Per la stesura di questo testo la Redazione ha attinto e riadattato l’articolo pubblicato su La Voce del (nuovo)PCI n. 65 “Usare le elezioni di settembre per rafforzare il sistema politico delle masse popolari organizzate e andare verso il Governo di Blocco Popolare”.
Ammesso che non subentrino manovre sporche o colpi di mano “giustificati” dall’emergenza Covid-19, il 20 e 21 settembre si svolgeranno, oltre al referendum sul taglio dei parlamentari, le elezioni regionali (in Veneto, Campania, Toscana, Liguria, Marche, Puglia e Valle d’Aosta) e amministrative (in oltre mille comuni tra cui quindici capoluoghi di provincia e tre di regione, fra cui Venezia, Reggio Calabria, Trento, Bolzano e Arezzo). In particolare, le elezioni regionali avranno ripercussioni sul governo, i vertici della Repubblica Pontificia le useranno per ristabilire equilibri e rapporti di forza fra i tre principali attori politici: il PD e i suoi satelliti, il polo Berlusconi (di cui la Lega ha preso la testa a scapito di Forza Italia) e il M5S (che in ragione del risultato che ha ottenuto alle elezioni politiche del 2018 ha un ruolo imprescindibile per il governo nazionale).
Al di là dell’uso che ne farà la classe dominante, per i comunisti è più utile ragionare su come usare le elezioni regionali per alimentare la lotta per il Governo di Blocco Popolare e la costruzione di Amministrazioni Locali di Emergenza. Il discorso si riassume essenzialmente in tre aspetti.
1. Fare della campagna elettorale il contesto per la mobilitazione e il rafforzamento delle organizzazioni operaie e popolari. Non 10, 100, 1000 passerelle elettorali, ma iniziative e azioni in cui gli organismi di base indicano ai candidati e ai partiti cosa fare e come farlo per sostenere la loro azione e il loro ruolo;
2. Individuare i candidati più vicini alle masse popolari e spingerli a usare la campagna elettorale per sostenere la loro organizzazione e mobilitazione. Non 10, 100, 1000 promesse elettorali, ma spingerli a fare subito quello che promettono di fare una volta eletti (un esempio nel riquadro a fianco)
3. Promuovere la costituzione di un fronte comune contro le Larghe Intese formato da partiti, liste e candidati della sinistra borghese di vecchi tipo (Potere al Popolo, PRC, PCI di Mauro Alboresi, PC di Marco Rizzo) e della sinistra borghese di nuovo tipo (M5S) che, per quando di diverso orientamento e pur presentandosi in concorrenza tra loro alle elezioni, vogliono avere un ruolo positivo e concreto (non solo testimonianza, non solo declamazioni e promesse a fini elettorali) nella mobilitazione delle masse popolari. Queste forze proclamano a gran voce che vogliono difendere i lavoratori, il sistema produttivo contro lo smantellamento, che sono contro le grandi opere inutili e dannose, che vogliono difendere i diritti e la salute dei lavoratori e dell’ambiente, che sono contro le missioni di guerra al servizio della NATO, che sono contro soprusi e abusi dei padroni, delle Forze dell’Ordine, che sono per la solidarietà di classe, ecc. Ebbene, sono queste questioni importanti che distinguono queste forze dal fronte padronale, bancario e finanziario dei partiti delle Larghe Intese; quindi, occorre passare dalle parole ai fatti e far vivere questi propositi comuni nella lotta di classe in corso.
Ci soffermiamo su questo ultimo punto, poiché riguarda la prospettiva politica più generale e va al di là della tornata elettorale e di ogni singola battaglia. Usare anche le elezioni regionali per formare il fronte contro le Larghe Intese è possibile e di prospettiva.
Una ricostruzione per inquadrare la situazione politica è necessaria. Il M5S, che nel 2018 aveva una grande maggioranza elettorale, ha fatto un’alleanza con la Lega, l’altro polo che sul terreno elettorale raccoglieva, pur demagogicamente, scontenti e oppositori delle Larghe Intese benché restasse parte di esse nelle amministrazioni regionali e comunali e nelle reti malavitose (vedasi come esempio la rete Caianiello in Lombardia). Nel primo governo Conte, la Lega ha cercato di imporre le soluzioni della destra più reazionaria in molti campi dell’attività governativa (vedi sicurezza e immigrazione, ma non solo) ed è indietreggiata nei campi in cui avanzare comportava di scontrarsi con la borghesia imperialista (vedi minibot), fino a quando ha fatto cadere lei stessa il governo, fiduciosa di andare a nuove elezioni e di stravincerle tirandosi dietro Fratelli d’Italia e Berlusconi.
