Le citazioni presenti nel testo sono tratte dal Comunicato del (nuovo)PCI del 12 ottobre 2020 “Appello agli attivisti e agli esponenti del M5S che vogliono risalire la china e riconquistare il seguito popolare…”
Il percorso compiuto dal M5S fin dalla sua nascita e il bivio di fronte a cui si trova oggi sono incomprensibili se chi cerca di analizzarli non li lega alla crisi del sistema politico delle Larghe Intese nel nostro paese.
Allo stesso modo, il contenuto della crisi del sistema politico delle Larghe Intese è incomprensibile a chi non considera il ruolo che il M5S ha avuto nel coagulare il malcontento e la sfiducia delle masse popolari nei partiti e negli esponenti della classe dominante e quello superiore che può avere se si ricongiunge alla base che lo ha votato anziché lasciarsi inglobare.
“Il M5S, espressione del malcontento, dell’insofferenza e dell’indignazione delle masse popolari, è entrato a far parte del governo della Repubblica Pontificia che all’inizio di giugno 2018 ha preso il posto del governo delle Larghe Intese. Da allora la questione è: in che misura il M5S ha saputo e sa essere portavoce nella Repubblica Pontificia del malcontento, dell’insofferenza e dell’indignazione delle masse popolari?
Da allora in poi in tutte le elezioni il calo di voti raccolti mostra che l’azione di governo svolta dal M5S (non le dichiarazioni, i decreti e le leggi approvate, le mozioni votate, ma le misure attuate e che hanno influito sulla vita delle masse popolari) non soddisfa le masse popolari (…).
Il successo del SÌ nel referendum del 20-21 settembre mostra agli attivisti ed esponenti del M5S che quando si oppongono con determinazione alle Larghe Intese hanno successo tra le masse popolari e risalgono la china in cui il M5S è scivolato da quando, dopo il successo elettorale del 4 marzo 2018, si è invece piegato ai vertici della Repubblica Pontificia.
Agli attivisti ed esponenti del M5S che oggi rifiutano la confluenza e recalcitrano anche a continuare a collaborare con il PD, l’ala destra del M5S oppone
- i risultati ottenuti entrando nel governo nel giugno 2018: il reddito di cittadinanza, l’attenuazione del Jobs Act di Matteo Renzi e dell’attacco di Elsa Fornero alle pensioni, la fronda fatta qua e là (vedi l’opera di Elisabetta Trenta alla Difesa, di Danilo Toninelli nell’affare TAV e nell’affare Ponte Morandi-Autostrade-Benetton: due ministri M5S non a caso esclusi dal Conte II) all’attuazione del programma comune della borghesia imperialista, ecc.,
- l’attenuazione di punte antipopolari sia nell’attuazione della legislazione LI che resta completamente in vigore sia nelle nuove misure imposte dalla Lega nel Conte I e dal PD nel Conte II.
All’opposizione non avremmo fatto nemmeno questo!, dice la destra degli esponenti del M5S. È la solita solfa del “meno peggio” cantata dagli opportunisti, dagli sfiduciati e dagli imbroglioni.
Per capire cosa fare oggi, bisogna invece chiedersi cosa sarebbe successo se dopo le elezioni di marzo 2018 il M5S non si fosse piegato ai vertici della Repubblica Pontificia.
(…) Invece di mantenere il suo programma e perseguire con determinazione la via che prima o poi lo avrebbe portato a governare il paese, nel 2018 il M5S ha accettato di formare un governo di coalizione addirittura cedendo i ministeri chiave alle LI e a personaggi “indipendenti” decisi direttamente dai vertici della RP e tollerando i boicottaggi e i sabotaggi degli alti funzionari civili e militari della Pubblica Amministrazione, tutti uomini scelti dalle Larghe Intese, dalla NATO o dal Vaticano: unico epurato Tito Boeri. È un’illusione proporsi di cambiare il corso delle cose con i partiti delle LI e con il loro personale nelle posizioni chiave dell’apparato statale e delle imprese di proprietà o partecipazione pubblica”.
Risalire la china
“Allora, cosa dovremmo fare oggi, uscire dal governo?”, si chiedono attivisti ed esponenti del M5S.
