La pandemia ha sconvolto il mondo e il nostro paese. Non c’è nessuna certezza che l’emergenza sanitaria sia finita eppure governo e istituzioni non hanno ancora definito protocolli e procedure chiare ed efficaci, non hanno adeguato il sistema sanitario, né hanno risolto i gravi effetti in campo economico e sociale. Nel pieno della tempesta, il paese naviga a vista.
Per non perdere la bussola, per non diventarne massa di manovra per questa o quella parte della classe dominante, per avanzare nella lotta di classe, bisogna valorizzare al massimo ciò che questa esperienza collettiva ha insegnato a milioni di persone contemporaneamente e bisogna darsi mezzi per rafforzare la parte organizzata delle masse popolari, a partire dalla classe operaia, affinché essa diventi per loro punto di riferimento e centro autorevole di mobilitazione.
La fiducia nella classe dominante è crollata.
Durante il picco della pandemia milioni di persone sono state abbandonate a loro stesse dal governo e dalle istituzioni: confinate per le misure del distanziamento sociale, senza possibilità di essere visitate da un medico nonostante i sintomi, senza possibilità di cure, senza forniture di generi di prima necessità, in balia dei “numeri verdi” regionali da cui ricevevano sempre la stessa risposta (“quando non ce la fa più a respirare chiami l’ambulanza”). L’incalcolabile impatto in termini sociali e psicologici, oltre che economici, sanitari e di vite umane, causato dalla classe dominante e dalle sue istituzioni, è stato mitigato solo dall’opera dei medici, degli infermieri, degli OSS e dei soccorritori mandati al macello negli ospedali trasformati consapevolmente (vedi Alzano Lombardo, ma sono molti altri, insieme alle RSA) in focolai di contagio. Sono stati i volontari per l’emergenza – di cui le Brigate sono l’espressione più compiuta (ma la mobilitazione di solidarietà è stata vasta e capillare: di quartiere, di strada e di condominio senza necessariamente passare dalla strutturazione in organismi specifici) – , i corrieri della logistica e i drivers, ieri definiti “angeli” e oggi licenziati, manganellati e criminalizzati, a rendere sostenibile la situazione. In quelle settimane in cui i padroni negavano persino l’esistenza del virus e pretendevano il sangue pur di non fermare la produzione, gli operai delle grandi e medie aziende, abbandonati dai sindacati di regime, hanno riscoperto la loro forza e il loro ruolo nella società capitalista, hanno scioperato e fatto chiudere le aziende.
Quelle settimane di picco della pandemia sono state per le masse popolari “settimane che valgono anni” per la scuola pratica che ha cambiato il modo con cui esse guardavano il mondo: hanno toccato con mano e sperimentato sulla propria pelle che la classe dominante non è la soluzione, ma è il problema e hanno intuito da mille esempi concreti che solo la classe operaia e le masse popolari organizzate possono farvi fronte, che è da loro che viene la soluzione.
Questa consapevolezza diffusa costituisce il terreno che dobbiamo coltivare per passare dalla sfiducia verso il potere della borghesia imperialista (i suoi governi, le sue autorità e le sue istituzioni) alla mobilitazione cosciente per costruire il potere della classe operaia e delle masse popolari organizzate.
L’aspetto principale della lotta politica in corso.
L’emergenza Covid-19 ha messo il governo Conte con le spalle al muro perché ha definitivamente frantumato le velleità di conciliare gli interessi delle masse popolari con quelli della classe dominante che sono per loro natura contrapposti.
