Le elezioni amministrative del 2021 si svolgono in cinque fra le principali città italiane: Milano, Roma, Torino, Napoli e Bologna, oltre che in svariati altri comuni. Di queste cinque città, due sono amministrate dal M5S (Roma e Torino) mentre Napoli è amministrata da un sindaco esterno alla maggioranza di governo, De Magistris. Ci soffermiamo su Milano e Napoli, per iniziare a ragionare su come usare la scadenza elettorale per fare delle amministrazioni locali uno strumento al servizio del cambiamento del Paese.
MILANO – L’8 dicembre Giuseppe Sala ha annunciato la sua ricandidatura a sindaco. Archiviati i guai giudiziari sugli appalti per EXPO 2015, si candida a gestire direttamente gli ingenti traffici di denaro in vista delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina.
Il “modello Milano” è pragmatico. Agli investitori non interessano le opinioni e i programmi: “Franza o Spagna basta che se magna”. Evidentemente, ritengono che Sala abbia svolto un buon servizio, tanto che sono disposti a sottoscriverne la ricandidatura.
Intanto, è iniziata la campagna di propaganda della sinistra borghese sulla “buona amministrazione” e sul “pericolo della destra” condita con i saggi inviti a scegliere il meno peggio che di fatto lasciano campo libero alle Larghe Intese.
È pure iniziato il “mercato del sociale” con gli esponenti dell’amministrazione impegnati a rivendicare i successi delle attività svolte dalla rete dell’associazionismo cittadino e dalle brigate volontarie per l’emergenza e con gli uffici comunali impegnati a distribuire promesse, a fare ammiccamenti, a smistare finanziamenti.
Tuttavia, Milano non è più quella del 2015: l’amministrazione della capitale economica e finanziaria del paese è legata ai sommovimenti generali. L’attuale amministrazione ha cercato, fra mille equilibrismi, di non mettere troppo i bastoni fra le ruote alla Giunta regionale di Fontana e Gallera, ma alla Giunta a venire non basteranno di sicuro le trovate propagandistiche di “Madonnine, calzini arcobaleno e retorica sulla carità” per evitare di assumere un ruolo più deciso e trasparente.
Al di là di Sala e degli esponenti variopinti, più o meno “democratici” che gli stanno intorno, il ruolo del Comune di Milano dipenderà – mai come nello stravolgimento attuale causato dalla pandemia – dall’azione delle organizzazioni operaie e popolari. Dipenderà poco e niente dalle dinamiche elettorali (alleanze, risultati, seggi, nomine, ecc.), ma molto dalle “alleanze sociali” che esistono e vivono nella pratica della lotta di classe.
La campagna elettorale è già iniziata. È già iniziata la logica della concorrenza fra i partiti di sinistra e il tiro al piccione contro il M5S per accaparrarsi i voti del suo elettorato deluso. Sono iniziate le manovre per allestire i carrozzoni su cui salire prima delle elezioni e da cui scendere subito dopo, come anche le “narrazioni” sul cambiamento necessario spacciato come “possibile” solo grazie ai risultati elettorali.
Questo modo di fare politica non ci appartiene e non ci interessa.
La campagna elettorale può essere utile e deve servire a rafforzare il campo delle masse popolari. In tre sensi:
- rafforzare il coordinamento della rete degli organismi territoriali già esistenti (brigate, collettivi, associazioni, circoli) per rendere più capillare la loro azione e per dare respiro unitario e metropolitano alla loro opera, per favorire la nascita di organismi laddove ancora non esistono e rafforzare l’opera di tutti nell’affermare gli interessi delle masse popolari, di fronte ai problemi e alle contraddizioni;
- individuare tendenze, correnti e personaggi che intendono realmente sostenere e rafforzare la rete degli organismi territoriali, indipendentemente dalla lista che essi sostengono o in cui si candidano. La concorrenza elettorale spinge ognuno a mettersi in mostra e a contrapporsi agli altri, ma le elezioni passano e i problemi restano. L’unica discriminante sensata è quella fra chi sostiene il programma delle Larghe Intese e chi vi si oppone;
- imporre nel dibattito elettorale – nella pratica, non nelle tribune elettorali – i diritti e gli interessi delle masse popolari e le iniziative per affermarli.
La sintesi di questi tre movimenti rientra inevitabilmente nella mobilitazione per il commissariamento popolare della Regione Lombardia, per la cacciata di Fontana e Gallera.
