La battaglia contro l’obbligo della fedeltà aziendale è stata al centro delle mobilitazioni degli scorsi mesi e continua ad esserlo tutt’oggi, in particolare per quanto riguarda i lavoratori della sanità, settore in cui l’emergenza da Covid ha reso palese quale fosse la gestione della sanità da parte della classe dominante e la conseguente repressione messa in atto contro i lavoratori. Il vincolo di fedeltà aziendale (l’articolo 2105 del Codice Civile) è una legge infame, che in campo sanitario ha contribuito non poco all’aggravamento dell’emergenza Covid-19, coprendo spesso la gestione criminale dei dirigenti di ospedali, RSA, cliniche, ecc. sia pubbliche che private, procurando danni enormi all’intera collettività. La sua abolizione riguarda quindi tutti e abolirlo significa prima di tutto violarlo, farlo diventare carta straccia nei fatti. I mesi passati hanno dimostrato con tutta chiarezza che l’unica via positiva per la ricostruzione è in mano proprio alle masse popolari, se queste si mobilitano e tengono in mano l’iniziativa, attuando nei fatti le parti progressiste della Costituzione altrimenti eluse e agendo negli interessi delle masse popolari. Non farlo significa condannarsi. Farlo significa violare restrizioni e disobbedire a decreti e leggi ingiuste che rientrano a tutti gli effetti nella guerra di sterminio che le classi dominanti conducono contro le masse popolari.
Così hanno fatto tutti quei lavoratori della sanità e tutti quegli operai che hanno denunciato apertamente la mancata applicazione delle misure anti-contagio, la violazione delle normative a tutela della sicurezza dei lavoratori, dell’ambiente e della salute di consumatori e utenti, episodi di clientelismo e malaffare. Uno dei casi che come PCARC abbiamo seguito maggiormente nei mesi scorsi è stato quello dell’infermiere Marco Lenzoni, un caso esemplare di lavoratore della sanità che ha violato l’obbligo di fedeltà aziendale denunciando le condizioni di lavoro nella fase acuta dell’emergenza sanitaria all’ospedale di Pontremoli e per cui è stato sottoposto a consiglio disciplinare dall’ASL Toscana Nord-Ovest. La vicendaè stata ambito di battaglia, di promozione di solidarietà e di coordinamento tra lavoratori della sanità, operai e utenti e terreno su cui si è sviluppata una campagna d’opinione che ha visto tra i protagonisti Medicina Democratica e esponenti della società civile come Paolo Maddalena.
Da questa esperienza e dalla vittoria della battaglia condotta è nato un tavolo di coordinamento nazionale, che si è tenuto alla Festa nazionale della Riscossa Popolare il 12 agosto scorso e che ha visto il confronto e coordinamento di lavoratori della sanità, operai, utenti, comitati in difesa della sanità e comitati dei parenti e amici delle vittime da Covid. L’obbligo di fedeltà è infatti un vincolo che unisce lavoratori del pubblico impiego a operai ed è un vincolo che interessa non solo i lavoratori, ma a pieno titolo i clienti delle aziende e gli utenti della sanità. Emblematico in questo senso l’appello ai lavoratori della sanità portato dal Comitato verità e giustizia per le vittime del COVID di Modenaperché denuncino il più possibile e facciano quindi gli interessi degli utenti e di chi vuole giustizia e verità. In questo senso i lavoratori della sanità troveranno sempre appoggio e sostegno dagli utenti e dai parenti delle vittime perché è nei loro interessi. Anche le esperienze riportate al tavolo confermano che è proprio questa la via da perseguire, l’unione e il coordinamento tra utenti e lavoratori. Una delle quali, quella del Comitato San Gennaro di Napoli, ha dimostrato nella pratica che la violazione del vincolo di fedeltà è stato possibile proprio tramite l’unione di lavoratori e utenti e come questo abbia permesso di sviluppare il lavoro della Consulta Popolare di Napoli; un lavoro di difesa e ricostruzione del SSN tramite inchieste, denunce, mobilitazioni. È evidente quindi come la battaglia per la salvaguardia delle strutture sanitarie in processo di smantellamento si lega strettamente alla necessità di violare il vincolo da parte dei lavoratori e al tempo stesso alla necessità da parte di questi di legarsi strettamente agli utenti perché sostengano, supportino e si mobilitino attivamente per fare inchiesta, per individuare le misure necessarie in ogni ospedale, in ogni fabbrica, in ogni territorio e che le attuino direttamente laddove possibile o si battano per farle attuare.