Fin dalla dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria nazionale (31 gennaio), l’azione schizofrenica del governo si è dimostrata del tutto inadeguata a soddisfare le necessità dei lavoratori e delle masse popolari (salute pubblica, prevenzione dei contagi, sostegno economico, tutele, ecc.) e ha consentito a Confindustria di passare all’attacco e di scendere sul terreno politico, prima dietro le quinte e poi via via in maniera più palese ed evidente. Si è quindi creata una situazione per cui, mentre il governo Conte si prodigava in proclami rassicuranti e contraddittori senza darsi i mezzi per adottare le misure necessarie (senza rompere con le istituzioni della UE e con i mille vincoli che lo legano a Confindustria), padroni e comitati di affari agivano, a mani completamente libere e con la complicità delle giunte regionali, a maggioranza Lega e Forza Italia, per curare unicamente i propri interessi. Alcuni esempi:
– la mancata istituzione delle zone rosse in Lombardia imposta da Confindustria e di cui oggi se ne rimpallano la responsabilità il governo Conte e la Giunta Fontana;
– le speculazioni sulle mascherine (vedi inchiesta contro Irene Pivetti e lo scandalo nel Lazio), sulla fornitura di farmaci (vedi inchiesta che coinvolge il gruppo San Donato) e dei presidi ospedalieri (vedi l’assegnazione della fornitura dei camici all’azienda della moglie e del cognato di Fontana);
– le manovre sporche per aggirare il lockdown cambiando i codici ATECO delle aziende che, in combinazione con la disposizione governativa di dare ai prefetti la possibilità di derogare alle chiusure secondo la regola del silenzio assenso, hanno consentito a migliaia di aziende di continuare a produrre nonostante avrebbero dovuto rimanere chiuse;
– le convenzioni stipulate fra le regioni e la sanità privata che, con la scusa di fare fronte all’emergenza, si sono trasformate in affari milionari a ulteriore scapito del servizio sanitario pubblico;
– i ricatti al governo – che ha ceduto su tutta la linea – mossi dalle dirigenze (spesso multinazionali) delle aziende già avviate verso la “morte lenta” per spolpare ancora più l’osso prima di tagliare la corda (vedi ILVA, FCA, ex Lucchini di Piombino, IVECO di Brescia, ecc.).
In questo contesto rientrano i tentativi di approfittare della situazione per proseguire nello smantellamento della scuola pubblica e della sanità pubblica, nello smantellamento dei servizi (in particolare i trasporti: dalle ferrovie al trasporto pubblico locale, passando per Autostrade) e nella svendita a fini speculativi dell’apparato produttivo.
Prendere in mano il presente.
Data la situazione, oggi è tutto in subbuglio. Sono già in corso, e nelle prossime settimane si moltiplicheranno, le mobilitazioni suscitate dall’insofferenza verso il governo, i partiti di governo e di opposizione, le autorità e le istituzioni borghesi. Si moltiplicheranno e si estenderanno le lotte rivendicative, alimentate da organizzazioni sindacali e movimenti di lotta, e le iniziative di autorganizzazione (solidarietà, mutualismo).
I comunisti, gli operai e i lavoratori avanzati, gli elementi avanzati delle masse popolari devono valorizzare ognuna di queste mobilitazioni per far ingoiare alla classe dominante il Governo di Blocco Popolare. A questo fine bisogna riempire di un contenuto nuovo le cose che già si facevano prima e bisogna imparare a fare cose nuove. Cosa significa? Significa che, oltre all’obiettivo immediato e circoscritto di ogni mobilitazione, dobbiamo portare ogni organismo operaio e popolare ad agire come una nuova autorità pubblica, ovvero:
1. curare l’organismo che promuove e dirige la mobilitazione affinché diventi capace di agire con continuità, iniziativa e autonomia indipendentemente dall’esito della singola battaglia, in modo che stringa relazioni con altri organismi che promuovono lotte simili (sullo stesso tema) e con organismi della stessa zona che promuovono lotte di diverso tipo, con l’obiettivo di costituire o rafforzare una rete territoriale via via più ampia (operai, lavoratori, Partite IVA, studenti, ecc.);
2. combinare le attività “tradizionali” (manifestazioni, presidi, ecc.) con altre che siano adeguate a fare della singola rivendicazione una questione politica: irruzioni nel consiglio comunale o regionale, scioperi al contrario con pretesa del pagamento del lavoro svolto (sotto forma di buoni spesa, esenzioni dai servizi comunali, ecc.);
3. favorire il coordinamento di tutti gli organismi esistenti sul territorio per elaborare misure concrete per fare fronte ai problemi che l’incuria delle autorità e delle istituzioni borghesi ha aggravato, mobilitarsi e chiamare alla mobilitazione il resto della popolazione per attuarle direttamente con gli strumenti e i mezzi che si hanno a disposizione.
