Cambiare il mondo, l’unica libertà che ci rimane

Tutte le citazioni sono tratte da “I quattro sviluppi più importanti per far avanzare la rivoluzione socialista in corso” – La Voce del (nuovo)PCI n. 66

“Non cambierà mai niente” è la frase tipica di chi non vede che il mondo cambia indipendentemente dalla volontà dei singoli individui e dalla consapevolezza che essi hanno del cambiamento.
Non il cambiamento, ma la direzione verso cui il mondo cambia dipende da quanto uno – ognuno – fa.
Il 2020 è stato in questo senso una straordinaria dimostrazione. Il mondo è cambiato velocemente, “in peggio” si è portati a dire istintivamente, cioè senza ragionarci su. In effetti, il mondo è cambiato seguendo la strada imposta dallo sviluppo del modo di produzione dominante, il capitalismo.
È uno sviluppo negativo, indubbiamente. La crisi generale del capitalismo è iniziata ben prima che esplodesse la pandemia da Coronavirus. Essa ne ha solo accelerato e aggravato il decorso.
Questo significa che ha aggravato anche le contraddizioni in seno alla classe dominante, ha diminuito la capacità della classe dominante di governare la società, ha allargato il distacco fra la classe dominante e le masse popolari, ha infranto la narrazione (la propaganda di regime) di una società “non perfetta, ma migliorabile”, ha reso più evidente per milioni di persone (miliardi nel mondo) che sotto la direzione della borghesia il corso disastroso delle cose è destinato a peggiorare, che c’è la necessità e l’urgenza di cambiare le cose radicalmente, di rivoluzionarle.
In questo senso, il cambiamento del 2020 non è negativo ma positivo.

La situazione pone nuove esigenze alle masse popolari.
Gli operai, alla faccia di chi ha propagandato per anni che “la classe operaia non esiste più”, hanno l’esigenza di lottare, ad esempio, per (ri)conquistare spazi di assemblea anche per discutere del fatto che mentre sono costretti a lavorare a spron battuto in barba alle misure anticontagio, viene proibito loro di scioperare. Hanno l’esigenza di confrontarsi sul futuro di interi settori produttivi già dismessi o in dismissione, benché fondamentali per la sovranità del paese (come la siderurgia, la farmaceutica, ecc.). Hanno l’esigenza di occuparsi di come funziona la società fuori dall’azienda, perché tutto va a rotoli, dalla scuola dei figli alla sanità, all’ambiente.
La marea di commercianti, negozianti, artigiani, partite IVA che da sempre si sono considerati produttori o distributori individuali di merci (beni e servizi) hanno l’esigenza di lottare collettivamente. Un’esperienza pratica che li spinge a plasmare la loro coscienza alla reale conformazione della società: sono tutti dipendenti dal grande capitale e trattati da esuberi, come gli operai. Se nel corso della loro vita privata e professionale erano convinti che ognuno si potesse salvare da solo (e magari che si salva il migliore) ora toccano con mano che, invece, non è così e che non esiste meritocrazia di fronte ai grandi gruppi finanziari e alle multinazionali.
Gli studenti di ogni ordine e grado hanno l’esigenza – che si esprime ovviamente a diversi livelli di coscienza – di andare a scuola in sicurezza. Chi prevedeva festeggiamenti ed euforia per la didattica a distanza e per l’abolizione del diritto allo studio in nome del “fancazzismo” è stato più che smentito: ci sono persino ragazzi che come forma di protesta seguono le lezioni on line fuori dagli istituti chiusi (e per questo vengono repressi con richiami, multe e sospensioni). Ragazzi e ragazze, insegnanti: questo paese ha riscoperto l’importanza della formazione e della cultura adesso che sono bandite.

L’elenco è lungo. Per ogni categoria e settore esiste l’esigenza di uscire dalla propria piccola dimensione per affacciarsi sul mondo che è rapidamente cambiato, per capire cosa fare per trasformarlo sulla base di un nuovo indirizzo e nuovi valori (ambiente, salute, cultura). Trasformare il mondo è diventata una necessità impellente.
I comunisti non possono e non devono limitarsi a osservare il marasma provocato dalla crisi: devono essere – più efficacemente – la risposta a queste esigenze.

Nel mondo che sta cambiando le masse popolari hanno nuove esigenze, dicevamo. Le più importanti sono due:
– avere una rotta e una meta per attraversare la tempesta in cui siamo immersi;
– avere la forza per seguire quella rotta, quali che siano la forza contraria delle onde, gli sconvolgimenti e le disgrazie che inevitabilmente si abbatteranno su di loro.