No, non è questa la svolta da fare! La svolta sta nelle cose da fare essendo governo del paese! Oggi bisogna sfruttare senza riserve la posizione occupata, in ogni campo impedire nuove misure che attuano il programma comune della borghesia imperialista e abolire le vecchie, promuovere in ogni campo misure che curano gli effetti della crisi economica, ambientale, culturale e sociale e darsi i mezzi per attuare questa linea. Opporsi senza riserve vuol dire non limitarsi a contrastare le proposte del PD nel Consiglio dei Ministri e in Parlamento, ma coinvolgere nello scontro le masse popolari usando tutti i mezzi che essere nel governo mette a disposizione. Darsi i mezzi per attuare questa linea comporta promuovere la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari a suo favore, contro gli interessi dei capitalisti: le grandi opere inutili e dannose, la finanziarizzazione dell’economia a danno dell’economia reale che produce beni e servizi utili, la devastazione dell’ambiente, le aggressioni promosse dalla NATO, il programma comune della borghesia imperialista per attuare il quale i gruppi imperialisti europei hanno creato l’Unione Europea e la Banca Centrale Europea. Quindi comporta essere decisi ad affrontare lo scontro di interessi che contrappone il campo delle masse popolari al campo della borghesia imperialista ed essere decisi a vincere. Saranno gli irriducibili del PD a uscire dal governo e faranno la fine di Renzi, Calenda e simili. Per il M5S è anche l’unica via per sopravvivere e avanzare.”
Gli Stati Generali
Originariamente previsti per il 6 e 7 novembre e poi rimandati di una settimana, questi Stati Generali rappresentano un possibile punto di svolta per il M5S.
Da tempo la base del Movimento e gli eletti scettici rispetto alla “linea governista” invocano un momento di discussione e bilancio collettivo. La situazione generale del paese, il livello raggiunto dalla crisi del sistema politico delle Larghe Intese, l’oggettiva parabola discendente del M5S in piena “crisi di identità” e di ruolo, concorrono alla necessità di fare degli Stati Generali un’occasione di chiarimento e di riscatto.
Alessandro Di Battista, che finora più volte ha “lanciato il sasso e nascosto la mano” sollevando questioni di merito salvo poi ritirarsi a vita privata, ridiscende in campo e propone per gli Stati Generali la sua Agenda/Piattaforma per il rinnovamento del M5S.
Di Battista non è l’unico che, con documenti strutturati, sfida la linea dell’attuale gruppo dirigente del M5S, ma è quello che più compiutamente indica alcuni punti di “rottura”: ritiro delle truppe in Afghanistan, stop alle grandi opere inutili, creazione di una “nuova IRI” e di banche pubbliche, sostegno alle famiglie delle masse popolari, ecc.
Certamente gli Stati Generali rappresentano un’occasione importante, ma non sono l’unica strada attraverso cui il M5S può risalire la china. L’azione degli eletti a tutti i livelli e degli attivisti è un aspetto altrettanto importante.
Per gli eletti si tratta di far valere il loro ruolo non “a garanzia e a tutela dell’ordine costituito” e in nome della legalità, ma a sostegno incondizionato delle mobilitazioni della classe operaia e delle masse popolari contro gli effetti della crisi. Si tratta per loro di iniziare ad appoggiare le mobilitazioni che hanno valenza nazionale per proseguire via via con quelle che hanno dimensione locale e particolare.
Per gli attivisti e i militanti si tratta di tornare nelle strade e nelle piazze e partecipare alle mobilitazioni e alle battaglie in corso per nazionalizzare le aziende, per garantire scuola e sanità pubbliche, per salvaguardare e tutelare il territorio, ecc.; si tratta di spingere i loro eletti a non cedere ai ricatti del PD e a prendere tutte le misure che gli incarichi che ricoprono rendono possibili, ricorrendo alla mobilitazione popolare per imporle.
“Risalire la china implica per il M5S contribuire alla mobilitazione e all’organizzazione delle masse popolari a costituire organismi aziendali, territoriali e tematici e in particolare alla mobilitazione 1. degli operai delle aziende capitaliste condannate alla chiusura, all’esternalizzazione di reparti o di lavorazioni e alla delocalizzazione, 2. dei lavoratori delle aziende pubbliche condannate dalla privatizzazione (aperta o mascherata con la quotazione in Borsa) del settore ancora pubblico della produzione di merci e 3. dei lavoratori delle istituzioni pubbliche condannati dalla liquidazione dei servizi pubblici o dalla loro aziendalizzazione. Gli organismi operai e popolari hanno bisogno di rafforzarsi, coordinarsi e assumere il ruolo di nuove autorità pubbliche: risalire la china per il M5S implica quindi contribuire all’allargamento e al rafforzamento della rete del nuovo potere, il potere delle masse popolari organizzate”.