Pubblichiamo la testimonianza che ci giunge da un lavoratore romano riguardo la gestione dell’emergenza sanitaria nella sua azienda, un call center molto grande e che opera per gestire una serie di servizi di grandi aziende di telefonia e comunicazioni. Pubblichiamo il contributo in anonimo, su sua richiesta, per tutelare la sua integrità lavorativa. La situazione descritta da Umberto (nome di fantasia) non è inusuale: è la prassi nella maggior parte delle aziende. Giornalisti prezzolati ed esperti di contagio ben pagati dai padroni si affanno a dichiarare ai quattro venti che i contagi sono frutto dell’irresponsabilità individuale, della movida, del pranzo di natale, dell’aperitivo al bar. Di contagi nelle aziende non se ne sente parlare perchè i padroni devono continuare a macinare i propri profitti senza che su di loro venga scaricata alcuna responsabilità delle migliaia di morti (oltre 60 mila in meno di un anno). La testimonianza di Umberto è una delle tante prove che si possono raccogliere sul fatto che la stragrande maggioranza dei contagi avviene nei luoghi di lavoro, dove lavoratori di tutte le età e provenienze si concentrano per diverse ore della giornata.
La nostra Agenzia Stampa raccoglie volentieri il contributo di Umberto, e fa appello ai tanti lavoratori che ci leggono di fare lo stesso: inviateci contributi, anche anonimi! Rompere la cappa di silenzio rispetto a ciò che succede in azienda è uno degli strumenti che i lavoratori hanno a disposizione per infondere fiducia tra i propri colleghi, un passo piccolo ma importante e necessario per cominciare a cambiare le cose sul proprio posto di lavoro.
Buona lettura.
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Sono un lavoratore di Gruppo Distribuzione, uno dei principali call center di Roma. Racconto la mia personale esperienza in merito alla situazione Covid nell’ambito aziendale per portare alla luce la scellerata organizzazione nella quale noi operatori ci troviamo, che già da anni era in condizioni di disagio, ma che col Covid ha raggiunto i minimi storici.
DESCRIZIONE DELL’AZIENDA
L’azienda è composta da circa 3.000 dipendenti tra amministrazione, staff e operatori, comprende 25 uffici, in particolare dedicati ai servizi Telecom, Eni e Sky che commissionano al call center la gestione di vendita e assistenza in merito ai propri prodotti commerciali.
Gli operatori sono inquadrati in quattro diverse tipologie di contratto:
-contratti a progetto per quanto riguarda il settore di out bound (chiamate in uscita – ndr)
-contratti in gestione alle agenzie interinali per la stragrande maggioranza degli operatori in bound (chiamate in entrata – ndr), una piccola percentuale di contratti apprendistato e ancor meno di contratti a tempo indeterminato. In base alla mia esperienza posso affermare che la frammentazione stessa dell’inquadramento contrattuale (spesso immotivata) è una delle cause maggiori del malcontento sociale e dell’invidia tra gli stessi operatori.
AVVENTO DELLA PANDEMIA
Con l’arrivo del Covid, Gruppo Distribuzione già nel mese di Marzo balzò alle cronache nazionali, in merito alla morte per cause di Covid di un membro dello staff, lo sdegno degli operatori (l’azienda ha sempre sostenuto che il lavoratore si fosse ammalato in Spagna e che non fosse mai rientrato in azienda dopo quel viaggio, mentre diverse testimonianze degli operatori ci dicono che il ragazzo, poi deceduto a causa del Covid, è venuto a lavorare anche con i sintomi) fece partire una diffida contro l’azienda tramite alcuni sindacati, che unita alla triste vicenda e al lockdown, costrinse l’amministrazione a correre ai ripari abilitando gli operatori allo smartworking, ma che dimostrò l’impreparazione dell’azienda, poiché ogni operatore dovette prendere il pc fisso che generalmente viene utilizzato nelle postazioni dei call center. In seguito, con l’inizio dell’estate abbiamo riscontrato un numero considerevole di nuove assunzioni, di corsi, fatti dall’azienda per spostare operatori da una commessa all’altra, creando così situazioni di assembramento, ma sopratutto di incertezza e confusione, e al contempo di richiamo in azienda di oltre il 50% degli operatori che lavoravano da casa.
Con la nuova ondata, paradossalmente la situazione attuale è ancora peggio.
