A settembre le scuole e le università hanno riaperto tra mille incertezze. O meglio, l’unica certezza è che se non fosse stato per lo sforzo di insegnanti, studenti e genitori non avrebbero neanche riaperto! Il Governo non ha infatti voluto rompere con le norme e prassi proprie della classe dominante. Per questo i 3 miliardi di euro stanziati per la ripartenza di settembre non sono stati spesi per far fronte ai prevedibilissimi problemi che si sarebbero presentati: mancanza di spazi, difficoltà della didattica, penuria di insegnanti, trasporto pubblico insufficiente, ecc. Sono stati invece usati per cose spesso totalmente inutili, come i famigerati banchi singoli con le rotelle che solo una minima percentuale delle scuole ha ricevuto.
Questa situazione ha portato inevitabilmente al rimpallo di responsabilità tra Governo, sindaci, presidi e rettori, professori, studenti e le stesse famiglie. Di chi è la colpa se qualcuno si ammala? Come si gestiscono le classi e le lezioni? Ogni istituto è stato costretto a trovare la sua risposta, dato che le (poche) linee guida emanate dal Governo sono confuse e contraddittorie.
La questione anche in questo caso non è la capacità o incapacità del Governo o del Ministro dell’Istruzione, l’indirizzo dei fondi è una questione politica che riflette la sottomissione del M5S, di cui la ministra Azzolina è esponente, alla direzione delle Larghe Intese.
Per il sistema capitalista se una cosa non fa fare profitto, allora non vale la pena spenderci tempo e risorse. Con l’emergenza sanitaria questo si è visto bene: le scuole e le università sono state le prime a chiudere e le ultime a riaprire, contrariamente alle fabbriche e alle aziende.
È l’ennesima dimostrazione che gli interessi della classe dominante e delle masse popolari sono opposti e inconciliabili. Quindi che facciamo? Posto il fatto che non possiamo aspettarci nessuna soluzione da chi ci ha cacciato in questa situazione, gli unici che possono far funzionare il sistema dell’istruzione pubblica (e sono anche gli unici che hanno interesse a farlo) sono coloro che ogni giorno lavorano e studiano nelle scuole. In parte ciò è già dimostrato: nelle scorse settimane sono state convocate riunioni tra presidi, insegnanti, studenti e famiglie che, al di là dei risultati particolari, hanno definito come riaprire e riuscire a fare lezione.
Lo stesso vale per le università: a fronte del mantenimento – se non aumento come in Toscana – delle rette annuali, della limitazione delle borse di studio e dei posti alloggio per gli studenti, nonostante i servizi siano stati generalmente ridotti (lezioni on-line, niente spazi comuni, biblioteche, mense, ecc.), gli studenti si stanno organizzando. Lo stanno facendo per mettere mano ai problemi grandi e piccoli che vivono, sempre più spesso in autonomia dalle istituzioni degli atenei, dalle quali negli ultimi anni hanno ricevuto solo porte in faccia.
Come Partito siamo tornati da subito davanti alle scuole e alle università, anche se nemmeno negli scorsi mesi abbiamo interrotto il lavoro tra i giovani, e abbiamo partecipato e sostenuto le mobilitazioni del mondo della scuola del 24-25-26 settembre. I comunisti devono valorizzare le mille proteste e battaglie di studenti e lavoratori della scuola per rafforzare le organizzazioni studentesche e non che esistono già a macchia di leopardo in tutto il Paese!
Ogni scuola può diventare un centro di mobilitazione e orientamento delle masse popolari e contribuire allo sviluppo di un governo che ponga un freno agli effetti più devastanti della crisi, che dia soluzioni ai problemi più urgenti delle masse popolari: la gestione dell’emergenza Covid-19 e la ripresa in sicurezza delle scuole sono tra questi.
Agli studenti già organizzati o che ancora non lo sono, diciamo di non attestarsi alla protesta e alle rivendicazioni alle istituzioni che hanno dimostrato di non poter e non voler dare risposte, ma di cominciare ad applicare le misure che ritengono necessarie, a partire da quelle che già hanno la forza di individuare e attuare direttamente. Ad esempio, cominciando a fare inchiesta sul proprio istituto per vedere come vengono spesi i fondi arrivati dal Governo, oppure costituendo comitati di controllo che vigilino sulle norme e su quello che succede dentro la scuola, mirando a coordinarsi con i professori e con gli organismi e collettivi delle altre scuole vicine.
Quei 3 miliardi stanziati dal Governo sono gli studenti e i lavoratori che devono decidere come e dove devono essere spesi! Servono spazi, tamponi rapidi, assunzione immediata di personale e altre mille misure particolari che ognuno può individuare a partire dall’ambiente in cui opera. Questo serve, non i banchi con le rotelle o i tornelli e telecamere nelle università!
Nel sistema capitalista non c’è spazio per un’istruzione pubblica efficiente e di qualità, così come non c’è futuro per un giovane una volta uscito dalla scuola. La situazione ci conferma ogni giorno di più quanto il socialismo sia necessario all’umanità intera e anche che possiamo compiere questo passo. Sappiamo che è possibile, lo stiamo facendo e chiamiamo ogni giovane e ogni studente a contribuire a questa grandiosa opera!