NAPOLI – L’esperienza di De Magistris sta arrivando all’epilogo, almeno nella forma in cui l’abbiamo conosciuta fino a oggi. “L’ultimo giapponese” dei sindaci arancioni è rimasto schiacciato dalla sua stessa idea di governo della città, nei reiterati tentativi di tenere insieme “lotta e governo”, “rivoluzione arancione e tatticismi elettorali”, “scontro col governo centrale ma nel rispetto di patti e vincoli”, “dare potere al popolo ma da servitore dello Stato”, ecc. Questi anni di gestione DemA della città hanno mostrato e confermato che non si possono tenere insieme capre e cavoli, “rivoluzione” e politicantismo, rottura e compatibilità.
Mentre il Comitato Vele di Scampia si mobilita contro la scelta dell’amministrazione che in nome del bilancio pretende di alloggiare provvisoriamente, ma non si sa per quanti anni, alcune famiglie nei container (in barba ai precedenti accordi); mentre gli operai della Whirlpool si mobilitano per difendere i loro posti di lavoro in una città con uno tra i più alti tassi di disoccupazione; mentre i comitati popolari per la sanità pubblica si coordinano per imporre che la sanità campana venga commissariata dal basso ad opera delle masse popolari; mentre tutto questo accade i problemi principali a palazzo San Giacomo e dintorni riguardano i riposizionamenti elettorali.
La mega-coalizione “progressista” composta da DemA, M5S e PD con Roberto Fico sindaco è la linea proposta da Roma e in particolare dai fautori del governo M5S-PD. Una coalizione che
– De Magistris dovrebbe fare ingoiare alla sinistra interna a DemA che con i partiti delle Larghe Intese non vuole avere niente a che fare;
– Di Maio dovrebbe imporre tanto alla forte corrente che si è creata attorno a Di Battista e in particolare attorno alla consigliera regionale Muscarà e al consigliere comunale Brambilla quanto alla stragrande maggioranza dei consiglieri municipali e attivisti dei meetup che con il PD non vogliono allearsi neanche morti;
– il PD deve fare ingoiare a De Luca che, dal canto suo, vorrebbe “vedere morti” tanto il M5S (su cui qualche possibilità di farlo ragionare c’è) che il sindaco di Napoli (su cui invece pare irremovibile).
Nel frattempo, la destra resta alla finestra per decidere che fare, così come le varie organizzazioni della sinistra (da PaP a Terra, dal PC-Rizzo a Sinistra Italiana) che accarezzano sogni di vanagloria nell’andare da soli a conquistare qualche seggio o mettere a segno l’eterno obiettivo di unire la sinistra in chiave prettamente elettorale e a patto che “ciascuno abbia il suo”.
I partiti e le liste che si dicono antisistema devono smettere di farsi concorrenza gli uni con gli altri sperando così di racimolare qualche seggio. Essi devono, al contrario, agire unitariamente a sostegno delle organizzazioni operaie e popolari della città, fare una campagna elettorale che sia di rottura con il sistema, non solo nei proclami, ma anche nei fatti. Devono smarcarsi nettamente e senza condizioni dai partiti delle Larghe Intese e dai calcoli e dalle strategie elettoralistiche.
Il M5S, PaP, DemA, Terra e PC-Rizzo si uniscano contro le Larghe Intese a sostegno delle masse, questa è la strada per vincere. Non ci sono le condizioni per creare un’alleanza elettorale? Poco importa, quello che serve è un fronte di forze che non lasci tregua a ladroni, speculatori e affaristi delle Larghe Intese!
De Magistris termina il suo mandato in una città che ribolle. L’Italia e Napoli non sono più quelle di dieci anni fa. Anche su spinta dell’emergenza sanitaria in corso, le contraddizioni si sono acuite ed estese. Non basta più agitare qualche slogan, attuare qualche delibera a favore delle masse popolari e mettere toppe allo scontro tra le classi.
Bisogna scegliere da che parte della barricata stare.
Agli operai Whirlpool, al Comitato Vele, al Comitato San Gennaro, alla Consulta Popolare Sanità e Salute, al Coordinamento Territoriale di Scampia, ai lavoratori della sanità pubblica e alle decine di organizzazioni operaie e popolari della città, spetta il compito di alimentare il coordinamento e imporre le misure necessarie a fronteggiare l’emergenza chiamando in causa gli esponenti di liste, partiti e organismi che si presenteranno alle elezioni, non solo perché facciano qui ed ora quello che promettono di fare domani, ma perché si sporchino anche le mani, mettendosi senza riserve al servizio delle masse popolari napoletane.