Dal tavolo è emersa anche la proposta della modifica della legge sull’obbligo di fedeltà aziendale, avvalendosi del contributo di giuristi ed esperti che hanno nei mesi scorsi sostenuto la campagna d’opinione per la sua abolizione. È chiaro che affinché la proposta di legge venga effettivamente presentata, approvata ma soprattutto affinché non rimanga lettera morta come molti dei diritti costituzionali e delle leggi vigenti, è necessaria la mobilitazione di lavoratori e utenti perché aboliscano prima di tutto nei fatti il vincolo di fedeltà aziendale, violandolo e promuovendone la violazione! I lavoratori della sanità troveranno per questo l’appoggio e il sostegno di tutti gli utenti e degli altri lavoratori. Le esperienze di questi mesi dimostrano proprio questo: organizzandosi e coordinandosi il vincolo può essere abolito nei fatti, così come tutte quelle leggi che rimangono carta straccia se non applicate. Violare leggi ingiuste è necessario e possibile se si sviluppa l’organizzazione e il coordinamento tra lavoratori e con gli utenti. La fedeltà verso la propria classe è non solo la via per l’affermazione degli interessi delle masse popolari, ma anche la forza attraverso cui è possibile farlo.
D’altra partese gli operai non avessero disobbedito, se avessero sottostato al regime di terrore non avrebbero scioperato, non avrebbero fermato la produzione costringendo il governo alle misure di sicurezza (se pur parziali e subito eluse) e il numero dei contagi e dei morti sarebbe oggi molto più devastante. Se giovani, disoccupati, pensionati, lavoratori non avessero disobbedito per occuparsi delle masse popolari dei propri quartieri costituendo le Brigate di Solidarietà in migliaia sarebbero stati lasciati indietro, alla loro sorte. Se gli stessi lavoratori della sanità non avessero denunciato la situazione all’interno degli ospedali, delle RSA e della medicina territoriale il bilancio sarebbe stato molto peggiore!
La battaglia dei prossimi mesi sarà proprio quella per la difesa e la necessaria ricostruzione del SSNL, perché gli investimenti vengano indirizzati verso la sanità pubblica e perché non sia ennesimo campo di speculazione, di mercificazione di lavoratori e utenti, ma perché siano utilizzati per assunzioni e stabilizzazioni, perché non siano le masse popolari a pagare con la vita lo smantellamento del SSN. Questo significherà la mobilitazione proprio dei lavoratori e degli utenti, che sanno cosa accade all’interno degli ospedali e delle strutture sanitarie, la violazione sempre più aperta del vincolo di fedeltà aziendale attraverso le denunce di tutto quanto i lavoratori vedono e sanno; significherà anche fare inchiesta e individuare le soluzioni per ogni presidio sanitario, verificare e controllare come verranno investiti i fondi che arriveranno. Violare l’obbligo di fedeltà significa anche e nei prossimi mesi per i lavoratori fare appello agli utenti e a altri lavoratori per svolgere delle ispezioni popolari all’interno delle strutture sanitarie, per verificare le condizioni di lavoro e sanitarie, significa chiamare in causa tutti quegli eletti e personaggi politici che si pongono in alternativa ai partiti che per 40 anni hanno fatto sì che questa fosse la condizione della sanità. Significa chiamarli a fare ispezioni popolari, a usare il loro ruolo per farlo e sostenere così la battaglia dei lavoratori e degli utenti della sanità. Anche i sindacati che si sono schierati per l’abolizione del vincolo devono assumersi questo ruolo e incitare i propri tesserati a violare il vincolo, facendone delle campagne nazionali.
Questa è la via attraverso cui abrogare leggi e imporne di altre nei fatti, negli interessi delle masse popolari. Questa è la via attraverso cui costruire un governo che sia davvero espressione delle masse popolari.
Sotto alcuni dei contributi dei comitati che sono intervenuti al tavolo, buon ascolto e buona lettura.
