Il 30 ottobre, a Firenze, una manifestazione spontanea ha coinvolto migliaia di persone nelle proteste contro le misure del governo per fronteggiare l’emergenza sanitaria, ritenute inutili a fini sanitari e anzi dannose per le condizioni economiche e sociali delle masse popolari.
La manifestazione è stata quasi subito attaccata dalle Forze dell’Ordine, ne sono nati scontri che sono durati oltre due ore. Di seguito pubblichiamo la testimonianza di un compagno che ha subìto sulla propria pelle abusi fisici, verbali e psicologici da parte della Polizia.
Le piazze di protesta delle ultime settimane sono espressione della resistenza spontanea delle masse popolari al procedere della crisi generale del capitalismo a cui le Autorità borghesi non hanno soluzioni positive. Anche per questo ricorrono alla repressione di piazza.
È questo il nocciolo duro da cui far discendere analisi e linee di intervento, evitando così di scadere, consapevolmente o meno, nella confusione, nella denigrazione delle masse popolari e nell’interclassismo. È una questione di campo, una questione di classe e come tale va affrontata.
Per queste ragioni, rilanciamo un estratto del comunicato, a cui rimandiamo per approfondimenti di analisi e di orientamento, della Federazione Toscana del P. CARC: “ribadiamo la nostra solidarietà incondizionata e mandiamo il nostro saluto a coloro che sono stati arrestati, denunciati e pestati a sangue venerdì sera da forze dell’ordine in evidente stato confusionale, in quanto a direzione e polso della situazione”.
La testimonianza è utile per due motivi
– perché permette di dare uno spaccato chiaro e sincero sulla composizione politica e di classe di questa piazza, come tante altre: queste sono promosse, vissute e attraversate da compagni e compagni, dalle masse popolari e dai lavoratori contro la confusione e intossicazione che vuole invece attestarle ai fascisti o ai camorristi.
In queste piazze noi ci siamo stati, ci siamo e ci saremo perché il nostro posto è al fianco di chi che lotta per non sprofondare nel marasma della crisi, “coscienti che è necessario far fare un passo in avanti a questa resistenza è per questo motivo che abbiamo partecipato portando le parole d’ordine di un lavoro utile e dignitoso, sanità gratuita, pubblica e di qualità per tutti e per tutte e non solo per chi ha i soldi” (dal comunicato sopra citato).
– perché bisogna applicare la necessità e la giustezza del denunciare ogni violenza e abuso subìto per mano delle Forze dell’Ordine, contribuendo così a rompere l’isolamento, ad organizzarsi per rispedire l’attacco al mittente e a costruire un ampio fronte di solidarietà di classe. Questo consente anche di smascherare la reale natura dello Stato borghese agli occhi degli operai e delle masse popolari.
Da parte nostra, mettiamo fin da subito a disposizione la nostra esperienza in materia di resistenza alla repressione, lotta alla repressione e promozione della solidarietà di classe e le nostre relazioni e contatti per sostenere nelle cause processuali.
A tal fine, consigliamo lo studio e la circolazione più ampia possibile del Manuale di Autodifesa Legale (liberamente scaricabile qui), in particolare dei capitoli Controllo dei documenti e fermo di identificazione e L’arresto e il fermo.
Nelle ultime battute del Manuale è contenuto un consiglio che dà forza e che rilanciamo:
“Potranno umiliarti, forse picchiarti (ma vedrai che per loro non è così facile se fuori c’è chi si mobilita attivamente per te), trova in te, la forza per resistere, trovala nella consapevolezza di far parte di quell’immensa schiera di uomini e donne che dappertutto lottano per cambiare questo mondo”.
La formazione e la preparazione sono armi formidabili quando si finisce “nelle mani del nemico”.
Chiunque si impegna sul terreno degli interessi delle masse popolari merita il sostegno e la solidarietà di fronte agli attacchi del nemico. Estendiamo la vigilanza democratica sull’operato delle Forze dell’Ordine!
Basta abusi in divisa: denunciarli e smascherarli!
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Le vessazioni sono state una costante fin dal primo momento del fermo, attuato con pratiche estremamente violente.
Nella carica in cui sono stato fermano ci sono state persone che apparivano disorientate perché non capivano quello che stava succedendo, rischiando danni fisici dalla macchina che cercava di investirle.
