamo sollecitato la Regione Umbria a redigere per tempo un piano di azione che abbia come fondamento essenziale la cura delle persone e non quella dei bilanci dell’azienda ospedaliera.
Di seguito le nostre proposte:
- Personale sanitario: è necessario aumentare le assunzioni a lungo termine di personale medico, infermieristico e assistenziale (in Italia ci sono 5,6 infermieri ogni mille abitanti, contro i 10,5 della Francia e i 12,2 della Germania) che deve essere preparato per le pandemie del futuro. Bisogna rivedere le modalità di contratti e stipendi, pensando, ove possibile, di offrire alloggio in caso di mobilità del personale.
- Servizi di diagnostica (radiologia tradizionale, ecografie, TC, MOC, RM): individuazione dei bacini di afferenza al fine di determinare punti di erogazione dei servizi più vicini alla cittadinanza. Effettuare le prestazioni nel bacino di afferenza riduce la mobilità della popolazione, la spesa sociale e, nell’attualità, favorisce anche la riduzione del contagio. Per il presente e per il futuro i servizi di diagnostica potrebbero essere erogati in diversi punti del territorio mediante l’impiego della telemedicina e/o tramite un’equipe mobile di professionisti in grado di soddisfare le necessità emergenti.
- Un modello che si fa ancora più necessario nel territorio del Trasimeno – come già denunciato nel Comunicato Stampa dello 17 aprile, in seguito alla riduzione del personale di radiologia e anestesiologia (emergenza Covid 19 in corso), la discriminazione dei servizi tra il territorio del Trasimeno e altre aree dell’Umbria si era resa ancora più evidente. Il bacino di afferenza dell’Alto Chiascio – Ospedale Branca- è di 54.062 abitanti, all’aprile 2020 operativi 10 radiologi; il Trasimeno conta 812 abitanti, operativi 3 radiologi. Queste enormi differenze si ripercuotono inevitabilmente sull’assistenza. Si rende pertanto necessaria un’equa ridistribuzione del personale su tutte le sedi del territorio.
- Assistenza territoriale: bisogna ripristinare l’equilibrio tra le necessità territoriali (distretto) e quella dei presidi sanitari ed ospedalieri. Come rilevato dall’emergenza Covid 19 e in base a ciò che si è drammaticamente registrato nell’area lombarda, un intervento precoce su base territoriale può arginare, controllare e contribuire a sconfiggere la pandemia. Parallelamente, in una gestione ordinaria, i presidi sanitari e ospedalieri di territorio agiscono da filtro all’hub, ospedale di II livello che dovrebbe trattare solo patologie di elevata complessità.
- Presidi di area disagiata: l’area del Trasimeno Pievese e Alto Orvietano, come denunciamo da tre anni, è classificata come area disagiata. In quanto tale ha diritto ad un Pronto Soccorso di Area disagiata come previsto dal DM70/15 (punto 9.2.2). La chiusura del presidio di Città della Pieve nel 2017, senza alcuna realizzazione previa di strutture sanitarie alternative, ha avuto conseguenze su tutto il territorio del Trasimeno Pievese e Alto Orvietano, depotenziando in maniera drastica i servizi territoriali e contravvenendo al principio di equità di assistenza sanitaria. A tre anni dalla scellerata chiusura, registriamo un cumulo di macerie, una struttura in perpetuo rifacimento, un progetto di Casa della Salute poco chiaro e un punto di primo soccorso a costante rischio di chiusura.
Comitato per il Diritto alla Salute Art.32