Nel 2009 ero impegnato con il mio partito (il Partito dei CARC) e insieme ad altre organizzazioni toscane nella lotta contro la riabilitazione del fascismo nel nostro paese. In quell’anno Roberto Maroni, Ministro dell’Interno del governo Berlusconi, aveva promosso il Pacchetto Sicurezza, in cui era contenuta la norma che consentiva la realizzazione di ronde razziste nel nostro paese. Leghisti e fascisti ci hanno provato a fare queste ronde, ma ovunque si è contrapposta la mobilitazione popolare. Il Partito dei Carc a Massa nel luglio 2009 è stato alla testa della mobilitazione che ha bloccato le ronde SSS del fascista Stefano Benedetti (nel 2009 consigliere comunale, oggi presidente del consiglio comunale a Massa).
A Pistoia insieme ad altre organizzazioni toscane (oltre al P.Carc compagni di altri organismi da Livorno, Pistoia e Firenze) stavamo creando un coordinamento regionale contro le ronde. Nel pomeriggio dell’11 ottobre 2009 mentre stavamo svolgendo una riunione presso il circolo 1° Maggio di Pistoia, entrano degli agenti della Digos. Ci trattengono sul posto per diverse ore con la scusa di identificarci: noi non lo sapevamo, ma stava prendendo corpo la montatura poliziesca ordita dal questore Maurizio Manzo e dai suoi uomini. Poco distante qualcuno aveva fatto irruzione nel covo fascista di Casa Pound Pistoia, rompendo vetri e rovesciando una scrivania. Il questore aveva deciso di sfruttare questo episodio per assestare un duro colpo a chi si stava organizzando per bloccare il diffondersi delle ronde razziste e fasciste.
L’ispettore Roberto Milicia della questura di Pistoia ha condotto l’operazione di polizia nei nostri confronti e verso sera predispone la perquisizione del circolo: è in quella occasione che ci accorgiamo della presenza, all’interno del locale, di una persona con un grosso borsone. Un compagno molto attento si è accorto della situazione (ha anche sfiorato il borsone, constatando che conteneva oggetti pesanti, che potevano sembrare bastoni) e ha chiesto alla persona di identificarsi. Questa persona si è immediatamente dileguata. Certo sarebbe risultato molto efficace, ai fini della costruzione di una montatura, poter sfoggiare anche l’arma del delitto: i bastoni con cui i “cattivoni antifascisti” hanno aggredito i “poveri fascisti” di Casa Pound. Ma questo “colpo di scena” gli è mancato!
Nella sede dell’Agogè (questo è il nome della sede di Casa Pound Pistoia) c’erano Massimo Dessì (responsabile di Casa Pound Pistoia) e Alessandro Tomasi (allora Consigliere Comunale di Alleanza Nazionale e attuale sindaco di Pistoia). Massimo Dessì dopo aver detto, in un primo momento, di non aver riconosciuto nessuno tra quelli che hanno fatto irruzione nella sua sede, come per magia a fine serata è diventato un testimone chiave per il riconoscimento degli antifascisti: evidentemente gli agenti del questore Manzo non ci hanno messo molto a convincerlo a collaborare per incastrare gli antifascisti. Alessandro Tomasi, che evidentemente già allora lavorava per fare carriera nel teatrino della politica borghese, è stato complice ma non si è sporcato le mani con una montatura che già ai primi passi faceva acqua da tutte le parti.
Da questo momento in poi è partita la repressione nei nostri confronti: io sono stato messo in carcere per tre mesi e mezzo, mentre gli altri antifascisti agli arresti domiciliari, e poi per tutti obbligo di dimora. L’accusa si è servita in modo spudoratamente antidemocratico di un capo d’imputazione abnorme (devastazione e saccheggio e una richiesta di condanna a 9 anni di reclusione a fronte di due vetri rotti e una scrivania rovesciata) in modo da comminare le misure cautelari più dure possibili, fino al carcere, come nel mio caso.
