[TORINO]Sulle manifestazioni di Torino del 26 ottobre: che la protesta continui, che la protesta divampi!

Sulle manifestazioni di Torino del 26 ottobre: che la protesta continui, che la protesta divampi!

27.10.2020

La sera del 26 ottobre abbiamo partecipato alle manifestazioni di Torino in piazza Castello (una concentrazione organizzata da una serie di appelli diffusi via social) e in piazza Vittorio (qui la concentrazione era organizzata da alcune associazioni di categoria) contro i provvedimenti del governo Conte a danno della ristorazione, del lavoro autonomo e dei diritti e delle libertà individuali in generale.

Bando alle chiacchiere: ieri sera in piazza a Torino non si è verificata nessuna stranezza sociologica (come si affannano a provare i Lerner, i Revelli,ecc.) né si è realizzata alcuna saldatura tra “estrema destra, ultras, malavita e centri sociali” cioè i soggetti che il racconto mediatico di questi giorni descrive come la “sapiente regia” delle manifestazioni anti-DPCM.

La realtà è che a Torino come nel resto d’Italia settori di masse popolari (lavoratori autonomi, piccoli e medi imprenditori nel settore della ristorazione e dell’aggregazione, proletari dipendenti delle stesse attività) sono giustamente insorti contro dei provvedimenti governativi che li mandano rovina. La realtà è che la forte spinta dal basso di commercianti, ristoratori, proprietari di bar non più disposti a soccombere a vessazioni (e senza più la pazienza per seguire percorsi istituzionali e tavoli di trattativa) ha chiamato alla lotta tutte le categorie del lavoro autonomo e della piccola e media impresa che dall’inizio della pandemia subiscono vessazioni. Dai tassinari (presenti in gran numero e che già al mattino avevano dimostrato occupando piazza Castello) ad ogni tipo di lavoratore autonomo, esercente, professionista, ecc. sotto attacco. Infine nelle piazze di ieri era presente un pezzo di gioventù proletaria della città, italiana e immigrata, spesso a rappresentare il proprio malcontento di dipendente di un’attività produttiva in rovina oppure più semplicemente in piazza per approfittare della concitazione per dare un segnale forte, di rivolta contro il disastroso corso delle cose. Questa è stata la componente che in piazza Castello fin dalle 20 (in maniera disordinata e talvolta anche pericolosa per gli altri partecipanti della piazza) ha prima attaccato il palazzo della regione e il cordone di polizia schierato a difesa e poi, una volta svuotatasi la piazza, ha resistito alle cariche della polizia e saccheggiato i negozi di lusso di Via Roma, per grande sconforto della borghesia cittadina che per qualche giorno non potrà fare acquisti da Gucci e associati.

Questa, a grandi linee, è la “saldatura” che si è verificata a Torino nella giornata di lotta del 26 ottobre. I protagonisti della rivolta di ieri sera sono state quelle che si direbbero persone comuni, uomini, donne, commercianti, dipendenti, disoccupati, individui per lo più non organizzati: quelli che la sinistra borghese piagnucola di non vedere nelle piazze. Un settore di masse popolari che spontaneamente, di fronte alle ennesime vessazioni del governo, ha deciso di organizzarsi nelle forme che abbiamo visto all’opera, senza sottostare alla divisione tra buoni e cattivi, tra protesta “civile” e “violenta” che governo e media agitano per mettere zizzania. È esemplificativo che per tutta la serata c’è stato un flusso di persone che da piazza Castello si è spostato in piazza Vittorio e viceversa (alla faccia della divisione tra “buoni” e “cattivi”). Così come è esemplificativo che i tentativi degli organizzatori della “civile” piazza Vittorio (alcune associazioni di categoria) di invitare alla protesta pacata hanno invece sortito un effetto opposto: la manifestazione di piazza Vittorio si è conclusa alle 22.30 nel mezzo di una lite tra una parte degli organizzatori che volevano chiudere la manifestazione entro l’inizio del coprifuoco e una grossa parte dei partecipanti che invece voleva che la manifestazione andasse avanti e violasse il coprifuoco.

Non siamo in grado di dire se e quanto durerà questa mobilitazione, certo è che nei prossimi giorni sono previste nuove mobilitazioni e come è stato nelle altre città d’Italia non mancheranno nuovi momenti di lotta.

Siamo solidali con i partecipanti alle manifestazioni di ieri a Torino e con la causa per la quale a decine di migliaia sono scesi in piazza: la rivolta contro provvedimenti governativi vessatori delle libertà e delle condizioni di lavoro e di vita di chi vive del proprio lavoro e/o dell’attività produttiva di cui è proprietario. Siamo solidali con ciascuno dei fermati dalla polizia al seguito degli scontri di piazza Castello.