Contributo al tavolo del Comitato di Collefferro
Contributo al tavolo del Comitato familiari delle vittime delle CRA/RSA di Modena e provincia
Contributo dell’ Associazione Diritto alla salute di Anagni
Un saluto a tutti i partecipanti alla Festa della Riscossa Popolare dall’Associazione Diritto alla salute di Anagni e, in particolare, ai partecipanti al convegno sulla lotta per l’abrogazione dell’obbligo di fedeltà aziendale. Qui ad Anagni è da almeno un decennio che viviamo il dramma della privatizzazione della sanità: da quando hanno iniziato a chiudere il nostro ospedale civile e a poco a poco hanno smantellato una struttura che era un’eccellenza della Regione Lazio e che attirava pazienti perfino dalla capitale romana. La privatizzazione è iniziata quando l’organizzazione della sanità ha cominciato a definirsi azienda e gli amministratori manager, ma in realtà sono contabili che servono solo a tagliare i posti letto per eliminare reparti e servizi, per ridurre la spesa sanitaria, ma non gli sprechi. Veri manager sono quelli che riescono ad ottimizzare le risorse e a migliorare il prodotto. Coloro che sostenevano la necessità della chiusura di Anagni per l’esigenza di urgenti piani di riordino dei bilanci, hanno sempre affermato che, dopo questo sacrificio, avremmo goduto di una sanità notevolmente migliore. Invece ci siamo ritrovati con un ospedale provinciale che doveva essere un DEA di secondo livello e non sfiora neanche il primo. Da valenti manager ci aspettavamo sapienti riorganizzazioni della sanità sul territorio in alternativa a quella ospedaliera, ma oltre ai tagli c’è stata solo riduzione dei servizi e caos. Durante questa fase molti medici e operatori dell’ospedale di Anagni hanno partecipato a incontri e assemblee. alla presenza dei vertici aziendali, esprimendo schiettamente il loro punto di vista ed elaborando anche proposte concrete di miglioramento dei servizi. Sono stati sistematicamente ignorati! Ci ritroviamo ora con una struttura ex Ospedale di Anagni dotata di due strumenti diagnostici di eccellenza: un mammografo in tomosintesi acquistato da Bancanagni, dal Comune stesso e dai cittadini e che non viene utilizzato a pieno regime, così come la Tac di ultima generazione, per mancanza di personale medico e tecnico. Sul territorio sono nate diverse strutture ambulatoriali private, ma chi ha bisogno di cure urgenti o complesse deve spostarsi sulla sanità romana. Abbiamo più volte proposto di applicare un piano minimo di interventi che ha trovato il consenso di tutti i sindaci del comprensorio e che prevede maggiori servizi diagnostici e un minimo di primo soccorso. Completamente inascoltati. La pandemia da Covid 19 ha reso manifesto questo disegno di corto respiro tutto a favore della sanità privata. Infatti l’unico ospedale praticabile, quello del capoluogo Frosinone, è stato quasi interamente trasformato in Covid hospital. Quindi è stata disposta la sospensione di attività chirurgica di elezione, di screening, delle attività non urgenti di terapia, quelle ambulatoriali, sia visite che prestazioni. Molti cittadini bisognosi di assistenza sono rimasti a casa. Fortunatamente nella nostra provincia il Covid 19 non ha infierito e quindi le nostre strutture sanitarie hanno potuto rispondere bene all’emergenza. Non vi sono state le tragiche situazioni verificatesi nel nord Italia, quindi anche il personale sanitario ha potuto operare in relativa sicurezza senza dover rischiare contenziosi con l’azienda. Questo aspetto della vicenda Covid 19 è stato quello più insopportabile e lo ritengo anche la causa vera della perdita del controllo sulla pandemia, soprattutto in quelle strutture, come le RSA, più colpite nel nord del nostro paese. Il contributo dato dal personale sanitario è stato enorme e doloroso. Mi è parso di rivedere coloro che si sacrificarono per neutralizzare la centrale atomica di Chernobyl. Eppure ho avuto l’impressione che il personale sanitario, in questi casi, abbia più avuto rispetto del vincolo di fedeltà che della propria incolumità e dei propri diritti. Il problema attiene direttamente alla gestione della sicurezza sui luoghi di lavoro. La legislazione vigente stabilisce che i lavoratori sono chiamati (obbligati) ad assumere un ruolo attivo nelle politiche della prevenzione. Per questo sono tenuti a segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di sicurezza, nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Quindi occorre impegnarsi per far prevalere questa norma, tutelando in ogni modo il lavoratore che adempie al dovere di segnalare le problematiche derivanti dai pericoli del luogo di lavoro. E’ un compito che attiene innanzitutto ai sindacati e al legislatore: per la sicurezza dei lavoratori e di tutti noi.
Grazie per l’attenzione e buon lavoro a tutti!
Alessandro Compagno Presidente dell’Associazione Diritto alla salute di Anagni