Quanto più le proteste e le rivendicazioni aumenteranno – cosa che accadrà inevitabilmente – e le organizzazioni operaie e popolari agiranno come le autorità pubbliche del territorio a cui le masse popolari si rivolgono, in cui ripongono fiducia e a cui “rispondono”, tanto più aumenterà la capacità della classe operaia e delle masse popolari organizzate di fare a meno dei padroni e delle loro istituzioni e aumenterà la fiducia in loro stesse. Fare di questa capacità e di questa fiducia la spinta per costruire la nuova governabilità dal basso del paese è il compito dei comunisti.
Misure di emergenza
In questo contesto è compito di ogni gruppo organizzato di comunisti, di ogni comunista e di ogni sindacato di base, collettivo e associazione mobilitare la classe operaia e le masse popolari per far attuare (dalle istituzioni nazionali e locali) e attuare direttamente, laddove ci sono le condizioni, le seguenti misure:
– ristrutturare il Servizio Sanitario Nazionale pubblico e dargli la struttura e le dimensioni che l’esperienza ha dimostrato essere necessarie (medicina territoriale, assistenza domiciliare, terapia intensive, ecc.);
– produrre in quantità sufficiente apparecchiature, dispositivi di protezione individuale, materiali e strumenti per diagnosi e per operazioni di sanificazione;
– mobilitare senza limiti finanziari tutte le risorse disponibili (laboratori, centri di ricerca, aziende farmaceutiche, centri universitari) per la ricerca di medicinali e vaccini e la loro produzione, collaborando senza riserve con tutte le analoghe e affidabili strutture di altri paesi;
– produrre tutti i beni e servizi necessari e disporre la loro distribuzione in quantità sufficiente per tutta la popolazione e avviare relazioni con i paesi che accettano di avere con l’Italia relazioni di scambio, collaborazione o solidarietà;
– destinare ad abitazione e attrezzare di conseguenza edifici già esistenti, ma inutilizzati, per la popolazione colpita dalla crisi economica;
– riaprire le scuole, le università come anche tutte le altre strutture necessarie alla vita sociale per la popolazione non costretta all’isolamento (ristrutturando gli edifici esistenti e costruendone di nuovi, adeguando e bonificando i locali);
– assegnare un lavoro dignitoso a ogni adulto in grado di svolgerlo;
– riattivare le aziende dei produttori autonomi in modo che ogni lavoratore abbia un ruolo sociale e possa condurre una vita dignitosa;
– regolare la vita e l’attività delle aziende capitaliste in conformità a questo programma espropriando (senza indennizzo) i proprietari che non si prestano a eseguirlo, bloccare il pagamento degli interessi sul debito pubblico e il rinnovo dei titoli che vengono a scadenza, regolare il sistema bancario e finanziario in coerenza con l’attuazione di questo programma;
– chiudere subito con la partecipazione di truppe italiane alle “imprese umanitarie” della NATO, liberare le basi e i territori italiani occupati dalla NATO e destinarli agli usi sopra indicati;
– regolare le relazioni dell’Italia con le istituzioni dell’UE e analoghe in conformità con questo programma, mettendo in circolazione tutto il denaro necessario alla sua attuazione;
– mobilitare Esercito, Forze dell’Ordine e amministrazione pubblica per l’attuazione di questo programma.
Sono queste le misure che gli operai e le masse popolari organizzate devono mettere in opera, costituendo le autorità necessarie allo scopo. Le autorità e i funzionari della Pubblica Amministrazione che non collaborano all’attuazione di questo programma vanno destituiti e isolati.
Solo le masse popolari organizzate con un loro governo d’emergenza possono far fronte alla crisi sanitaria, economica e sociale e fermare il degrado del paese, fare piazza pulita del Debito Pubblico, dell’Euro e della soggezione delle attività produttive e del resto delle loro attività al sistema finanziario e alla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti. Ma per arrivare a questo, devono organizzarsi, acquisire fiducia in se stesse tramite piccole ma diffuse attività pratiche fino a coordinarsi al punto da costituire il proprio governo d’emergenza.
