La crisi sanitaria dettata dalla pandemia da Covid-19 ha investito ogni aspetto della società: è anche una crisi economica, sociale e del sistema politico della classe dominante, la borghesia imperialista. In questo quadro, nessun ambito o settore è esente dalla lotta di classe e non può esserlo stante la strutturazione della società che il capitalismo stesso comporta, ovvero una forte interdipendenza tra Istituzioni e relazioni attraversata dallo scontro tra interessi di classe, quelli della borghesia da un lato e delle masse popolari dall’altro, contrapposti e non conciliabili.
In questi mesi la ribellione ha covato ovunque e in varie occasioni è esplosa apertamente, come nel caso delle carceri e degli istituti penitenziari. “Nelle carceri italiane il governo Conte con il Decreto Legge del 23 febbraio ha vietato ai detenuti i colloqui con i familiari (divieto che ha esteso al 3 maggio con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 aprile). Il pretesto era di evitare che il contagio da Covid-19 dall’esterno si trasferisse all’interno. Ma il contatto tra interno ed esterno non avviene solo tramite i familiari: ci sono agenti della Polizia Penitenziaria, personale ausiliario, medici, insegnanti, avvocati, magistrati, carabinieri, ecc.
Le autorità non hanno combinato il divieto dei colloqui con misure adeguate a impedire il contagio tramite altre vie. Per loro il divieto era solo una delle meno onerose delle tante misure parziali e contraddittorie, espressione del bisogno delle autorità borghesi di sfruttare l’emergenza per imporre uno Stato di polizia in cui la priorità è garantire gli interessi della classe dominante. In un primo momento la popolazione carceraria ha accettato la misura, ma con i primi contagi è emersa in maniera chiara la contraddizione e tra i detenuti è montata la rivolta che domenica 8 marzo si è estesa in tutta Italia.” (dal Comunicato CC 14/2020 del (n) PCI).
La risposta, sacrosanta e legittima, è stata quindi una diffusa mobilitazione dei detenuti a tutela dei propri diritti e della propria salute che si è tradotta in iniziative di protesta e di lotta, rivolte e “battiture” in almeno 30 carceri: le misure “emergenziali” del governo non sono state altro che la “goccia che ha fatto traboccare il vaso” della situazione in cui versa il sistema carcerario, fatto di sovraffollamenti, sporcizia, inadeguatezza delle strutture sanitarie (se ti ammali, passano giorni per una cura), abusi fisici e psicologici, divieti e privazioni. A questo, si affiancano le battaglie dei familiari all’esterno e per la verità e giustizia per le 14 morti accertate a seguito delle irruzioni delle Forze dell’Ordine.
Mercoledì 12 agosto alle ore 10:30, nell’ambito della Festa nazionale della Riscossa Popolare (Parco di Ricortola, Marina di Massa), organizziamo un tavolo tematico intitolato “La situazione nelle carceri italiane e la mobilitazione per i diritti dei detenuti” con la presenza di William Frediani, promotore dell’appello per il mantenimento definitivo e garantito dei colloqui audio-visivi negli istituti penitenziari (Firma via mail a carc@riseup.net oppure su change.org), Sandra Berardi dell’associazione Yairaiha onlus da sempre attiva nella mobilitazione per i diritti dei detenuti, con Rosalba Romano di Vigilanza Democratica e con il contributo telefonico di Pietro Ioia (garante dei detenuti della città di Napoli) e un membro dell’Associazione Libertade dalla Sardegna.
Vi invitiamo a partecipare per ragionare insieme sulle forme e sul contenuto del sostegno alle lotte dei detenuti e delle famiglie dei detenuti, poiché le condizioni della popolazione carceraria attengono direttamente alla questione politica di questa fase e sono la dimostrazione del degrado materiale e morale a cui la classe dominante costringe le masse popolari. Chiediamo ad associazioni e organismi interessati di confermare la presenza via mail (carc@riseup.net).