Già da 5-10 minuti si ripetevano cariche e tentativi di allontanare molto velocemente i manifestanti e i compagni da certe zone: c’era una strategia di sfiancamento affinché i manifestanti si stancassero e appena stanchi e isolati venivano fatti oggetti di violenza. Dopo la terza o quarta carica della celere in 10 minuti, anche se sei allenato, ti esaurisci per lo sforzo…
Alla sesta carica circa hanno mandato i blindati a rincorrerci per investirci: alcune persone sono state fermate in quell’occasione. Ma vedendo che non tutti scappavano, ma molti reagivano e resistevano, sono state impiegate anche varie macchine in borghese che si sono aggiunte ai blindati. Con le macchine in borghese sono state prese più persone e anche me.
La macchina mi si è fermata a 5 metri, sono usciti due agenti in borghese con casco antisommossa e manganello alla mano, uno di loro indossava un passamontagna. Sono stati attimi: hanno cercato di bloccarmi, ma poi uno dei due mi ha letteralmente “placcato” buttandomi a terra. Ho cercato di difendermi, allontanandolo indietro e rimettendomi in piedi. L’ho poi fronteggiato per difendermi ed evitare di essere colpito col manganello. Mentre cercavo di tenere distante uno, l’altro si è avvicinato e mi ha dato una manganellata in piena faccia. Il colpo è stato così forte che ha piegato e rotto gli occhiali in più punti.
Per il colpo, per il dolore che non avevo mai provato, per la sorpresa e la frustrazione di non essermi saputo difendere e reso ancor più grande dalla sorpresa e dalla frustrazione per non aver potuto prevedere e fronteggiare il colpo, sono caduto a terra.
Con le ultime forze, dopo aver corso e resistito tutto quel tempo, ho cercato di coprirmi e di difendermi, dando anche l’immagine – ma non era solo l’immagine – di essere completamente indifeso. E’ stato inutile perché mi hanno massacrato di botte: manganellate, calci e sputi. Mi insultavano, anche, e mi accusavano di essere stato violento contro di loro e di aver lanciato delle bottiglie che, secondo loro, tenevo nello zaino. Preciso che tutte queste accuso erano infondate. Mi hanno preso durante una delle moltissime e continue cariche, tutto qui.
In macchina mi hanno portato al presidio di polizia vicino al Teatro dell’Opera di Firenze dove c’erano diversi blindati, una sorta di centro di raccolta e di “smistamento” [dei fermati – ndr] per decidere chi dovesse finire in Questura. Lì mi hanno perquisito e aperto lo zaino: lo stesso agente che mi ripeteva “stronzo, mi hai buttato delle bottiglie di vetro addosso e ora te la faccio pagare” e frasi simili con un chiaro carattere intimidatorio, con atteggiamento tronfio in mezzo ad altri colleghi, ha svuotato lo zaino senza però trovare nessuna prova dell’accusa del lancio di bottiglie.
Anche se non ho preso botte, al presidio mobile è continuata la violenza verbale e psicologica. Sono stato spinto in macchina anche se facevo fatica a camminare per le botte prese prima.
In Questura ci sono stato 4 ore, abbandonato in un corridoio con altri 5 o 6 compagni e compagne, tutti giovanissimi, il più grande avrà avuto poco più di 20 anni.
Anche in questo caso, nessuna violenza fisica, ma un clima insostenibile: offese, intimidazioni, pressioni di vario tipo.
Io stavo male, avevo perso molto sangue. Per molto tempo mi è stato impedito di andare in bagno a sciacquare le ferite. Ma la cosa che forse rende di più l’idea della situazione è che appena arrivato in Questura avevo chiesto che fosse chiamata l’ambulanza, dato che stavo molto male e avevo anche paura di lesioni interne. Ecco, io sono entrato in questura alle 23:50 e l’ambulanza è stata fatta arrivare alle 2:30.
Nel “soggiorno” in questura non sono stato interrogato. Alla fine mi hanno dato il verbale e mi hanno lasciato andare dopo che l’ambulanza era arrivata: anche in questo caso, per farmi perdere ulteriore tempo e per provocarmi con un atteggiamento psicologicamente vessante, mi hanno fatto aspettare sul mezzo con il portellone aperto. Ero vestito leggero e quindi avevo freddo, facendomi aspettare almeno 20 minuti per avere verbali e altri fogli. La sostanza è che mi hanno fatto aspettare lì e poi non potendo più fare altro mi hanno mandato via.
Ultimo particolare interessante è che nel verbale hanno fatto coincidere l’orario della chiamata e l’arrivo dell’ambulanza quando in realtà mi hanno fatto aspettare ore e ore.