[Toscana] Breve commento al dibattito dell’11 agosto con i candidati alle elezioni regionali

L’11 agosto si è tenuto, alla Festa Nazionale della Riscossa Popolare, il dibattito sulle elezioni regionali in Toscana.

Il dibattito aveva gli obiettivi di sviluppare un ragionamento su come le organizzazioni operaie e popolari possono usare la competizione elettorale per rafforzare le loro battaglie e su come costruire, nella pratica, un fronte di forze contro le politiche delle Larghe Intese (PD e Berlusconi-Lega) e a favore degli interessi delle masse popolari. In questo senso il compito di un simile fronte dev’essere quello di appoggiare, fomentare, partecipare alle lotte popolari contro il programma comune di lacrime e sangue promosso da PD e Lega. Significa, tra le altre cose, prendere di petto la questione del “voto utile” e rompere la strumentalizzazione dell’antifascismo e dei valori della Resistenza usati dal PD e dai suoi satelliti per giustificare il sostegno al candidato del PD, Eugenio Giani.

Pertanto, abbiamo invitato tutti i candidati esponenti di quelle liste che si collocano al di fuori delle Larghe Intese: Irene Galletti del M5S, Tommaso Fattori di Toscana a Sinistra, Salvatore Catello del Partito Comunista (PC), Marco Barzanti del Partito Comunista Italiano (PCI). Hanno accolto il nostro invito e partecipato alla discussione la candidata del M5S e il candidato del PC, erano inoltre presenti Francesca Conti di Potere al Popolo (PaP) e capolista alle regionali di Toscana a Sinistra, Antonella Serafini esponente del Coordinamento No asse di Viareggio e candidata come indipendente nella lista a sostegno di Tommaso Fattori, Carla Breschi medico in pensione, consigliere comunale di Pistoia e candidata nella lista Libera Toscana, Lenny Bottai capolista alle regionali del PC.

Volevamo evitare che questo dibattito diventasse la passerella di frasi fatte su programmi di buon senso e per questo motivo abbiamo impostato la discussione mettendo al centro il contenuto di quello che i candidati possono e devono fare per sostenere le organizzazioni operai e popolari invitando anche lavoratori e comitati del territorio.

Gli intervenuti (operai SANAC, operai Hitachi – Rail di Pistoia, lavoratori della sanità del territorio, esponenti dei comitati ambientalisti) hanno sottoposto ai candidati non solo i loro problemi ma anche le misure che possono già essere prese e alcune proposte concrete di attività a cui li hanno invitati a partecipare ribadendo il concetto per cui la mobilitazione e la lotta dev’essere il contenuto della campagna elettorale.

Tanti sono stati gli interventi, di seguito ne trattiamo alcuni.

Riccardo Ricciardi, parlamentare del territorio del M5S, nel suo intervento ha detto due cose:

  1. ha lamentato il basso livello della mobilitazione delle masse popolari che a suo dire non sarebbe sufficiente (sufficientemente forte, combattiva, unita, ecc.) per sostenere l’azione di governo che il M5S porta avanti dentro le istituzioni. Quello che Ricciardi non vede è la resistenza che spontaneamente le masse popolari mettono in campo in conseguenza degli effetti più catastrofici della crisi (che si esprime nella mobilitazione e organizzazione ma non solo). Le masse spontaneamente sono portate ad aumentare il loro attivismo e la loro mobilitazione, anche se essa si esprime in forme confuse e contraddittorie. Questo è un processo oggettivo, che sconvolge complessivamente la vita delle masse popolari e le spinge a mobilitarsi sempre di più perché non possono più vivere come hanno fatto finora. L’ultimo esempio di questo è la mobilitazione che la classe operaia ha messo in campo nel mese di marzo per far fronte alle misure insufficienti del governo Conte bis a fronte della pandemia da COVID-19, la mobilitazione delle Brigate di Solidarietà a sostegno delle famiglie abbandonate a loro stesse e quella delle P.IVA e dei commercianti. È una resistenza che si esprime su un livello ancora spontaneo, non è sufficientemente organizzata e coagulata intorno a un obiettivo preciso ma è una resistenza che esiste! Compito dei comunisti è elevarla, organizzarla e indirizzarla verso la costruzione di un progetto di governo a livello nazionale, un governo che si dia i mezzi per attuare le misure di emergenza che servono. I mezzi non sono i voti ma la costruzione di rapporti di forza adeguati a imporre le misure di emergenza che servono al paese, rapporti di forza che si costruiscono con la mobilitazione e organizzazione delle masse popolari. Questo è il compito di noi comunisti, non del M5S, ed è nei limiti e nella debolezza del movimento comunista che va cercata la causa della debolezza e disgregazione del movimento popolare. Detto questo, il M5S è nato e si è affermato grazie alla spinta propulsiva che gli veniva dal basso, dai meet-up, dalle centinaia di migliaia di attivisti che hanno rappresentato l’ossatura portante del loro progetto politico. Ebbene, questa rete diffusa era, e in una certa misura ancora è, un esempio di come la resistenza spontanea può essere organizzata. Il M5S è espressione (sul terreno elettorale) di questa resistenza. Quello che Ricciardi e gli eletti in Parlamento devono fare è sostenerla, alimentarla, cioè mettersi a mobilitare loro stessi la loro base elettorale (organizzata e non) ma devono farlo non solo, o non principalmente, come ha sostenuto Ricciardi nel suo intervento e cioè nell’ottica di condizionare l’azione delle istituzioni ossia per sostenere l’attività parlamentare del M5S ma per cominciare a imporre quelle misure che servono, misure che in molti casi i lavoratori, i comitati, associazioni hanno già individuato come è emerso dal dibattito.

  2. Ricciardi nel suo intervento ha detto che sta lavorando alla legge sui beni estimati per la questione Nella commissione che se ne occupa (commissione attività produttive) ha spiegato che per avere la maggioranza bisogna essere in 21 ma loro del M5S sono in 14, dove li prendono gli altri 7 voti? La conclusione è che senza i voti necessari, per quanto impegno ci mettano, la legge non passerà e che bisogna sviluppare una mobilitazione al di fuori delle istituzioni per sostenere la loro iniziativa e provare a condizionare i meccanismi interni alla democrazia borghese. Questo esempio conferma i limiti generali dell’esperienza del M5S e cioè di cosa vuol dire non darsi i mezzi della propria politica. L’attività del M5S al governo mostra bene che non sono i voti, che non bastano i voti neanche quando se ne raccolgono in numero sufficiente da arrivare al governo del paese a fare la differenza. La stessa lezione viene anche da altre esperienze: come quella del governo Tsipras in Grecia nel 2015, ma se andiamo indietro nel tempo la stessa lezione la ricaviamo anche dall’azione del PCI nel nostro paese. Queste tre esperienze, certo differenti tra loro, dimostrano che per fare gli interessi delle masse popolari la questione non è raccogliere voti, la questione è che per cambiare le cose in Toscana, come nel resto del paese, bisogna coagulare e fare leva su quelli che hanno interesse a cambiare le cose contro quelli che non hanno interesse a cambiarle: perché se le cose sono al punto di sfacelo a cui sono, non è per caso o per sbaglio.  Significa (per gli eletti in parlamento, gli amministratori locali, ecc.) non farsi legare le mani e i piedi dalle leggi e dalle regole vigenti perché oggi rispettare queste regole significa rispettare i dettami dei padroni, degli speculatori, degli affaristi, queste regole vanno eluse, vanno eliminate. Questo devono fare gli eletti e i candidati per essere coerenti con le loro promesse e se lo faranno le masse popolari li sosterranno. È il non aver perseverato su questa strada il motivo della parabola discendente della sinistra borghese che dal 2006 al 2008 ha governato con Prodi e che nella nostra Regione è da sempre legata mani e piedi al PD, ed è nello stesso motivo la ragione della parabola altrettanto discendente del M5S. Ma il M5S può ancora rimontare la china se romperà nettamente con il PD e manterrà la rottura con la Lega, così come la sinistra borghese incarnata da partiti quali PRC, SEL, ecc. può recuperare quella fiducia che ha perso partecipando ai governi di centro-sinistra (tanto a livello nazionale che a livello locale) se si assocerà al M5S in un fronte anti Larghe Intese. Esempi che vanno in questa direzione, in verità, ce ne sono già seppure disgregati, saltuari e spontanei: pensiamo al fatto che Galletti e Fattori nella loro attività di consiglieri regionali hanno lavorato insieme a molte questioni; in Lombardia il Consigliere regionale Fumagalli sta lavorando assieme a USB e PaP a una vertenza che vede coinvolto un lavoratore dell’ospedale di Merate.