Guardiamo al futuro con fiducia. Non per una forma di incoscienza o illusione, ma perché sappiamo che esistono già sia la rotta che la forza. Perché abbiamo abbastanza chiaro il modo per metterle in relazione, nella loro giusta combinazione ai fini del salto che l’umanità deve compiere, del cambiamento necessario.
La rotta è quella che ricaviamo dall’esperienza del vecchio movimento comunista.
La ricaviamo contrapponendo quella parte che è riuscita a guidare vittoriosamente la rivoluzione socialista fino all’instaurazione del socialismo alla parte che, invece, non vi è riuscita a causa di limiti ideologici. Limiti talmente radicati da esistere ancora, soprattutto fra i comunisti dei paesi imperialisti come l’Italia.
La ricaviamo, ancora, analizzando i motivi per cui la gloriosa esperienza dei primi paesi socialisti si è esaurita per l’azione dei revisionisti moderni che ha corroso e distrutto i primi paesi socialisti e ha permesso alla borghesia imperialista di riprendere terreno e cantare vittoria.
La ricaviamo, infine, elaborando le condizioni, le forme e i risultati della lotta di classe in un’epoca in cui il mondo è profondamente diverso da quando in Russia i comunisti instaurarono il socialismo e diedero vita all’URSS, ma anche uguale nella sua essenza.
La rivoluzione socialista e l’instaurazione del socialismo è ancora, come allora, il cambiamento di cui l’umanità ha bisogno.

Tuttavia, chi dice che la società è cambiata e servono strumenti nuovi per fare la rivoluzione socialista ha ragione: è fondamentale riconoscere e superare gli errori e i limiti per cui la sinistra del vecchio movimento comunista non ha saputo fare la rivoluzione in nessun paese imperialista. All’individuazione di questi errori e alla sperimentazione del loro superamento si è dedicata la Carovana del (nuovo)PCI, di cui il P.CARC fa parte.
La costituzione di un governo di emergenza delle masse popolari organizzate – che chiamiamo Governo di Blocco Popolare – è uno degli strumenti che abbiamo individuato per far avanzare più velocemente la rivoluzione socialista nel nostro paese stante le condizioni attuali.

La forza ce la possono mettere solo e soltanto le masse popolari organizzate. Più le masse popolari sono organizzate e la rete delle loro organizzazioni è vasta, più grande è la loro forza e più efficace la loro azione. Attenzione però a non limitare il concetto alla sola forza “di piazza” o “militare”.
La forza di cui c’è bisogno sta nella capacità di conquistare il ruolo per cui il resto delle masse popolari segue le indicazioni di quella parte organizzata che opera per affrontare e risolvere i problemi provocati dalla crisi, in modo coerente con gli interessi di tutte le masse popolari.
Questa forza di cui parliamo non si costruisce con gli appelli, né si consolida attraverso le proteste e le richieste di riforme e miglioramenti agli artefici dell’attuale disastro: essa aumenta man mano che gli organismi operai e popolari agiscono in modo da sostituire le autorità e le istituzioni della classe dominante, diventando loro nuove autorità pubbliche, nuova classe dirigente del paese. Mostriamo vari esempi di quello che intendiamo nelle pagine che seguono.

La combinazione di questi due elementi – avere la rotta e anche la forza – è il fulcro del nuovo potere che soppianterà il potere della borghesia imperialista.

“Crescono le difficoltà che la borghesia imperialista incontra a dare un indirizzo unitario (quanto può esserlo nella società borghese, dove perfino la classe dominante è composta di gruppi e individui con interessi antagonisti, tanto più a causa della imperante sovraccumulazione di capitale) all’attività del suo Stato e della Pubblica Amministrazione e a imporre alle masse popolari obbedienza alle leggi, alle ordinanze e alle altre disposizioni delle autorità. (…) In una situazione del genere, in cui lo scontro diventa più netto, parlare genericamente di crisi politica è profondamente sbagliato. Ci sono due poteri che stanno facendo percorsi opposti: il sistema politico della borghesia imperialista in disgregazione, il sistema del nuovo potere (quello delle masse popolari organizzate) in sviluppo. Chi dà a intendere che esista e non possa che esistere un solo sistema di potere, al massimo da condizionare in senso un po’ più favorevole alle masse popolari, disarma quelle stesse masse di cui lamenta la scarsa combattività! La posta in gioco è far fare un deciso salto avanti al sistema di potere delle masse popolari organizzate e contrapporlo più nettamente al sistema di potere della borghesia imperialista fino a soppiantarlo”.

Cambiare il mondo è difficile, ma non c’è un’altra strada per i proletari. È un processo per certi versi anche doloroso (pensiamo al fatto che per cambiare il mondo bisogna essere disposti a cambiare profondamente anche sé stessi), ma alla fine liberatorio. È una necessità ma, in definitiva, è l’unica e vera libertà che ci è rimasta.
Di brutto c’è che finché ognuno marcerà per conto suo, senza rotta e senza forza, questa lunga “camminata sul baratro” durerà ancora a lungo con effetti incalcolabili in termini di devastazione materiale e morale.
Di buono c’è invece, che la rivoluzione socialista non scoppia, ma si costruisce pezzo dopo pezzo, si conquista posizione dopo posizione avanzando un passo alla volta. È una Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata in cui è possibile fare anche passi indietro, ma tenendo la rotta e accumulando la forza la nostra marcia avanza.

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