Una pioggia di miliardi
Nei mesi scorsi l’UE ha messo a punto diversi strumenti finanziari per creare denaro e a inondare l’economia di una quantità enorme di liquidità, pari a circa 2.390 miliardi di euro, sulla quale tanti sciacalli si stanno fiondando alimentando una guerra per bande senza esclusione di colpi.
MES sanitario: si tratta di una “riedizione” del valore di 240 miliardi di euro del fondo salva Stati del 2011. Stando a quanto riferito dalla propaganda di regime, per far fronte alla pandemia l’Unione Europea avrebbe eliminato le condizioni previste dai trattati originari, limitandosi a stabilire che questo prestito vada utilizzato esclusivamente per finanziare le spese sanitarie. Tuttavia nessuna modifica ai trattati del 2011 è mai stata fatta e di conseguenza resta quanto stabilito nel 2011 e ulteriormente rafforzato nel 2019, al netto degli attacchi speculativi che il ricorso al fondo inevitabilmente scatenerebbe.
SURE: è un fondo di natura temporanea che servirà ad erogare prestiti a tasso agevolato fino a 100 miliardi di euro per sostenere la cassa integrazione dei paesi che dovessero farne richiesta. In questo caso il prestito è sottoposto a precise e rigide condizioni, che oltretutto potranno essere ulteriormente aggravate dalla Commissione Europea. La quota spettante all’Italia dovrebbe essere di circa 20 miliardi.
Prestiti BEI: Il terzo strumento consiste nel rafforzamento delle linee di credito per le imprese garantite dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI) tramite la costituzione di un fondo di garanzia per 25 miliardi di euro. I crediti mobilitati attraverso questo fondo sono quantificati in circa 200 miliardi di euro.
Recovery Fund: si tratta di un piano di sostegno agli investimenti da 700 miliardi: 500 di sovvenzioni da finanziare tramite l’emissione di titoli di debito pubblico comuni a tutta l’area euro e 250 miliardi di prestiti da erogare ai vari paesi.
Alcune cifre della crisi
L’Inps ha aggiornato i dati su domande e pagamenti al 28 aprile e il risultato è che i beneficiari complessivi della cig e dell’assegno ordinario sono oltre 7,8 milioni ma solo 4,99 milioni hanno ricevuto il primo assegno grazie a un anticipo versato dall’azienda, che poi avrà il conguaglio Inps. La cassa in deroga gestita dalle Regioni sconta ritardi ancora peggiori: finora le domande inviate all’istituto dagli enti locali per l’autorizzazione al pagamento sono 122.747 e solo 29.350 beneficiari sono stati pagati. Dati ISTAT 30 aprile 2020
In aprile il numero degli occupati diminuisce di 274mila unità, una variazione mensile mai vista negli ultimi decenni. Su base annua il calo è di 497mila occupati.
In forte diminuzione, come già a marzo, i disoccupati (-484 mila) che vanno ad ingrossare le file degli inattivi che crescono in un mese di 746 mila unità e di 1,46 milioni in un anno.
Il tasso di occupazione scende al 57,9% (penultimo posto in Europa), quello di disoccupazione scende al 6,3% (tra i più bassi degli ultimi decenni), ma è una illusione ottica perché quello di inattività sale al 38,1%, ai livelli del 2011. Dati Il sole 24 ore, giugno 2020
Nel 2019 il debito pubblico era al 134,8% del PIL, le previsioni indicano che salirà al 155,7% nel 2020. In termini assoluti questo significa che il debito pubblico quest’anno arriverà attorno ai 2.600 miliardi di euro (in aumento di 190 miliardi rispetto allo scorso anno). Sono i numeri del DEF di quest’anno, secondo cui inoltre il deficit dovrebbe attestarsi per quest’anno al 10,4% e il prossimo anno al 5,7% (nel 2019 era all’1,6%).