I comunisti devono partecipare e sviluppare le caratteristiche positive di queste mobilitazioni anche per isolare il tentativo di politicanti di Lega, FdI e di gruppuscoli fascisti di fare proseliti tra i partecipanti alla protesta (una presenza che ieri era avvistabile ma poco rilevante rispetto alla massa di persone che si sono mobilitate).

Sta ai comunisti operare perché l’attuale protesta si sviluppi e non venga assorbita dal nemico nelle varie forme in cui questo può avvenire: per accaparramento da parte dell’estrema destra oppure per intrappolamento nella tela di ragno dei tavoli di trattativa con le istituzioni, ecc. Dobbiamo valorizzare la protesta in atto per espandere la rete delle organizzazioni popolari di ogni settore sociale coinvolto e la sua confluenza, insieme al movimento delle organizzazioni operaie, in un fronte comune per abbattere il sistema politico delle larghe intese e per l’instaurazione di un governo di emergenza popolare. Un governo del paese al servizio delle organizzazioni operaie e popolari, pertanto capace di occuparsi della salute e del benessere della massa della popolazione e delle misure elementari necessarie in questo senso: il rafforzamento della medicina di prossimità, territoriale e di base, la protezione degli anziani e degli immunodeficienti, la produzione e l’uso universale e non riservato ai privilegiati delle medicine antivirali già note, la moltiplicazione dei mezzi e strumenti di terapia intensiva, l’adozione diffusa dei mezzi di protezione individuale, la messa a punto del vaccino spezzando la concorrenza tra gruppi finanziari e laboratori di ricerca, l’implementazione nella produzione e nella vita sociale dei mezzi necessari ad evitare assembramenti pericolosi (ad esempio, l’aumento di numero dei mezzi di trasporto che portano nei luoghi di studio e di lavoro).

Sono misure che potranno essere adottate su larga scala soltanto con la rottura del sistema politico delle larghe intese. Sono misure che bisogna costringere da subito le autorità ad adottare benché a diversi mesi dalla conclusione del primo lockdown nulla di tutto questo sia stato fatto. A conti fatti il governo Conte e le forze delle larghe intese egemoni al suo interno (anzitutto il PD e in secondo luogo la destra interna del M5S) anziché preparare il paese alla nuova stagione influenzale, come avrebbero fatto delle autorità attente al benessere e alla salute della massa della popolazione, hanno soltanto sottomesso ancor di più l’attività economica nazionale ai traffici dell’Unione Europea e dei grandi detentori di capitali (con il Recovery Fund, ecc.). E’ così che sono arrivati oggi a lanciare l’attuale crociata contro gli assembramenti nell’orario dell’aperitivo. Una crociata che lungi dall’arginare la diffusione del contagio nei suoi principali centri di diffusione (aziende, scuole, mezzi di trasporto) contribuisce solo a mandare in rovina attività produttive già duramente colpite nel primo lockdown.

Le manifestazioni di Torino della serata di ieri sono state una risposta dal basso, resistente e combattiva di consistenti settori popolari a questo sporco tentativo del governo Conte e delle istituzioni locali di mandarli in rovina e al contempo addossargli responsabilità che non hanno nella diffusione del virus.

La mobilitazione, con risolutezza e prendendo le misure di auto-tutela necessarie, deve andare avanti.

Chiamiamo i comunisti delle altre organizzazioni politiche, i sindacati di base, i centri sociali, il movimento NO TAV ad intervenire nella protesta. Bisogna prendere le distanze non già dalla manifestazioni di ieri sera ma dai professionisti della dissociazione che a suon di analisi sociologiche e distinguo tra “buoni” e “cattivi” sono il maggior sponsor dell’infiltrazione e del proselitismo dell’estrema destra nella protesta. La questione principale non è guardare, giudicare o inneggiare alla purezza di questo o quel movimento e neppure scambiare gli atti di rivolta per l’ora X della rivoluzione. E’ necessario incanalare la rabbia, l’indignazione, la ribellione in un movimento che costruisce un’alternativa di governo seria, affidabile, propositiva capace di far fronte in modo urgente ed efficace all’emergenza sanitaria ed economica. Come fare? Partecipare ad ogni piazza ribelle, orientare la protesta sulle parole d’ordine della lotta contro il sistema politico delle larghe intese e per il governo d’emergenza popolare, promuovere la costituzione di organizzazione di base in ogni ambito e settore da cui trae alimento la rivolta, reclutare gli elementi migliore nel movimento comunista. Al lavoro compagni!

Che la protesta continui a Torino come nel resto della regione e del paese!

Moltiplicare le organizzazioni operaie e popolari!

Costruire un nuovo di sistema di governo e di potere: imporre un governo di emergenza popolare, avanzare nella lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista!

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