Nel gennaio 2010 comincia il processo a nostro carico (siamo 7 imputati). Nel processo emergono chiaramente i contorni della montatura a cui darà il suo contributo il procuratore capo di Pistoia Renzo Dell’Anno. Vengono smascherati i legami tra gli uomini della questura e i fascisti di Casa Pound, appare chiaro che i testimoni dell’accusa, tutti vicini a Casa Pound siano stati istruiti dalla polizia. C’è il caso della suocera di un testimone che invia una lettera ai giudici in cui si capisce che il suo genero era stato convocato in questura per costruire la sua testimonianza. Sono tantissime le incongruenze nelle tesi dell’accusa, tanto che tra il processo di 1° grado e quello di 2° grado si arriva all’assoluzione di due antifascisti e alla prescrizione per gli altri 5 (la Corte di Appello di Firenze non ha mai fissato la data del processo d’Appello).
Riguardo alle udienze che si sono susseguite per tutto il 2010 voglio richiamare l’attenzione su un fatto particolarmente grave: Casa Pound mandava in aula al fine di monitorare le udienze un personaggio, un suo militante, che appena due anni dopo diventerà tragicamente famoso. Si trattava di Gianluca Casseri che il 13 dicembre 2011 a Firenze, sparando tra la folla del mercato cittadino, uccise a sangue freddo due persone e ne ferì tre solo per il colore della loro pelle e per il fatto che si trattava di immigrati poveri (questo fatto è conosciuto come “strage di Firenze”).
Oggi si parla giustamente dei crimini commessi dai “suprematisti bianchi” negli Stati Uniti ma anche in Italia organizzazioni fasciste come Casa Pound diffondono la violenza razzista così come l’avrebbero diffusa le ronde del ministro Maroni.
Casa Pound non è mai stata messa sotto processo per la strage di Firenze.
Quello che è successo nel 2011 ha dimostrato l’importanza della battaglia che il P.Carc e tutte le altre forze antifasciste del paese hanno portato avanti con coraggio: una battaglia di civiltà, per bandire per sempre il fascismo e applicare fino in fondo i valori antifascisti contenuti nella nostra Costituzione.
Tuttavia, ad oggi, nonostante per 5 imputati il procedimento sia andato in prescrizione, rimane ancora in piedi la richiesta di risarcimento danni dell’associazione fascista Agogè e del suo responsabile Massimo Dessì.
Chi ha combattuto contro la violenza razzista delle ronde di Roberto Maroni, non solo ha scontato delle misure cautelari assurde (una sorta di condanna di fatto con mesi di carcere e un anno tra domiciliari e obbligo di dimora), ma ora potrebbe essere colpito anche economicamente in virtù di un sistema giudiziario che è fatto apposta per reprimere le masse popolari e che dà la possibilità a criminali fascisti di pretendere un risarcimento danni.
Dopo 11 anni, chi ha dimostrato di essere un covo di assassini vorrebbe passare da vittima!
Intanto assistiamo a indegne passerelle elettorali da parte di quei personaggi che in questi anni sono stati complici della riabilitazione del fascismo nel nostro paese e nella nostra regione: Eugenio Giani, candidato del PD alla presidenza della Regione Toscana, il 2 settembre è stato ospite del circolo Sant’Angelo a Lecore in occasione della commemorazione della liberazione di Campi Bisenzio. Lo stesso Giani esponente, promotore e fautore delle politiche anticostituzionali e anti popolari che da decenni vengono applicate in Toscana, lo stesso che, per esempio, in veste di presidente del consiglio regionale consegnò il premio Pegaso al presidente dell’associazione nazista “Progetto Dinamo”, Domenico Del Nero.
Oggi personaggi come Giani, Rossi, Nardella e compagnia, usano lo spauracchio del nuovo fascismo come argomento di campagna elettorale con l’unico obiettivo di creare condizioni favorevoli a imporre alle masse popolari un governo “responsabile”, “democratico”: un governo di Larghe Intese. Questo è l’antifascismo padronale (alla Renzi, Gentiloni, D’Alema, Grasso, Boldrini) che lancia l’allarme del “pericolo fascista” in pompa magna nel nome della democrazia e della libertà promosso da quelli che per primi hanno sdoganato i fascisti in ogni modo, dando loro spazi, sedi, riconoscimenti pubblici e addirittura offerto la copertura mediatica ed elettorale, mentre dall’altro lato ha represso in ogni modo il movimento antifascista in ogni città con cariche poliziesche, arresti, denunce, e chi più ne ha più ne metta come è confermato dalla mia vicenda giudiziaria, dalle ultime vicende che hanno colpito i compagni di Firenze Antifascista a cui esprimo tutta la mia solidarietà e dai molteplici episodi di repressione e multe comminate agli antifascisti che il 25 aprile scorso durante il lockdown hanno celebrato la memoria della nostra Resistenza.
