Il 12 settembre il Coordinamento Multati Organizzati di Milano, a cui aderiamo, ha chiamato a un presidio davanti alla Prefettura, come primo passo di una campagna per il non pagamento delle multe.
Il 16 settembre, a Napoli, i Disoccupati Organizzati colpiti dallo stesso tipo di provvedimenti, hanno organizzato un’iniziativa analoga cui siamo intervenuti per sviluppare il confronto e il legame tra le due esperienze.
Si è trattato di iniziative importanti perché, in un clima di repressione crescente, esse mostrano che alla repressione ci si può opporre organizzandosi per ribaltare i colpi contro chi ce li ha inferti.
Indicano a chi non intende pagare l’ambito collettivo a cui guardare per portare avanti la propria lotta. Portano anche chi le ha multe le ha già pagate a riflettere sul fatto che gli attacchi repressivi possono essere trasformati in ambito di mobilitazione politica.
Le condizioni per sviluppare la mobilitazione per il non pagamento delle sanzioni pecuniarie sono oggi estremamente favorevoli.
Sono centinaia di migliaia le persone multate e la solidarietà contro la repressione è un sentimento diffuso tra le masse popolari, un sentimento che si è rinsaldato ancor più a seguito della crisi sanitaria economica e sociale determinata dall’emergenza Covid-19.
Perché la lotta contro le multe sia vittoriosa occorre aggregare attorno ad essa chi in un modo o nell’altro è stato colpito dalla repressione, anche se la sua risposta all’attacco non è sempre stata avanzata.
È fondamentale quindi che la campagna non si rivolga solo ai militanti che non hanno pagato le multe, ma raccolga, anche attraverso banchetti, volantinaggi fuori dalle fabbriche, dalle scuole o nei quartieri, la più ampia solidarietà popolare.
Le istituzioni che hanno comminato le multe, dal Governo centrale alle Regioni (che in Lombardia e Campania hanno imposto ordinanze maggiormente restrittive), sono le prime responsabili della disastrosa gestione dell’emergenza. Esiste un problema politico che va fatto valere con forza: a pagare per le proprie responsabilità nella disastrosa gestione dell’emergenza devono essere i padroni e le istituzioni loro asservite, non chi si è mobilitato per resistere e farvi fronte. Farlo significa promuovere una campagna che non si limita alle multe ma denuncia i reali responsabili del disastro che viviamo e promuove la mobilitazione e l’organizzazione necessaria per cacciarli e imporre un governo d’emergenza che risponda agli interessi delle masse popolari.
In Lombardia, in questo senso, la campagna contro le multe può e deve legarsi a quella per il commissariamento popolare della Regione (vedi l’articolo a pag. 5).
Ovunque può e deve legarsi alle altre mobilitazioni che si sviluppano nel nostro Paese contro la repressione, dalla mobilitazione dei NO TAV rinfocolata dai recenti arresti in Val Susa (vedi articolo su Dana Lauriola) a quella del SI COBAS oggetto di centinaia di denunce, per sviluppare il confronto fra le esperienze, il coordinamento e la solidarietà reciproca.
La repressione colpisce in modo sempre più largo chiunque si ribella a una situazione sempre più insostenibile. Combatterla è quindi interesse di tutte le masse popolari!
È interesse degli operai che la subiscono sui posti di lavoro (vedi l’articolo sul vincolo di fedeltà aziendale a pag. 4), degli studenti repressi perché manifestano per una scuola pubblica e di qualità, degli abitanti di quei quartieri popolari in cui lo Stato quando si fa vedere è solo per intervenire con la forza (vedi sfratti che non si sono mai fermati nonostante l’emergenza sociale). La lotta contro le multe può diventare uno degli ambiti in cui quanti non vogliono chinare la testa di fronte alla repressione possono lottare in forma collettiva e organizzata.
Avanti quindi nella campagna contro le multe, che l’arma della repressione scoppi nelle mani di chi la usa!