A quel punto (agosto 2019), il M5S ha fatto un’alleanza con il PD: l’ha fatta perché vuole cambiare il corso delle cose, ma non segue la linea realistica per cambiarlo, cioè la linea del movimento delle organizzazioni operaie e popolari.
Con il PD succede oggi quello che è successo con la Lega ieri: il PD cerca di imporre nell’attività governativa soluzioni coerenti con il programma comune della borghesia imperialista, ma lo fa in maniera meno ostentata della Lega perché mira a conservare il suo radicamento elettorale.
A due anni e mezzo dalle elezioni politiche del 2018, il M5S ha sperimentato praticamente che l’abbraccio con la Lega e con il PD sono per lui mortali: l’unica prospettiva che può perseguire per non soccombere alle Larghe Intese (e scomparire) è costituire un governo della sinistra borghese di nuovo tipo con la confluenza della sinistra borghese di vecchio tipo. Un governo del genere, per stare in piedi e non naufragare dopo pochi mesi, dovrebbe necessariamente poggiare sul movimento delle organizzazioni operaie e popolari e attuare il programma di misure di emergenza del Governo di Blocco Popolare, cioè dovrebbe far fronte alle pressioni dei gruppi finanziari internazionali e, quindi, bloccare o consolidare il debito pubblico (o comunque sospendere i pagamenti degli interessi e delle rate in scadenza) e creare una propria moneta; dovrebbe prendere misure per contrastare la disoccupazione (dare a tutti un lavoro utile e dignitoso) e promuovere a ogni livello la partecipazione delle masse popolari organizzate alle attività politiche, sociali, ecc. per fare fronte agli effetti più gravi della crisi.
Per questo motivo e in questo senso, al di là della concorrenza in chiave elettoralista e della spinta a “dipingere il M5S come primo nemico” che qualifica i partiti della sinistra borghese di vecchio tipo (Potere al Popolo, PRC, PCI di Mauro Alboresi, PC di Marco Rizzo, ecc. puntano a raccogliere il malcontento dell’elettorato verso il M5S che non ha mantenuto le promesse fatte), la costruzione del fronte contro le Larghe Intese è l’orizzonte, la prospettiva, che perseguiamo per rafforzare tutte quelle tendenze positive che già esistono e si manifestano in ordine sparso e in modo contraddittorio. È anche la strada per non disperdere in personalismi, politicantismo, tifoserie le forze che sono raccolte e militano in questi organismi.
Ci sono alcuni ostacoli da superare e delle contraddizioni da affrontare. Brevemente:
– È vero che Potere al Popolo, PRC, PCI di Mauro Alboresi, PC di Marco Rizzo, ecc. si pongono prevalentemente in concorrenza con il M5S, è vero, cioè, che mettono la partecipazione alle elezioni e i risultati elettorali al primo posto, anziché ragionare su come possono invece incalzarlo e incoraggiarlo a compiere una rottura con le Larghe Intese. Questo è un ostacolo da superare. Tuttavia, le masse popolari hanno già messo alla prova il PRC e i partiti e aggregati che derivano dalla sua frammentazione con il governo Prodi nel 2006-2008: hanno visto quello che potevano aspettarsi da loro e li hanno scartati. Infatti, non li votano più se non in minima parte, hanno votato M5S e Lega oppure si sono astenute. Quindi, “allearsi” con il M5S (con la parte di esso che mal digerisce l’abbraccio prima con la Lega e ora con il PD), che per un insieme di motivi è diventato il rappresentante sul terreno elettorale del malcontento e dell’opposizione alle Larghe Intese, è il modo concreto per la sinistra borghese di “riscattarsi” agli occhi delle masse popolari, di dare prova di essere realmente contro le Larghe Intese.