Sia chiaro: non sto giudicando o condannando la spinta positiva, il sentimento antifascista che anima tanti elementi delle masse popolari che oggi (per un motivo o per un altro) votano il PD, che animano associazioni come l’ANPI o l’ARCI: l’attivismo in difesa dei valori della Resistenza dimostra che la svolta reazionaria nel nostro paese non è poi così vicina come i giornali borghesi la paventano, che il movimento popolare antifascista, grazie alla Resistenza antifascista diretta dal vecchio PCI e al movimento comunista che sta rinascendo, è ben radicato tra i lavoratori e i giovani del nostro Paese. Ebbene è a loro che sto parlando e chiedendo di schierarsi in solidarietà mia e di tutti gli antifascisti oggi colpiti dalla repressione.
Dall’altra parte c’è la falsa alternativa al PD, la Lega e FdI che sostengono apertamente le prove di fascismo e le organizzazioni che scimmiottano il fascismo (Casa Pound, Forza Nuova, ecc.) per alimentare la guerra agli immigrati , per cercare di conquistare voti e rafforzare la loro posizione al servizio dei vertici della Repubblica Pontificia e il caso di Roberto Maroni è esemplare. Costui, oltre ad aver contribuito ai tentativi di riabilitare il fascismo nel nostro paese, ci ha messo del suo nella distruzione del sistema sanitario pubblico in Lombardia, con la cosiddetta riforma Maroni della Sanità. E infatti cosa fa oggi Maroni? Guarda caso è entrato nel Consiglio d’Amministrazione del Gruppo San Donato, l’azienda privata che si occupa dei tamponi per il Covid-19, dietro un lauto pagamento da parte della sanità pubblica (e quindi della collettività). Quindi per riassumere: prima ha lavorato per lo smantellamento della sanità pubblica, poi è entrato in un’azienda sanitaria privata e si fa pagare profumatamente per servizi che il pubblico non è più in grado di effettuare a causa dei tagli subiti in questi decenni.
Non intendo, non intendiamo, piegarci a questa ennesima rappresaglia per questo motivo seguendo l’esempio della compagna Rosalba Romano (condannata per l’attività del sito Vigilanza Democratica e che ha deciso di non pagare la cifra a cui è già stata condannata) e di quanti hanno disobbedito e stanno disobbedendo a condanne illegittime, ci organizzeremo per non pagare alcun risarcimento indipendentemente dall’esito del processo.
Non darò un centesimo ai fascisti e a questo sistema giudiziario che li legittima (dato che oltre al risarcimento dovrei pagare anche le spese processuali!), a questo Stato che viola la Costituzione, infanga la Resistenza e perseguita chi si organizza, si mobilita e si attiva per affermare gli interessi delle masse popolari.
Le vie legali sono uno strumento utile, ma accessorio. L’aspetto principale resta difendere, praticandoli, gli spazi di agibilità politica e i diritti conquistati con la vittoria sul nazifascismo.
Per tutto questo il giorno 15 settembre alle ore 9,30 saremo davanti al tribunale di Firenze: per trasformare l’ultimo atto di una persecuzione in un passo in avanti per l’affermazione dei principi dell’antifascismo popolare nel nostro paese, per organizzarci e diffondere la solidarietà antifascista, per alimentare e sviluppare la mobilitazione popolare nell’affermazione dei nostri interessi.
Invito tutti gli antifascisti, i democratici, progressisti e i candidati alle elezioni regionali che si dicono schierati contro il sistema delle Larghe Intese, per la difesa e applicazione della Costituzione a partecipare al presidio di solidarietà; a prendere pubblicamente posizione a sostegno mio, degli antifascisti, dei lavoratori, dei giovani perseguitati dalla repressione.
Alessandro Della Malva