In conclusione: il futuro delle masse popolari non si scrive nelle istituzioni borghesi ma nelle aziende pubbliche e private, nelle scuole, nei quartieri. A chi pensa che sia possibile rimediare ai mali del presente senza instaurare il socialismo, che sono candidati o sostenitori di liste con buoni propositi (come il M5S, Toscana a Sinistra, PaP) diciamo di darsi da fare già oggi per avere i mezzi per attuarli e cioè operando per costruire la rete del nuovo potere; la rete delle organizzazioni operaie e popolari.

A chi, invece, è convinto della necessità del socialismo, come hanno ben detto Salvatore Catello e Lenny Bottai del PC, nei loro interventi, diciamo che è giusto il discorso di valorizzare la falce e martello, riportarla sulla scheda elettorale perché rappresenta un legame ideale e sentimentale col movimento comunista che è sano ma manca un pezzo che è decisivo: bisogna ricavare insegnamenti dall’esperienza del primo movimento comunista e del vecchio PCI che è arrivato fino a un certo punto. Bisogna partire dal bilancio del primo movimento comunista per ragionare su qual’è la via per instaurare il socialismo e nell’ambito di questo ragionamento va collocata la partecipazione alle competizioni elettorali.

Partiamo dal presupposto che la partecipazione alle elezioni e alle istituzioni della democrazia borghese e le rivendicazioni sindacali e politiche di migliori condizioni di vita e di lavoro hanno avuto un ruolo importante nella nascita e nello sviluppo del movimento comunista di massa. Ma oggi la riduzione della lotta di classe a queste due attività ha dato luogo a due deviazioni cioè l’elettoralismo: questo è il principale ostacolo che ha impedito ai partiti comunisti di adempiere al loro compito storico.

Pensiamo all’esperienza del primo PCI, anche se raggiunse livelli importanti di autorevolezza e radicamento tra la classe operaia e le masse popolari alla fine:

– si è concentrato sul migliorare le condizioni di vita degli operai, dei proletari e delle masse popolari anziché condurli anzitutto ad assumere il potere, ad assumere la direzione sulla propria vita e sulla società intera;

– ha cercato di ampliare la partecipazione degli operai, dei proletari e delle masse popolari agli istituti della democrazia borghese (partiti, elezioni, assemblee rappresentative), di conquistare seguito, consensi, egemonia culturale e d’opinione, voti e quindi forza nelle istituzioni della democrazia borghese, come mezzo per condizionare l’azione del governo e dell’apparato statale in senso favorevole alle masse anziché mettere al centro la conquista del potere da parte della classe operaia e delle masse popolari organizzate: instaurare la dittatura del proletariato e attraverso questa la democrazia proletaria.

Adesso si tratta di portare a compimento quell’opera e usare anche le elezioni a questo fine. Concretamente vuol dire che i candidati che appartengono a formazioni comuniste devono concepire la campagna elettorale come una scuola pratica per alimentare la costruzione di nuovi rapporti di forza, cioè alimentare l’organizzazione delle masse popolari affinché siano in grado, siano capaci, abbiano la forza e la fiducia per costituire Amministrazioni Locali d’Emergenza, amministrazioni che rompano con l’asservimento al governo centrale e con il ruolo di esattori e aguzzini a cui sono relegate e inizino ad agire su spinta di una rete diffusa di organizzazioni operaie e popolari che indicano loro, caso per caso, i provvedimenti da prendere e che si mobilitano per la loro attuazione. Questo movimento va esteso a livello nazionale fino a imporre un Governo di Emergenza Popolare che attui le misure necessarie.

Federazione Toscana del Partito dei CARC



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