Due incontri nazionali delle Brigate di solidarietà

Lo scorso agosto si sono svolti due incontri di carattere nazionale tra Brigate di solidarietà e altre esperienze simili nate durante l’emergenza Covid-19.
Il primo si è tenuto l’1 e 2 agosto a Senigallia e ha messo al centro il ragionamento sull’opportunità di federare le diverse esperienze attraverso una forma associativa, strumento per avere agibilità ed accedere a fondi e risorse.
Il secondo si è tenuto il 13 agosto alla Festa nazionale della Riscossa Popolare che abbiamo organizzato a Massa.

 Fra le due iniziative non c’è stato un preciso legame: i temi trattati a Senigallia sono stati riportati anche a Massa grazie all’intervento di un compagno, ma ai due tavoli sono intervenute brigate differenti e tante delle brigate esistenti non hanno partecipato a nessuno dei due. Sono stati quindi importanti occasioni di confronto che spingono ad allargare e sviluppare il coordinamento.

Dall’incontro di Massa sono emersi aspetti e prospettive utili a tutto il variegato movimento delle brigate.

  1. Continuare e allargare la distribuzione dei pacchi spesa e allargare la rete dei sottoscrittori.
    È per certi versi la cosa basilare, ma non scontata, ed è fondamentale poiché è l’attività su cui le Brigate si sono guadagnate il riconoscimento delle masse popolari, ma soprattutto è un aiuto ancora essenziale per migliaia di famiglie: la crisi economica non si è di certo placata, gli interventi delle istituzioni dopo le operazioni di propaganda dei mesi scorsi si sono fermati, ma le masse popolari hanno ancora bisogno di mangiare! Dagli interventi sono emerse diverse ipotesi per proseguire su questa strada: a Milano le brigate, tramite la collaborazione con Emergency, ricevono tonnellate di pacchi spesa donati da Esselunga; a Pisa i compagni dello Spazio Popolare sant’Ermete hanno organizzato cortei e assemblee nei supermercati per imporre che donassero cibo alle famiglie in difficoltà, anche a fronte dei rincari e speculazioni che hanno fatto durante l’emergenza; il Comitato Spesa Solidale di Perugia ha invece costituito un gruppo di spesa solidale con cui, oltre a riuscire a distribuire i pacchi spesa, sostengono ed entrano in contatto con i piccoli produttori della zona.

 

  1. Allargare il campo di intervento.
    Tante brigate sentono l’esigenza allargare il campo di intervento oltre la distribuzione dei pacchi spesa, dare risposte più complessive, politiche, ai problemi della povertà e della disoccupazione (e agli altri problemi, come quello della casa, che gli sono connessi). Per molti l’esperienza delle brigate ha voluto dire aprire gli occhi sulle problematiche del proprio quartiere o della propria città. In varie parti d’Italia, dunque, le brigate si stanno attivando sulla questione della difesa dell’istruzione pubblica, nella lotta alla repressione, nella riqualificazione del proprio quartiere tramite scioperi al contrario, aprendo sportelli di ascolto psicologico o per dare supporto sulla questione abitativa.

 

  1. Elevare la relazione con chi riceve i pacchi spesa e svilupparne la mobilitazione.
    Non limitarsi alla distribuzione dei pacchi spesa significa anche elevare il rapporto con chi riceve la solidarietà. È emerso in particolare dal dibattito di Massa come le Brigate siano state strumento per raggiungere anche persone che altrimenti non sarebbero state intercettate (spesso perché abbandonate e ai margini della società) e soprattutto dare loro un ruolo di prim’ordine. Le famiglie aiutate sono state rese parte attiva della risoluzione dei loro problemi e di quelli degli altri, rompendo con il meccanismo della delega e fungendo così anche da scuola pratica dove educarci ed educare all’autogestione e alla lotta di classe, dove chi è più avanti insegna a chi è più indietro e tutti impariamo a fare a meno della borghesia e delle sue istituzioni. I passi da fare sono coinvolgere chi riceve i pacchi nelle operazioni per consegnarli, costruire momenti di socialità e iniziative culturali, fare questionari di inchiesta, promuovere scioperi al contrario per il lavoro, assemblee, momenti di mobilitazione politica, e via dicendo.

 

  1. Rapporto con le istituzioni.
    È uno degli aspetti più controversi, su cui il dibattito è più acceso. Il dato che emerge è comunque che si può, e quindi si deve (chiaramente a seconda delle condizioni e possibilità concrete), intervenire sulle istituzioni, non tanto allo scopo di far riconoscere o accettare le Brigate, ma piuttosto per metterle a contributo della lotta di classe, facendo loro prendere tutte quelle misure che le Brigate non sono ancora in grado di mettere in atto da sole. La scelta per le istituzioni diventa quindi: o sostenere l’attività delle brigate (anche solo per non smascherarsi davanti alle masse popolari) o essere costretti a farlo dalla mobilitazione popolare. È così che mano a mano costruiamo le condizioni per sostituire le istituzioni della borghesia con altre al servizio delle masse popolari.

 

  1. Sviluppare il coordinamento territoriale e nazionale tra brigate, sostenere altre mobilitazioni e coordinarsi con il resto delle organizzazioni operaie e popolari.
    L’esperienza di questi mesi ha dato impulso al coordinamento tra le brigate e tra queste e il resto delle organizzazioni operaie e popolari. In vari territori esiste già un coordinamento di brigate a livello cittadino, alcune si sono inoltre legate anche alle lotte degli operai e studenti. In particolare le brigate di Milano, che sono state parte importante nella mobilitazione per cacciare la giunta regionale della Lombardia responsabile della criminale gestione dell’emergenza, stanno organizzando una festa delle Brigate per il 18/19/20 settembre, che sarà occasione per sviluppare un’azione comune e il confronto tra le brigate ed il legame con altre realtà popolari, soprattutto rispetto al tema della sanità.

 

Queste sono le principali tendenze positive emerse. L’aspetto di prospettiva è coordinarsi con il resto delle organizzazioni operaie e popolari – con quanti hanno dimostrato di fare gli interessi popolari quando le istituzioni borghesi pensavano solo a continuare la produzione per Confindustria e a speculare sui morti – al fine sviluppare il confronto, lo scambio di esperienze, la condivisione delle pratiche, fino a porsi il comune obiettivo di diventare parte del nuovo potere che contende la direzione della società a autorità e istituzioni della classe dominante.

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