Nelle scorse settimane la Giunta Tesei ha deciso di chiudere, senza confronti istituzionali né preavviso per gli utenti, gran parte dei reparti dell’ospedale di Spoleto, punto di riferimento per i Comuni limitrofi di Campello sul Clitunno, Giano, Castel Ritaldi e per le aree terremotate della Valnerina.
L’ordinanza prevede la chiusura del punto nascite, pediatria, chirurgia, ortopedia, urologia, ginecologia, cardiologia, oculistica… praticamente di tutti i reparti tranne quelli di dialisi, radioterapia e oncologia.
In quest’opera di trasformazione del San Matteo in Covid Hospital con 70 posti letto, anche il Pronto Soccorso è stato sostituito da un punto di primo intervento per i pazienti non Covid, che però prevede un accesso limitato ai soli pazienti in codice bianco e verde per cui non è indicato il ricovero, mentre per quelli in codice giallo e rosso è previso il trasferimento all’ospedale di Foligno.
Questa decisione colloca la Giunta Tesei come prosecutrice dell’opera ventennale di smantellamento di un ospedale già indebolito da tagli a servizi sanitari, posti letto e personale sanitario, cogliendo al balzo l’emergenza sanitaria da Covid-19 per eliminare quanto resta della sanità pubblica, imponendo di conseguenza alla popolazione il ricorso alla sanità privata per avere diagnosi e cure tempestive.
Ricordiamo anche che in un anno e mezzo di governo la Regione non ha approvato alcun piano sanitario, ignorando quello preadottato nel 2019, frutto di due anni di lavoro con gli operatori sanitari e i sindacati, che prevedeva il potenziamento della medicina di territorio e l’integrazione tra le Aziende Ospedaliere.
A difesa del San Matteo e della sanità pubblica umbra, gli spoletini si sono organizzati scendendo in presidio davanti al Pronto Soccorso nella notte tra il 22 e il 23 ottobre. Una mobilitazione che ha visto la partecipazione spontanea di circa 100 persone tra cui alcuni politici locali che oltre ad affermare la loro non colpevolezza rispetto all’accaduto, hanno provato ad alimentare una guerra campanilistica proponendo di dirottare il Covid Hospital ad Assisi e cercando di far desistere i cittadini dall’occupare la Flaminia che invece è stata bloccata per circa un’ora.
Ha fatto poi seguito un altro presidio che si è svolto lo scorso 27 ottobre in Piazza Italia a Perugia davanti al palazzo della Regione promosso da Spoleto City Forum e al quale l’Associazione Casa Rossa e l’USB di Spoleto hanno partecipano decisi ad incanalare la rabbia degli spoletini sulla strada per pretendere immediatamente che l’ospedale locale diventi un presidio sanitario in grado di gestire pazienti Covid ma anche di prestare servizi e assistenza ai pazienti non Covid. Per pretendere che dopo l’emergenza il San Matteo, come tutti gli ospedali della Regione, venga potenziato e dotato di tutti gli strumenti necessari per mettere in atto, oltre alla cura, anche la prevenzione attraverso la diagnostica e la rimozione dei fattori di rischio.
Giovedì 29 ottobre si è inoltre svolta presso la sede dell’Associazione Culturale Casa Rossa un’assemblea sulla crisi sanitaria prodotta dalla gestione della pandemia da Covid-19, alla quale hanno partecipato il Fronte della gioventù Comunista, Potere al Popolo e un medico di Perugia per confrontarsi su come andare avanti nella lotta, consapevoli della necessità di costruire una piattaforma a difesa della sanità pubblica.
Il prossimo appuntamento è stato fissato per sabato 7 novembre alle ore 17.00 sempre alla Casa Rossa di Spoleto.
Le mobilitazioni spoletine dimostrano che i principali artefici della tutela della salute pubblica sono le masse popolari e i lavoratori organizzati e non le istituzioni che al contrario si sono dimostrate parte del problema come la stessa Tesei che si è limitata a promettere agli spoletini che il San Matteo, quando la pandemia sarà terminata, tornerà come prima, ma l’ospedale non deve tornare come prima, deve diventare meglio di prima, perché già prima della pandemia il servizio era insufficiente e inadeguato!
Per far fronte all’emergenza sanitaria in corso a Spoleto è necessario e urgente che venga ripristinato il pronto soccorso per tutti i pazienti e che tutti i reparti chiusi “per Covid” riaprano nel rispetto delle norme di sicurezza per garantire la vera sanità pubblica che serve che può e deve essere difesa dai lavoratori e dalle masse popolari organizzate. È su questi obiettivi che la mobilitazione deve proseguire:
- Unendosi al personale sanitario, per la loro stabilizzazione e contro la legge sull’obbligo di fedeltà aziendale per garantire a medici e infermieri la libertà di espressione e denuncia sulle condizioni di lavoro, per sbloccare le assunzioni degli operatori sanitari e mobilitarsi per la riapertura degli ospedali chiusi e requisire le cliniche private per metterle a disposizione della sanità pubblica.
- Unendosi ai comitati in lotta a difesa della sanità pubblica già esistenti come il Comitato per il diritto alla salute – art. 32 e il Comitato Perugia Solidale, affinchè la battaglia per il San Matteo diventi la lotta per pretendere la riaffermazione di tutti i servizi necessari e il potenziamento della sanità pubblica e gratuita per tutta la Regione.
- Chiamando gli eletti in Consiglio regionale che si dichiarano contro le scelte di Tesei e Coletto a mettersi al servizio della lotta visto che il portavoce delle opposizioni, Fabio Paparelli, i gruppi di minoranza all’Assemblea legislativa dell’Umbria (Tommaso Bori – capogruppo, Donatella Porzi, Simona Meloni, Michele Bettarelli -Pd, Thomas De Luca – capogruppo-M5S, Vincenzo Bianconi – capogruppo – Misto, Andrea Fora – capogruppo – Patto civico per l’Umbria) hanno già condiviso un documento in cui denunciano l’inadeguatezza del governo regionale dell’Umbria nell’affrontare la crisi sanitaria da Covid-19. Solo se faranno questo potranno dire di agire negli interessi della maggioranza della popolazione, altrimenti dovranno fare i conti con la rabbia e l’indignazione popolare per non essere passati dalle parole ai fatti!