Per quanto riguarda la sicurezza e quindi la sanificazione giornaliera, è completamente assente delle postazioni e spazi comuni. Le pause solo scaglionate (con scarsi risultati e un’insensata teoria numerica che non rispetta neanche le leggi che tutelano il diritto del dipendente in merito all’orario delle pause) e mascherina in postazione.
Sui casi di contagio, nessuna comunicazione ufficiale o trasparenza sul numero di casi positivi da Covid e di operatori in quarantena, i positivi in quarantena sono praticamente in tutte le commesse dell’azienda e coinvolgono sia operatori che team leader. In alcuni casi i lavoratori sono costretti a mettersi in ferie forzate mentre altri lavorano da casa, ma questo agli operatori out bound non viene concesso. Agli operatori in bound invece viene concesso di mettersi in malattia per un tot di giorni e di conseguenza in ferie forzate, a meno che non abbiano un proroga mensile (questi operatori, vivendo costantemente con la paura di non vedersi rinnovato il contratto il mese successivo, sono costretti a subire passivamente la condotta dell’azienda e per loro non ci sono né ferie nè malattie).
Non conosciamo il numero esatto dei contagi, visto che non ci è comunicato per vie ufficiali, ma si aggira intorno ai 60 lavoratori.
Per quanto riguarda lo smartworking, non è data la possibilità agli operatori di lavorare da casa poiché l’azienda ci perde sulla produzione visto che da remoto i sistemi obsoleti utilizzati per lavorare risultano lenti e poco affidabili e pochi sono i team leader a seguire il lavoro degli operatori.
Gli operatori sono costantemente colpevolizzati e minacciati: se il virus si diffonde è colpa solo dei lavoratori perché creano assembramenti nei corridoi (voglio ricordare che stiamo parlando di 3.000 persone in uno spazio relativamente piccolo), e perché non rispettano le norme di «sicurezza» imposte dall’azienda, che tra l’altro non è tenuta a fornire informazioni sui casi positivi e a chi desidera stare in completa sicurezza viene rivolta la solita, orrenda e medioevale frase di rito: «se avete paura ve ne state a casa», chiaramente senza esser retribuiti. Tutto ciò comporta il fatto che molti lavoratori si ritrovino tra l’incudine ed il martello, ovvero il ricatto tra salute e lavoro!
La situazione attuale richiede uno sforzo e un lavoro di inchiesta sia dall’interno che dall’esterno per trattare al meglio la questione e non continuare a far ricadere sulle spalle dei lavoratori le scellerate azioni dell’azienda. Per quanto riguarda il primo punto, in accordo con altri colleghi, oltre a reperire informazioni indirettamente da altri lavoratori anche di altri reparti, dalle falle dell’organizzazione e del sistema di gestione aziendale, stiamo anche cercando sotto traccia di stimolare il più possibile altri lavoratori a prendere coscienza della situazione per cercare di cambiare le cose, perché lo scontento generale è visibile, ma i lavoratori tendono a subire in silenzio poiché terrorizzati dal brutale meccanismo di ricatto che viene utilizzato dai superiori.
Per quanto riguarda il lavoro all’esterno, stiamo fornendo le informazioni necessarie ad associazioni e sindacati per far fronte alla situazione di sfruttamento e repressione al quale siamo soggetti, già da tempo e in particolar modo negli ultimi mesi. Un altro progetto è la propaganda tramite striscioni e volantinaggio all’ingresso del call-center per mettere pressione ai «padroni» e al contempo, soprattutto a dare un input, una speranza e un sostegno a tutti quei lavoratori che ancora si trovano in uno stato di rassegnazione.
Quello che chiediamo è semplice: beneficiare dei nostri diritti!
L’obbiettivo a breve termine che desideriamo raggiungere è avere la possibilità di lavorare in sicurezza in smartworking per la salvaguardia personale e dei nostri cari, una sanificazione dei locali tangibile e regolare e una gestione più trasparente della situazione sanitaria all’interno della struttura.
L’obbiettivo a lungo termine, invece, è ovviamente il miglioramento delle condizioni contrattuali, la salvaguardia principale del lavoratore anziché quella del profitto a nostro discapito e la garanzia dei propri diritti.
Faccio quindi appello a tutti i lettori di questa mia testimonianza a sostenere lo sviluppo della lotta dei lavoratori di Gruppo Distribuzione.
Umberto
«Il comunismo non toglie a nessuno il potere d’appropriarsi dei prodotti sociali, esso non toglie che il potere di assoggettare con l’aiuto di quest’appropriazione, il lavoro degli altri.»
-Karl Marx