– È vero che, oltre alle elezioni regionali, la campagna referendaria alimenta le divisioni: il M5S è per il Sì mentre Potere al Popolo, PRC, PCI di Mauro Alboresi, PC di Marco Rizzo, ecc. sono per il NO. Si tratta di posizioni opposte che nascono, mettono al centro e si limitano a speculare sul “futuro della democrazia borghese” e del teatrino della politica borghese. Per chi ragiona in termini di prospettiva concreta di cambiamento nel governo del paese, questa contrapposizione è sterile e nociva, ma in definitiva è una contrapposizione secondaria. Per ragionare di futuro bisogna essere spregiudicati. Per dirla con Lenin, bisogna avere chiaro che bisogna “destreggiarsi, stringere accordi, compromessi con i diversi gruppi di proletari, con i diversi partiti di operai e di piccoli padroni. Tutto sta nel saper impiegare questa tattica allo scopo di elevare e non di abbassare il livello generale della coscienza proletaria, dello spirito rivoluzionario del proletariato, della sua capacità di lottare e di vincere”.
Il P.CARC parteciperà alla campagna elettorale con l’obiettivo di rafforzare il percorso per la costruzione del fronte comune contro le Larghe Intese. Per quanto riguarda le indicazioni di voto, considerando l’insieme degli argomenti trattati qui, ogni Segreteria Federale ne darà di proprie, territorio per territorio, con la consapevolezza che non basta usare le elezioni per “creare scompiglio nel campo nemico”, ma bisogna usarle per far avanzare il movimento pratico attraverso cui gli organismi operai e popolari assumono il ruolo di nuove autorità pubbliche: è su questo terreno, su questo contenuto, che chiamiamo a schierarsi tanto la parte migliore del M5S quanto la parte migliore della sinistra borghese di vecchio tipo, di Potere al Popolo, PRC, PCI di Mauro Alboresi, PC di Marco Rizzo, ecc.
Pontremoli (MS): Il 16 settembre manifestazione a difesa della sanità territoriale
(…) A chi è in campagna elettorale chiediamo di parlare ma soprattutto di fare qualcosa per il problema degli specialisti che non vogliono venire a lavorare in Lunigiana perché rende di più esercitare la professione altrove, di parlare di regolarizzazione degli operatori e delle operatrici del CUP che lavorano a cottimo, di carenza di personale medico, infermieristico e sanitario in generale. Parliamo dell’Unione dei comuni della Lunigiana maglia nera della Toscana per spesa pro-capite per i disabili: 1.400 euro pro-capite contro i 2.700 della media regionale a sua volta al di sotto della media nazionale che è di 2.900 euro! Si dice di voler fare i prelievi agli abitanti di via Mazzini e Mulazzo sotto casa ma poi le donne partoriscono in autostrada perché il punto nascite è a più di un’ora di distanza.
E finito il tempo del taglio dei nastri sotto elezioni, le terre di periferia che le istituzioni hanno relegato allo smantellamento in favore dei grandi centri sanitari spot della politica, come Firenze, Siena e Pisa, non sono terre di serie B.
Il 16 settembre si terrà un presidio davanti all’ospedale di Pontremoli a cui sono invitati i candidati alla elezioni regionali, i consiglieri regionali e i deputati del territorio, alcuni dei quali hanno già confermato la loro presenza che annunceremo ufficialmente nei prossimi giorni. Insieme a loro invitiamo anche, e soprattutto, i lavoratori, i cittadini, i comitati che si battono per la difesa del diritto alla salute e contro lo smantellamento del SSN.
Vogliamo essere chiari: non sarà una passerella elettorale ma un incontro con i lavoratori della sanità e con la cittadinanza della Lunigiana per individuare le cose che bisogna fare SUBITO per rimettere in piedi il nostro sistema sanitario a partire dalla riqualificazione e potenziamento dell’ospedale di Pontremoli.
Il presidio farà parte della campagna che il Comitato di salute Pubblica dell’Alta Lunigiana ha lanciato a partire da questo agosto per la valorizzazione e la difesa dell’ospedale di Pontremoli. (…)
Comitato di Salute Pubblica dell’Alta Lunigiana
Promuovere e organizzare 10-100-1000 ispezioni popolari sulla gestione della sanità pubblica e privata a livello nazionale e in ogni zona, altro che lasciar fare ad amministratori locali e dirigenti corrotti o collusi!